Malattie Rare: tenere sempre accesi i riflettori

Spente da poco le luci della ribalta della Giornata Internazionale delle Malattie Rare 2014, è il momento di provare ad approfondire e di capire, al di là delle storie raccontate in TV, dei convegni e degli eventi scientifici, quale sia la reale entità del problema, cosa sia stato fatto davvero e cosa resti da fare. Ne parliamo con Renza Barbon Galluppi, presidente di UNIAMO-FIMR, la Federazione Italiana Malattie Rare

Renza Barbon Galluppi

Renza Barbon Galluppi, presidente di UNIAMO-FIMR (Federazione Italiana Malattie Rare)

Le Malattie Rare stanno diventando “famose”! Vuoi perché sette anni fa è stata inventata la Giornata Internazionale, che con un’ottima trovata pubblicitaria è stata fatta coincidere con il giorno più raro, il 29 febbraio (salvo essere anticipata al 28 negli anni non bisestili), vuoi per le maratone televisive di raccolta fondi o per i casi di cronaca, primo fra tutti quello di Stamina, fatto sta che ormai se ne fa un gran parlare.§
Sono patologie, queste, che se prese singolarmente colpiscono poche persone, ma che essendo almeno già seimila, messe insieme arrivano a coinvolgere una cifra che varia tra il milione e i 2 milioni e mezzo (in Italia la statistica è veramente un’opinione) di pazienti, in gran parte bambini, perché si tratta di malattie congenite che si manifestano alla nascita o nei primi anni di vita.

Spente da poco le luci della ribalta della Giornata Internazionale 2014 del 28 febbraio scorso, è il momento di provare ad approfondire. Di capire, al di là delle storie commoventi raccontate in TV, dei convegni e degli eventi scientifici, quale sia la reale entità del problema. Cosa è stato fatto, davvero. E cosa resta da fare.
Partiamo con una chiacchierata con la presidente di UNIAMO, la Federazione delle Associazioni di Malattie Rare, che rappresenta in Italia l’organizzazione Eurordis, ente coordinatore della Giornata Internazionale e delle principali iniziative politico-assistenziali a livello continentale.
Renza Barbon Galluppi è una donna appassionata, con una storia familiare emblematica – la scopriremo più avanti – e una grande idea fissa: «Il paziente deve essere protagonista». A sentirla l’impressione è che stia conseguendo il suo obiettivo. Che lei, in qualità di rappresentante delle Associazioni, sia davvero riuscita a mettersi al centro della discussione. Nella prima parte di questa nostra intervista, infatti, è tutto un parlare di tavoli di concertazione, di alleanze, di obiettivi concordati. «Con il lavoro della rete europea stiamo riuscendo a far passare in Italia un nuovo concetto di welfare. Non più assistenzialismo, ma centralità dei pazienti».
Racconta del Progetto Europlan, partito nel 2009 e rifinanziato fino al 2016, di «come è stato fatto calare sulle realtà nazionali, delle azioni a cui si sta lavorando, che riguardano i piani e le strategie, i censimenti, le competenze e le buone pratiche, il ruolo delle associazioni, l’informazione e la comunicazione».

