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Porre al centro l’assistenza territoriale in ogni Regione

Mani di un'assistente che stringono quelle di una persona con disabilità anziana«Riceviamo ogni giorno segnalazioni di persone che in molte realtà fanno fatica a trovare l’assistenza territoriale. A soffrire particolarmente sono l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) e l’assistenza a persone con sofferenza mentale».
Lo ha dichiarato a margine degli Stati Generali della Salute, svoltisi nei giorni scorsi a Roma, Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato e responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, sottolineando poi che «per un cittadino risiedere in una Regione piuttosto che in un’altra o nel territorio di una ASL anziché in quello di un’altra può comportare più o meno servizi e protezione».
In tal senso e guardando nello specifico all’Assistenza Domiciliare Integrata, Aceti ricorda «che se si risiede in Emilia Romagna la percentuale di anziani trattati in ADI è del 10,62%, in Piemonte è del 2%, e le differenze ci sono nei territori delle stesse Regioni. Ma non è tutto. Nemmeno la quantità di assistenza è la stessa e soprattutto si considera “presa in carico in ADI” anche quando la persona riceve ad esempio una sola visita al mese da parte di un professionista, solitamente infermiere (60% dei casi)».

«È evidente – prosegue l’esponente di Cittadinanzattiva – che se queste sono state le risposte per creare e irrobustire il secondo pilastro del Servizio Sanitario Nazionale, non possiamo proseguire su questa scia. Abbiamo bisogno piuttosto di porre l’assistenza territoriale al centro delle politiche di programmazione socio-sanitaria, a partire dal Patto per la Salute*. Sappiamo che l’intenzione è quella di mettere mano alla rete ospedaliera, ma questo va fatto in contemporanea a un quadro altrettanto chiaro e contestuale di potenziamento del territorio, al quale vanno destinate risorse certe. Lo sviluppo del Piano, infatti, deve creare una rete di servizi territoriali di prossimità (AFT-Assistenza Farmaceutica Territoriale; UCCP- Unità Complesse di Cure Primarie; Case della Salute; ADI-Assistenza Domiciliare Integrata; Farmacie di Servizi). E su questo le Regioni hanno già la possibilità e i fondi per farlo: sono negli Obiettivi di Piano del 2013; il Ministero, pertanto, può e deve incoraggiare le Regioni stesse a utilizzare quei fondi e a verificare che ne facciano buon uso».

«Si tratta – conclude Aceti – di una strada lunga, ma ineludibile e ognuno deve fare la sua parte: Patto per la Salute, nuova convenzione dei Medici di Famiglia e riorganizzazione della rete ospedaliera devono certamente essere chiusi con una certa rapidità, ma in questo processo decisionale non si può pensare di escludere la partecipazione di organizzazioni di cittadini e pazienti». (S.B.)

*Il Patto per la Salute è un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: cnamc@cittadinanzattiva.it.

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