E alla cassa del discount scatta il pregiudizio

«La mia compagna una badante – scrive Franco Bomprezzi – ed io, ovviamente, il “badato”, un povero “handicappato” in balia di una persona ritenuta un po’ impacciata e sicuramente dell’Est, da trattare senza riguardi, ignorandomi prima, durante e dopo, tranne che per il Bancomat». Quando alla cassa di un supermercato scatta il corto circuito del pregiudizio e della stigma

Particolare di cassa di un supermercatoHo impiegato qualche minuto a decodificare la situazione che avevo appena vissuto, alla cassa di un supermercato, assieme alla mia compagna che stava vuotando il carrello della spesa. Neppure io, infatti, sono riuscito subito a cogliere il meccanismo del pregiudizio che era infallibilmente scattato, in questo caso con alcuni aspetti particolarmente insidiosi. Ma andiamo con ordine. Provo a raccontare i fatti.

Con la mia compagna abbiamo appena terminato di fare la spesa in un discount (ottima scelta, carrello pieno con 70 euro in tutto). La cassa aperta, verso le 12.30, è una sola. Pochi clienti in coda, solo noi con il carrello quasi pieno, che richiederà un po’ di tempo per essere vuotato, passando i prodotti al controllo della gentile cassiera.
La mia compagna cerca di fare rapidamente, io non la posso aiutare, sono dall’altra parte della cassa, con il Bancomat pronto. Una signora, dietro di lei, con poche cose in braccio, si spazientisce, la guarda e la apostrofa così: «Ma non potrebbe sbrigarsi? È lenta…». La cassiera tace, poi parla con la mia compagna, e le dà del tu: «Lascia pure il fardello dell’acqua nel carrello, lo conteggio da qui»… Io guardo di traverso la signora che si è lamentata. La mia compagna pure, accenna a una risposta polemica, poi tira dritto e conclude l’operazione, durata per altro in tutto cinque minuti, forse meno.

Non è successo niente. Ma improvvisamente ho capito. Fra me e la mia compagna c’è un’evidente differenza di età, e il suo fisico, prestante, potrebbe tranquillamente far pensare a una giovane donna del Nord Europa, magari perfino dei Paesi dell’Est. Insomma, una badante. Io, ovviamente, il “badato”. E allora tutto torna.
Non credo proprio che l’impaziente signora avrebbe fatto questa osservazione, del tutto inopportuna e fuori posto, se accanto alla mia compagna ci fosse stato un marito atletico e in piedi, magari più o meno coetaneo. E la cassiera non penso che avrebbe dato del tu a una signora, giovane certo, ma non una ragazzina, non avendola mai vista prima.
È scattato insomma il corto circuito del pregiudizio e dello stigma. Per i presenti io ero un povero “handicappato” in balia di una badante secondo loro un po’ impacciata e sicuramente dell’Est, e dunque tutti si sentivano autorizzati a trattarla in questo modo, senza riguardi. Io sono stato del tutto ignorato prima, durante e dopo. Tranne per il Bancomat, che effettivamente è stato apprezzato al momento del pagamento.

Non credo di aver esagerato. Anzi. Penso invece che abbiamo ancora moltissima strada da percorrere, per evitare che scatti, nella mente delle persone “normali”, l’istinto dello stigma e del pregiudizio. Non è la prima volta, del resto, che osservo con curiosità quasi giornalistica gli sguardi rivolti a me e alla mia compagna.
Come concludeva Clark Gable in Via col vento: «Francamente me ne infischio». E domani è davvero un altro giorno.

Direttore responsabile di «Superando.it».

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