Il diritto alla bellezza

«Affermare che l’arte pittorica – scrive Gennaro Iorio, replicando ad alcune riflessioni di Giulio Nardone, proposte nei giorni scorsi dal nostro giornale – non sia fruibile dai ciechi nella sua totalità, significa affermare qualcosa di non vero». E aggiunge: «Io sono solo un amante dell’arte che ringrazia chi mi rende accessibile alcune delle più belle espressioni di essa»

Museo Anteros di Bologna: visione tattile di un'opera d'arte

Visione tattile di un’opera d’arte al Museo Anteros di Bologna

Ciò che mi ha mosso a scrivere queste righe è stato il disagio e lo sconforto nel leggere l’articolo pubblicato da questo giornale, a firma di Giulio Nardone, presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), intitolato “Vedere con le dita”? Qualche volta (ma non sempre) si può.
In particolare, quello che mi ha turbato è stato il linguaggio a mio parere derisorio nei confronti di chi lavora nel campo dell’accessibilità artistica e di chi come me, da cieco, fruisce della bellezza di alcune – purtroppo pochissime – traduzioni tattili pittoriche.
L’iniziativa dell’UNIVOC di Reggio Emilia citata da Nardone [l’Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi di Reggio Emilia si è appellata a chi sa costruire modellini, perché ne realizzi alcuni dei principali monumenti della Provincia, consentendo così di farli conoscere anche a chi non vede, N.d.R.] è certamente lodevole, ma porla in parallelo alla traduzione tattile in bassorilievo di opere pittoriche è un’operazione scientificamente priva di un suo fondamento. L’arte pittorica, la scultura, l’architettura hanno infatti linguaggi specifici e ognuna di esse presenta problematiche proprie, quando vogliono essere rese accessibili.

Da mesi frequento il Museo di Arte Antica e Moderna Anteros di Bologna, inserito all’interno dell’Istituto per Ciechi Francesco Cavazza e ho quindi la fortuna di esplorarvi tattilmente i capolavori, circa cinquanta, che in quella struttura – che, mi piace ricordarlo, è ad accesso gratuito per tutti – vengono messi a disposizione. Sono opere come L’Ultima Cena di Leonardo, La Venere di Botticelli, il Lamento sul Cristo morto di Mantegna e altre ancora, ciò che costituisce una risorsa immensa.
Si tratta di bassorilievi che non sono, ovviamente, in tre dimensioni, e in nessuna traduzione tattile vi è il tentativo – inutile – di riprodurre i colori delle opere. La lettura delle opere stesse è affiancata e guidata da personale formato e preparato e non vi è alcun processo di autosuggestione. In tal senso, i ciechi – e sono tanti – che hanno visitato Anteros non possono essere derisi dalle parole di Nardone. Infatti, con le dovute accortezze e con una preparazione adeguata, anche un cieco può fruire di alcune opere d’arte pittoriche, e dico alcune, in quanto non tutto è traducibile tattilmente, dal momento che per la loro complessità, altre opere non si prestano alla traduzione tattile e questo accade proprio perché non si vogliono creare delle “mostruosità”.
Se un cieco dalla nascita può crearsi l’immagine geometrica di un Duomo, egli può, attraverso un percorso diverso, crearsi l’immagine mentale di un volto, di un’espressione, di un corpo. Il cieco, infatti, non è diverso da qualsiasi altra persona, vale a dire che non tutti i vedenti, ad esempio, amano l’arte e visitano delle mostre pittoriche, così come non tutti i ciechi sono interessati all’arte estetica. Va tuttavia detto che affermare che essa, nella sua totalità, non sia fruibile e che siamo tutti «ingannati», quando troviamo una sua traduzione tattile, significa affermare qualcosa di non vero.
Io sono solo un amante dell’arte che ringrazia chi mi rende accessibile alcune delle più belle espressioni di essa.

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