Progetti europei, piani nazionali, azioni e strategie: sembra di sentire il Ministro della Salute. «Ma i problemi – proviamo a incalzarla – possibile sia tutto risolto?». Scavando un po’, vengono fuori le cose che non vanno. «Non esiste una mappa dei centri di riferimento per le diagnosi e per le cure, col risultato che la qualità dell’assistenza varia tantissimo, tra Regione e Regione». Poi subito assicura: «Presto il problema sarà risolto. Stiamo infatti lavorando a un modello con l’AGENAS [Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, N.d.R.], che dovrebbe essere pronto tra un mese».
Altre pecche? «Non esiste un coordinamento tra i Registri Epidemiologici delle Regioni e quelli delle Associazioni dei pazienti». L’effetto, quindi, è che se si vuole sperimentare un farmaco, è complicato trovare pazienti arruolabili.
Poi viene fuori il vero problema, quello legato all’elenco delle Malattie Rare riconosciute, introdotto in Italia dal Decreto Ministeriale 279 del 2001. «Quella legge stabilì il diritto all’accessibilità alle cure per un elenco di Malattie Rare. Da allora chi rientrava nella lista aveva diritto alle prestazioni sanitarie gratuite, anche le più costose ». All’epoca le patologie conosciute che rientravano in quell’elenco erano 2.700. E lo stesso Decreto stabiliva che il numero dovesse essere aggiornato ogni tre anni, per includere anche le malattie che nel frattempo venivano identificate grazie al lavoro degli scienziati. Peccato che da allora – sono passati tredici anni -, non sia stato fatto nessun aggiornamento, nonostante il numero delle Patologie Rare conosciute, come accennavamo, sia arrivato ad oltre seimila.
«Non è neanche un problema di carenza di fondi – assicura Barbon Galluppi – perché quelli sono stati stanziati». Si parla infatti di 40 milioni messi da poco a disposizione dal Governo e di un altro bel gruzzoletto rimediato grazie a una tassazione del 5 per cento sulle spese promozionali delle aziende farmaceutiche. «I soldi ci sono, solo che rischiano di essere utilizzati per sanare qualche debito o per altre spese urgenti delle Regioni. Non sarebbe la prima volta che accade una cosa del genere. Per questo è importante il nostro presidio».
«Scusi – viene spontaneo obiettarle – ma se il quadro è questo, se c’è una legge che da tredici anni non viene applicata, se ci sono pure i fondi che però rischiano di venire usati per qualcos’altro, ma che aspettate a scendere in piazza? Altro che centralità del paziente, questi vi stanno prendendo in giro!».

E qui il tono dell’intervista cambia radicalmente. La “politicante” lascia spazio alla mamma. Che per spiegare il suo modo di vedere le cose, racconta la storia della figlia Laura. «Prima che nascesse, ventotto anni fa, fu fatto uno screening genetico che diede risultato negativo. Appena nata, però, mi accorsi subito che c’era qualcosa che non andava. Lo capii da quando vidi che non riusciva a gattonare. E presto si manifestarono i sintomi, tra cui vomito molto frequente e ritardo mentale». Poi la solita via crucis, che ben conoscono tanti genitori di “bambini rari”. «Diagnosi sbagliate, medici che ti dicono che sei ansiosa, pellegrinaggi infiniti da un ospedale all’altro».
La diagnosi corretta, ricorda, arrivò grazie a un sogno, quando Laura aveva 12 anni. «Sognai un medico che mi diceva di fare attenzione a quello che le davamo da mangiare, di controllare meglio l’alimentazione. Dalle successive analisi venne fuori che non tollerava la carne e che aveva un problema metabolico raro».
La malattia della figlia di Renza Barbon Galluppi ha un nome quasi impronunciabile, come capita a tante patologie rare: iperfenilalalinemia. «Dopo aver capito, finalmente, quale fosse il suo problema, abbiamo cambiato il tipo di riabilitazione e trovato un farmaco che la fa star meglio. Oggi ha una vita più che normale, nonostante il danno neurologico. Esce da sola, viaggia, ha i suoi amici, pratica lo sport. Nel 2008 ha persino vinto una medaglia d’oro in equitazione alle Paralimpiadi in Cina».

Avrebbe potuto far causa a chi sbagliò le analisi prenatali, Renza Barbon Galluppi. Chiedere indietro i soldi della riabilitazione a cui ha sottoposto la figlia per anni. «Non l’ho fatto perché mi sono detta che se questa cosa era capitata a me, c’era un motivo. Da allora ho pensato di mettere a disposizione delle altre famiglie la mia esperienza e mi sono imbarcata in questa avventura».
E via, allora, con le riunioni, i tavoli di concertazione, i piani strategici. Senza proteste plateali («non servono a niente»), ma con tanto lavoro. «Non è semplice mettere d’accordo tutti. Soprattutto nel caso di malattie ancora così poco conosciute. Ma ce la faremo, sono fiduciosa».

Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Malati rari, riaccendiamo i riflettori”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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