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Un occhio vigile su tutte le discriminazioni

Sagomine di persone unite e sagomina di persona in carrozzina staccata dagli altriA segnalarci il caso era stato Enrico Agosti, persona con disabilità, presidente del CoReMi (Comitato Regionale Mielolesi) e membro della Commissione Edilizia Integrata nel Comune di Montecchio Maggiore (Vicenza), esperto spesso interpellato per questioni di accessibilità, anche da altre Amministrazioni Municipali della Provincia berica e oltre.
Ci eravamo pertanto occupati, nel nostro articolo intitolato I disabili non li tratterò, di quella professionista – osteopata – che dovendo modificare la destinazione di un appartamento ad uso residenziale in uno studio ove esercitare la propria professione, non si era ritenuta obbligata a rendere accessibile lo stabile, avendo dichiarato appunto che «non avrebbe trattato persone disabili», ritenendo per altro lo studio stesso, « non aperto al pubblico, ma ai clienti da lei scelti».
Parole e motivazioni in pesante conflitto – a parere di Enrico Agosti e nostro – molto probabilmente con l’articolo 24 della Legge 104/92 (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche), secondo il quale «la modificazione di destinazione d’uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubblico dev’essere conforme alla normativa vigente in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche», ma certamente con la Legge 67/06, che tutela le persone con disabilità da ogni tipo di discriminazione.

E proprio in quest’ultima chiave è stato letto quel testo dall’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, che una volta appreso dalla propria quotidiana rassegna stampa della denuncia di «Superando.it», ha scritto al Comune di Montecchio Maggiore, per chiedere spiegazioni, in base a una serie di precisi riferimenti.
«La presenza di barriere architettoniche che impediscono l’accesso ad un edificio – si legge infatti nella lettera dell’UNAR al Comune veneto – costituisce, come in più occasioni affermato dalla giurisprudenza, una discriminazione indiretta vietata dall’articolo 2, comma 3 della Legge 67/06. Ancor più, la presunta volontà della professionista di escludere a priori le persone disabili palesa una discriminazione diretta vietata dalla Legge citata, all’articolo 2, comma 2. Inoltre, si ricorda che l’articolo 2 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata in Italia dalla Legge 18/09, dispone che costituisce discriminazione anche il “rifiuto di un accomodamento ragionevole” ovvero gli adattamenti necessari ed appropriati per grantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo». E infine: «Preso atto che dalla stessa Convenzione derivano per lo Stato, in tutte le sue articolazioni, l’obbligo di “adottare tutte le misure adeguate ad eliminare la discriminazione sulla base della disabilità da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa privata”, si ritiene opportuno chiedere a codesto Comune maggiori informazioni riguardo la notizia e quali eventuali iniziative l’ufficio preposto ha intrapreso per garantire la parità di trattamento tra le persone».

Ebbene – lodevolmente – la risposta del Comune di Montecchio Maggiore non ha tardato ad arrivare ed è una risposta decisamente positiva, in cui si parla di una serie di confronti avviati dall’Amministrazione Municipale, al termine dei quali la proprietà di quello stabile ha avviato i lavori di ristrutturazione che porteranno ad allestire una piattaforma elevatrice lungo la scalinata d’ingresso e ad adeguare i servizi igienici agli standard richiesti per la disabilità.
Una buona notizia, quindi, per una vicenda che dimostra chiaramente alcuni elementi fondamentali, come la necessità – da parte degli Enti Pubblici – di avvalersi, in questione del genere, della consulenza di organizzazioni di persone con disabilità, esperte della materia. Ma anche, su una altro versante, l’importanza di un organismo come l’UNAR nel mettere in luce ogni situazione di possibile discriminazione, esercitando azioni spesso risolutive. E anche che un’informazione rapida, completa e chiara può certamente aiutare. (S.B.)

L’UNAR, ovvero l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, è stato istituto con il Decreto Legislativo n. 215 del 9 luglio 2003, in attuazione della Direttiva Comunitaria n. 2000/43/CE del 29 giugno 2000, con la finalità di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull’origine etnica e sugli altri fattori riconosciuti a livello europeo.
Recentemente, poi, la Direttiva del Ministro con Delega per le Pari Opportunità, per l’azione amministrativa e la gestione del Dipartimento, in continuità con le precedenti indicazioni, ha confermato, come una delle priorità politiche, «la prevenzione, il contrasto e la rimozione di ogni forma di discriminazione» e, in tale contesto, il Dipartimento stesso, attraverso l’UNAR, «adotterà le opportune iniziative per rendere effettiva e sistematica l’applicazione del prinicipio di parità di trattamento e di non discriminazione».
Per informazioni e approfondimenti: unar@unar.it.

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