Sclerosi multipla: sarà un vaccino a tenerla lontana?

Il quesito è lecito, alla luce di un promettente studio – finanziato anche dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), tramite la propria Fondazione FISM – che ha confermato come nelle forme di CIS (sindrome clinicamente isolata), dove compare un sintomo isolato di sclerosi multipla, un vaccino usato contro la tubercolosi potrebbe aiutare a non sviluppare la malattia. Ora, comunque, tali ricerche dovranno essere ulteriormente sviluppate

Particolare delle mani di un ricercatore al lavoroUn vaccino utilizzato contro la tubercolosi in diverse parti del mondo potrebbe aiutare a tenere lontana la sclerosi multipla nelle persone che presentano segni di malattia: lo conferma uno studio coordinato da Giovanni Ristori dell’Università La Sapienza di Roma, pubblicato online da «Neurology», la rivista medica dell’American Academy of Neurology.

Il lavoro ha incluso esattamente settantatré persone con un primo episodio indicativo di sclerosi multipla (sensazione di intorpidimento; problemi di vista o di equilibrio; analisi di risonanza magnetica che mostra i primi segni della malattia). Circa la metà delle persone in questa situazione – chiamata CIS (sindrome clinicamente isolata) – sviluppa in due anni la sclerosi multipla clinicamente definita, mentre il 10% delle persone non presenta più problemi ad essa collegati.
Trentatré partecipanti allo studio, quindi, hanno ricevuto un’iniezione di bacillo di Calmette-Guérin, vale a dire il vaccino utilizzato per prevenire la tubercolosi nei Paesi dove tale malattia è endemica (in Italia la vaccinazione antitubercolare è obbligatoria solo per alcune categorie di persone che sono o possono venire in contatto con il bacillo della tubercolosi). Le restanti quaranta persone, invece, hanno ricevuto un placebo [sostanza innocua, non farmacologica, N.d.R.]. Tutte, poi, sono state sottoposte a scansioni cerebrali con risonanza magnetica una volta al mese per sei mesi, ricevendo in seguito un trattamento con interferone beta-1a intramuscolo per un anno e, dopo ancora, il farmaco per la sclerosi multipla raccomandato dal loro neurologo. Lo sviluppo della malattia clinicamente definita è stato valutato per cinque anni dopo l’inizio dello studio.

Ebbene, dopo i primi sei mesi, le persone che avevano ricevuto il vaccino presentavano un minor numero di lesioni infiammatorie alla risonanza magnetica cerebrale, rispetto a quelle trattate con placebo, con tre lesioni per i vaccinati e sette per i non vaccinati.
Alla fine dello studio, poi, il 58% dei vaccinati non aveva sviluppato la sclerosi multipla, rispetto al 30% di coloro che avevano ricevuto il placebo.
Da aggiungere anche che non si sono verificati effetti collaterali importanti durante lo studio, né ci sono state differenze negli effetti collaterali tra coloro che hanno ricevuto il vaccino e coloro che non l’hanno ricevuto.
«Questi risultati sono promettenti – sottolinea Giovanni Ristori -, ma si deve fare molta più ricerca per conoscere meglio gli effetti a lungo termine di questo vaccino vivo. In tal senso, i medici non dovrebbero ancora iniziare a utilizzarlo per trattare la sclerosi multipla o la sindrome clinicamente isolata».
Dal canto suo, Dennis Bourdette dell’Università Oregon Health & Science di Portland (USA), membro dell’American Academy of Neurology, che ha curato un editoriale di accompagnamento alla pubblicazione dello studio, i risultati supportano la cosiddetta «ipotesi igienica», ovvero che una migliore igiene e l’uso di disinfettanti e antibiotici possano spiegare l’aumento di incidenza della sclerosi multipla e di altre malattie del sistema immunitario nel Nordamerica e in gran parte dell’Europa, rispetto all’Africa, al Sudamerica e ad alcune zone dell’Asia. In altre parole, l’esposizione ai microbi nei primi anni di vita potrebbe ridurre il rischio di queste malattie, in un certo senso “istruendo” il sistema immunitario.

Da ricordare, in conclusione, che lo studio è stato finanziato dal Ministero della Salute, dal Centro Neurologico Terapie Sperimentali (CENTERS) e Ospedale Sant’Andrea di Roma, dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e dalla sua Fondazione FISM, dall’Università La Sapienza di Roma, dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi di Milano e dall’Università Federico II di Napoli. (B.E.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa AISM (Barbara Erba, barbaraerba@gmail.com.

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