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Lo sforzo dev’essere collettivo

Sagomine nere che si tengono per manoIn un recente servizio pubblicato dall’Agenzia «Redattore Sociale», il noto giornalista Gianluca Nicoletti, autore del libro Una notte ho sognato che parlavi. Così ho imparato a fare il padre di mio figlio autistico (Mondadori, 2013), in cui ha raccontato la sua esperienza di padre di un figlio autistico e del quale anche la nostra testata si è già più volte occupata, si è soffermato su una recente disavventura vissuta con il servizio di trasporto del Comune di Roma, vivendola come la “scintilla” che ha fatto scattare in lui la voglia di agire su più fronti.
«Dopo quanto è successo con la storia del servizio di trasporto – ha dichiarato tra l’altro Nicoletti – ho deciso di rompere gli indugi: oggi stesso inizio a scrivere un secondo libro su Tommy e sull’autismo, non intimista come in fondo lo è stato il primo, ma di battaglia; un testo in cui, punto per punto, voglio raccontare come stanno le cose. È un anno che chiedo al Comune di Roma uno spazio dove far nascere un progetto per le persone autistiche: ho collezionato tante promesse, ma nessun passo avanti concreto. E allora ho deciso di iniziare dal mio campo ideale, il web, lanciando una community sull’autismo con partner scientifici, in modo che il problema possa essere affrontato seriamente anche in Italia. Basta con la frammentazione delle associazioni e delle contro-associazioni, basta con le pseudo-verità scientifiche: voglio un portale che dia informazioni puntuali alle famiglie, che spieghi a che punto è la ricerca, che dica come si possono trovare i servizi e dove si può avere ascolto. Così non può più andare.
[…] La realtà dell’autismo va affrontata in maniera scientifica ed ecco perché ho intenzione di dare vita alla community e al portale».
Su tali dichiarazioni, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo le riflessioni di Sandro Paramatti, vicepresidente della neonata Associazione Tutti Nessuno Escluso, propostasi come Coordinamento Nazionale per l’Inclusione Sociale dei Disabili Psichici.

Ci sono spunti su cui concordo, ma anche altri su cui dissento, nelle parole pronunciate da Gianluca Nicoletti. Per motivi personali, infatti, posso ben comprendere e condividere il quadro che il giornalista delinea sulle carenze e sulle problematiche che rendono il settore pubblico e le amministrazioni locali assenti nell’offrire il dovuto supporto a tutte le categorie fragili, ivi comprese le persone con ogni tipo di disabilità, ivi comprese quelle con disabilità comportamentale, relazionale e della comunicazione.
La medesima cura e attenzione prestata dal giornalista per analizzare questo aspetto non viene però poi usata, a mio avviso, per giudicare ciò che esiste dall’altra parte della barricata, e cioè la realtà associazionistica delle categorie fragili, e in particolare quella delle persone con disabilità.
Nicoletti scrive: «Basta con la frammentazione delle associazioni e delle contro-associazioni, basta con le pseudo-verità scientifiche», e poi afferma che la soluzione possa essere in una ulteriore iniziativa, completamente distaccata e incomunicante con tutte quelle precedenti. «Voglio un portale – dice – che dia informazioni puntuali alle famiglie, che spieghi a che punto è la ricerca, che dica come si possono trovare i servizi e dove si può avere ascolto. […] La realtà dell’autismo va affrontata in maniera scientifica ed ecco perché ho intenzione di dare vita alla community e al portale».
Qui esprimo più di qualche dubbio sulla correttezza della valutazione che il tutto finora esistente sia privo di valore e che qualcuno da solo abbia in testa la soluzione di tutto (un “uomo della provvidenza”!).
Chiaramente Nicoletti prende atto del problema quando ne è toccato, ed è quel che è successo quasi a tutti noi (le persone, invece, che ne prendono atto autonomamente, non per esserne toccati, sono quelle che meritano di comporre il nostro “pantheon”!). Poi, però, non si rende conto che ogni successivo atto può essere solo collettivo, mai individuale. Se cioè il problema è collettivo, lo sforzo per affrontarlo lo dev’essere il più possibile (c’è sempre il problema della partecipazione) e anche la soluzione dev’essere necessariamente collettiva e avere una validità collettiva. Nulla ritengo possa essere giocato sul piano individuale.
E in ogni caso ogni opinione è degna di rispetto, per cui in bocca al lupo!

Vicepresidente dell’Associazione Tutti Nessuno Escluso.

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