Al momento, dal Comune di Milano, solo tagli orizzontali

Riduzione del 30% dei fondi per l’autogestione delle persone con disabilità e taglio del 50% delle risorse dedicate ai soggiorni di sollievo: questi i contenuti sostanziali di due recenti Delibere approvate dal Comune di Milano – senza confrontarsi con le associazioni di persone con disabilità – rispetto alle quali la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) assume una posizione di ferma critica

Uomo con disabilità davanti a una finestra con grataSono due, nei giorni scorsi, le Delibere emesse in sequenza dal Comune di Milano che colpiscono le persone con disabilità, con importanti tagli trasversali alle risorse. La prima di esse (n. 1002/13, su numero di proposta 1205) è stata approvata il 24 maggio e prevede un taglio del 30% del contributo economico per l’autogestione delle persone con disabilità. La seconda (n. 1004/13, su numero di proposta 1204), è stata approvata lo stesso giorno e riguarda i soggiorni di sollievo per le persone con disabilità, contenendo un taglio di oltre il 50% delle risorse dedicate, insieme a un aumento consistente della partecipazione al costo, da parte delle famiglie appartenenti alle fasce di reddito medie.

In sostanza, il primo provvedimento va a colpire l’assistenza domiciliare indiretta, che prevede l’erogazione di un contributo economico per l’autogestione dell’aiuto personale, mediante l’instaurazione di un rapporto di lavoro con un operatore di fiducia (come previsto dalla Legge 162/98). In tal senso, una riduzione del 30% del contributo comunale compromette in maniera importante il diritto all’autonomia e alla vita indipendente delle persone con disabilità. Inoltre, non è previsto alcun possibile correttivo legato al progetto di vita della singola persona con disabilità.
Si tratta certamente di una lesione del diritto di scelta sancito dalla Legge 18/09 con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, un testo, quest’ultimo, che all’articolo 19 ribadisce per le persone con disabilità «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione».
Di fronte a questo taglio, invece, le persone con disabilità che si sono costruite una vita (casa, lavoro ecc.) e le loro famiglie si vedranno costrette ad affrontare maggiori costi in un momento in cui sono già indebolite dalla crisi economica. L’effetto, pertanto, sarà quello di spingere la persone con disabilità a richiedere di fruire dell’assistenza domiciliare diretta, un’opzione che, paradossalmente, potrebbe rivelarsi controproducente per il Comune. Numerose ricerche – compiute dagli Anni Sessanta a oggi da parte dei Movimenti per la Vita Indipendente – hanno dimostrato infatti che l’assistenza domiciliare diretta costa molto di più al Comune che è chiamato a erogare “direttamente” questi interventi tramite cooperative accreditate. Si tratta, inoltre, di un servizio che è più rigido rispetto alla definizione di un contratto di lavoro con un assistente personale, “tarato” invece sulle necessità del singolo.
Ancora una volta, infine, il Comune ha preso una decisione senza confrontarsi su questi strumenti, nonostante nel documento allegato al Piano di Zona questa venisse indicata come una criticità da affrontare in maniera condivisa.

Anche la scelta di ridurre il limite di reddito familiare per accedere al contributo per i trasporti (da cinque a due volte il reddito minimo vitale annuo), seppur parametrato, è una chiara indicazione della volontà di escludere dal contributo quante più persone possibili, aumentando così la forbice di discriminazione tra lavoratori normodotati e persone che invece non possono fare a meno di un servizio di trasporto ad hoc, in quanto ancora oggi la rete dei servizi pubblici milanesi non può garantire un utilizzo costante e puntuale.
E nemmeno della residenzialità si può dire che essa resti indenne: infatti, i contributi per i buoni sociali per progetti residenziali che consentivano di avviare percorsi in strutture sperimentali vedono una diminuzione del 30%.
La vita delle persone con disabilità ne esce quindi ancora una volta mortificata e le spinge verso l’ingresso in strutture residenziali, sradicandole dal proprio contesto sociale e con un maggior costo per l’Amministrazione, alimentando, tra l’altro, una lista di attesa già critica da anni.

Di tenore diverso – ma non meno grave – lo scenario delineato a seguito dell’approvazione della seconda Delibera, riguardante i soggiorni di sollievo per le persone con disabilità, che prevede – come detto – un taglio di oltre il 50% delle risorse dedicate, oltre a un aumento consistente della partecipazione al costo da parte delle famiglie appartenenti alle fasce di reddito medie.
Qui bisogna anche aggiungere il fatto che a oggi – 4 giugno 2013 – non è ancora stato individuato il soggetto che dovrà gestire l’organizzazione dei soggiorni: reperire offerte, organizzare uno sportello per le persone con disabilità ecc. Una situazione nebulosa, quindi, che a distanza di meno di un mese dall’inizio dei soggiorni di sollievo lascia perplessi: siamo di fronte a un ritardo che mette a serio rischio l’organizzazione di queste iniziative.
E in ogni caso anche qui la possibilità di scegliere delle persone viene lesa ancora una volta e quindi è presumibile che molti cittadini milanesi con disabilità si troveranno costretti a rinunciare a un periodo di vacanza, con un incremento dei costi assistenziali che ricadranno sulle persone e sulle famiglie.

Come per la precedente questione, la LEDHA di Milano (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) si dichiara quanto meno «dispiaciuta di non avere avuto l’occasione di ragionare insieme al Comune prima della delibera di questi atti». E auspica ancora una volta «che in futuro vi possano essere la volontà e lo spazio di avviare un percorso di confronto». (Ufficio Stampa LEDHA)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

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