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Ottimo lavoro, Richard!

Richard Whitehead durante la sua impresa

Durante la sua impresa, Richard Whitehead è stato accompagnato per le strade da molte persone che correvano con lui

«Perché correre una maratona al giorno per quaranta giorni? Semplice: per dimostrare che ogni barriera può essere superata. Sono la prova che avere una disabilità non dovrebbe impedire di raggiungere gli obiettivi che si hanno nella vita. Credo si debba vivere la vita senza avere limiti. La mia vita è stata accettare chi sono e impegnarmi meglio che posso in ciò che voglio. Una volta fatto questo, si possono portare le barriere più lontano». Richard Whitehead, britannico, campione paralimpico di atletica, detto “Marathon Man”, perché quella è la corsa che adora, ha recentemente compiuto un’impresa che ha dell’incredibile: quaranta maratone in quaranta giorni. Lui, senza gambe.
Lo ha fatto per sensibilizzare sui sarcomi e raccogliere fondi per la ricerca, attraversando l’intera Gran Bretagna, dal punto più estremo a nord (John O’Groats) al punto più estremo a sud (Land’s End), coprendo in tutto 1.572 chilometri e percorrendo ogni giorno la distanza di una maratona. Tutto questo sulle due protesi alle gambe, che gli mancano per una malformazione congenita da sopra il ginocchio.

Whitehead è uno dei più grandi sportivi paralimpici del mondo: oro a Londra alle Paralimpiadi del 2012 e primatista mondiale della sua categoria nei 100, 200 e 400 metri, oltre ad avere il record nella mezza maratona e nella maratona. Nel suo percorso ha incontrato migliaia di persone che lo hanno accompagnato per strada e ha raccolto ben più di 100.000 sterline attraverso le donazioni della gente. Si è guadagnato la foto centrale della prima pagina del «Times» e il sito che raccontava la sua impresa è stato fra i più visitati del Regno Unito.
«La mia ispirazione – dice – è stato Terry Fox», ovvero colui che fu un grandissimo atleta canadese, ispirazione non solo per Whitehead, ma per le corse contro il cancro in tutto il mondo. Amputato a una gamba a causa di un tumore, Fox volle attraversare il Canada correndo sulle stampelle proprio per sensibilizzare sull’aiuto alla ricerca. Non completò mai la sua sfida: morì a 22 anni. «L’idea mi è partita da lì. Ci ho pensato e mi sono preparato per cinque anni».
Sono stati giorni difficili per questo superatleta di 37 anni, con uno sforzo non solo fisico, ma anche mentale, fra dolori alle anche e ai fianchi, vesciche, recuperi non facili: «la più grande sfida che si potesse pensare».

Ma il messaggio è arrivato. Forte e chiaro. Su Facebook lo ha riassunto Juliette, mamma di un bimbo amputato a una gamba, Rio Woolf, del quale abbiamo già scritto anche su queste pagine: «Richard, la tua foto all’arrivo è un’icona, sei una leggenda. Rio, il nostro bimbo di 5 anni che vuole essere un atleta paralimpico, guarda anche a te quando si ispira. Ottimo lavoro!».

Testo già apparso (con il titolo “L’impresa: 40 maratone in 40 giorni. Senza gambe, contro i sarcomi”) in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al contesto, per gentile concessione.

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