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A proposito di quell’Ordinanza sul sostegno

Classe scolasticaQuale genitore promotore del ricorso che ha portato all’Ordinanza prodotta il 6 settembre scorso dal Tribunale Civile di Vigevano (Pavia), provvedimento citato nell’articolo di Salvatore Nocera, pubblicato da «Superando.it», con il titolo di Anche le scuole paritarie devono garantire il sostegno, vorrei approfondire alcuni aspetti con l’Autore dello stesso, al quale innanzitutto confermo che la stesura dei PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.] è stata redatta in totale sinergia con tutte le parti interessate, aspetto, questo, che ha permesso di produrre un Piano coerente con le effettive esigenze della bimba coinvolta.
Aggiungo inoltre che nello svolgimento dei GLH Operativi, si è ritenuto corretto – al fine del rispetto della Legge 296/06 (articolo 1, comma 605, lettera b, ove si parla di «effettive esigenze rilevate» dell’alunno con disabilità) – attuare la presa in carico del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione , fissato dal Decreto Legislativo 297/94, il quale identifica l’insegnante di sostegno come «di supporto alla classe». Ciò però mi porta a non comprendere la sua affermazione, quando scrive che «con motivazioni come quelle necessariamente espresse dal Tribunale di Vigevano, si contribuisce ad affossare la cultura dell’inclusione scolastica che dev’essere prioritariamente realizzata dai docenti curricolari, “sostenuti” (ma non sostituiti) dai docenti specializzati». Nell’ottica del Decreto Legislativo appena citato, infatti, appare coerente anche la discriminazione attuata tramite la riduzione delle ore di sostegno, come sostenuto dal Giudice, in quanto è ormai conclamata la cultura che reputa obsoleti solo gli investimenti a supporto dei soggetti con disabilità.

Vorrei poi rispondere alle sue perplessità «sull’opportunità di utilizzare la Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni) per ottenere più ore di sostegno, rispetto all’ormai consolidata giurisprudenza dei ricorsi ai TAR (Tribunali Amministrativi Regionali)», facendo presente che – come dichiarato a suo tempo anche dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), su queste stesse pagine, le spese necessarie a intraprendere un ricorso tramite il TAR ammontano a 4.000 euro, mentre tramite il Tribunale Civile è bastato un investimento di poche centinaia di euro al fine di vedere riconosciuti i diritti della bimba. Immagino, dunque, che di fronte a simili discrepanze economiche, non sia difficile cogliere le sostanziali differenze.

Confermo ancora che tale Ordinanza, oltre ad essere la prima ad esprimersi a carico di un Istituto Paritario, è anche la prima intrapresa nella Provincia di Pavia la quale, malgrado sia stata oggetto di approfondite e documentate segnalazioni in materia di omissione dei principali parametri di integrazione scolastica, come denunciato anche su queste pagine da chi scrive, non ha mai avuto l’attenzione da parte di qualsivoglia ente associativo che si occupa di tutela dei diritti dei disabili.

Concludo confessando di essere stanco delle teorie riferite al consueto «prestigioso convegno internazionale», citato dal dottor Nocera [“La Qualità dell’integrazione scolastica e sociale”, Rimini, 8-10 novembre 2013, N.d.R.], in quanto all’atto pratico e per l’ennesima volta è accaduto che a dei cittadini sia stato negato il fondamentale principio della Costituzione inerente l’uguaglianza di fronte alla legge.

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