E pensare che odiavo il nuoto!

È una storia di forza e coraggio, quella di Nicolò Bensi, paraplegico dopo un incidente in moto nel 2004, che ha già realizzato alcuni sogni assai importanti. Innanzitutto diventare fisioterapista – percorso già avviato prima dell’incidente – e lo scorso anno arrivare addirittura a partecipare alle Paralimpiadi di Londra, in uno sport come il nuoto, che anni addietro «odiava letteralmente», come egli stesso racconta

Nicolò Bensi

Il nuotatore paralimpico emiliano Nicolò Bensi

Era alle Paralimpiadi di Londra dello scorso anno, dove ha colpito per la sua voglia di fare e il suo incredibile carisma. È una forza straordinaria, quella che ha fatto ripartire l’emiliano Nicolò Bensi, anche dopo un brutto incidente in moto avvenuto nel 2004. Nonostante tutto, nonostante le conseguenze di quel “destino ingordo”, lui ha mantenuto i suoi desideri, realizzandoli uno ad uno. Fare il fisioterapista prima, raggiungere le Paralimpiadi dopo. Lo abbiamo incontrato.

Qual è il tuo talento?
«Il mio talento? Boooh! Testardaggine, forse, il non accontentarsi mai di se stesso per ricercare sempre il meglio. Ad esempio nel nuoto non sono uno con del talento, ma compenso con la fatica in vasca. Per quanto riguarda il mio lavoro, forse l’empatia; è più facile per un paziente parlare con un suo “pari”, in parte per come sono io, in parte per la carrozzina».

Quando le Paralimpiadi di Londra 2012 hanno incominciato ad essere il tuo obiettivo?
«Le Paralimpiadi in generale sono l’obiettivo di qualsiasi atleta, ne sono sicuro, sono diverse da qualsiasi altra manifestazione e si confrontano i migliori al mondo di ogni specialità. La prima balzana idea di partecipare alle Paralimpiadi (dico “balzana” perché, anche se può sembrare strano,  odiavo letteralmente il nuoto fino a qualche anno fa) mi è saltata in mente nel 2007. Poi, per varie vicissitudini, non sono riuscito a qualificarmi per Pechino e proprio da allora ho incominciato ad allenarmi ancor più duramente e a sacrificare molto, per conseguire quello che negli anni è prima diventato un sogno, poi una splendida realtà e infine qualcosa che mi porterò per sempre dentro».

Credi di poter dare di più di quello che hai dato lo scorso anno a Londra?
«Sì, ne sono assolutamente convinto, altrimenti non continuerei a impegnarmi così tanto! Se avessi esaurito le mie energie (soprattutto mentali), avrei appeso il “costume al chiodo”. In più continuo a divertirmi, quindi ancora per un po’ sarò a bordo vasca».

Fare il fisioterapista: come è nata questa scelta?
«La scelta è nata prima del mio incidente. Ero un ragazzino, giocavo a basket e durante una partita mi infortunai ad una spalla: tappa obbligata il fisioterapista. Con due manovre mi rimise in sesto e questa cosa (il sistemare la gente con le mani) mi ha talmente affascinato che mi ha fatto decidere per questa strada. Poi ho dato il test d’ingresso (ancora da bipede) e due giorni dopo ho avuto l’incidente in moto… Sono stati anche gli undici mesi di ospedale che mi hanno fatto capire che quella era la mia strada (e mi prendevano per matto)».

Dopo l’incidente, quanto tempo è passato prima che potessi tornare a studiare?
«Tutto il tempo del ricovero: incidente nel settembre del 2004 e prima lezione a inizio novembre del 2005. Non potevo studiare da ricoverato, in quanto c’era la frequenza obbligatoria e diciamo che ho fatto un “tirocinio (in)volontario particolare”…».

Quali difficoltà hai incontrato dopo la laurea nel trovare un lavoro che rispettasse le tue esigenze e la tua preparazione?
«Per quanto strano sembri da dire, zero difficoltà. Il più grosso limite è proprio quello mentale, il contesto si adatta alle varie esigenze. Proprio oggi leggevo di un chirurgo paraplegico tornato a operare [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.]».

Eri consapevole che questa scelta – quella di fare il fisioterapista – l’avevano fatta in pochi o quasi nessuno, con le tue stesse problematiche?
«Prima ero consapevole del fisioterapista, ma solo dal lato sportivo. Poi sono diventato consapevole di un mondo talmente vasto che nessuno immagina e mi piace! Lascia libertà di espressione delle varie attitudini personali».

In riferimento all’abbigliamento accessibile – tu che fai sport – cosa ne pensi? Sei a conoscenza di capi adattati alle disabilità fisiche o motorie?
«Abbigliamento accessibile non ne conosco e per quanto riguarda la mia disabilità non c’è nemmeno molto da fare, giusto qualche adattamento su alcuni capi. Per altre disabilità – tendenzialmente più gravi -, credo che ci sia molto da fare per svecchiare capi di abbigliamento che sembrano per anziani, nonostante siano ideati anche per i giovani».

Una domanda, infine, riguardante True Realities – Vere Realtà (di talento), il blog creato da chi ti sta parlando, con l’obiettivo di trattare il “talento” delle persone “con disabilità”, guardando a quest’ultima da una diversa prospettiva. Cosa ne pensi?
«A volte seguo il tuo blog, parli di aspetti di vita che sono conosciuti solo a chi li vive, è giusto fare luce su cose “normali” per far capire al mondo che non c’è nulla di strano in una protesi, in una carrozzina o in una stampella, perché “il sonno della ragione genera mostri”».

La presente intervista è già apparsa nel blog creato da Marta Pellizzi “True Realities – Vere Realtà (di talento)”, con il titolo “Ci sono sogni che non cambiano per nulla al mondo” e viene qui ripreso – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

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