Barriere naturali e barriere culturali

«Esistono le barriere architettoniche – sottolinea Nunzia Coppedè, presidente della FISH Calabria, raccontando come sia stata umiliata nell’esercitare il suo diritto di voto -, quelle naturali e soprattutto quelle culturali, che sono le peggiori». Ma è davvero troppo chiedere che ai seggi elettorali vi siano persone capaci di applicare le Leggi e di rispettare i diritti e la dignità di tutte le persone, disabili o meno che siano?

Dito puntato di uomo in primo piano«In attesa che sia data piena applicazione alle norme in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, che sono di ostacolo alla partecipazione al voto degli elettori non deambulanti, gli elettori stessi, quando la sede della sezione alla quale sono iscritti non è accessibile mediante sedia a ruote, possono esercitare il diritto di voto in altra sezione del comune, che sia allocata in sede già esente da barriere architettoniche»: parla chiaro, che più chiaro non si può, il primo articolo della Legge 15, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 1991. Eppure…
Eppure, ancora ventitré anni dopo, le cose non filano sempre lisce, per le persone con disabilità che intendano esercitare il proprio diritto di voto, come denuncia Nunzia Coppedè, presidente della FISH Calabria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), spiegando quanto le è accaduto il 25 maggio scorso.

«La mattina del 25 maggio – racconta – mi sono recata, come per gli altri appuntamenti elettorali, ad agire il mio diritto di voto, utilizzando le opportunità garantite dalla Legge 15/91. Infatti, il Seggio n. 25 di Lamezia Terme (Catanzaro), dove dovevo recarmi per votare, pur essendo a piano terra e quindi accessibile, si trova in una posizione raggiungibile attraverso una salita molto ripida, una vera e propria barriera naturale; in quella difficile posizione, per me e per qualsiasi altra persona disabile in carrozzina, è molto complicato scendere e salire dalla macchina a causa dell’inclinazione della strada».
«Prima della Legge citata – ricorda poi -, per votare mi accompagnavano con la macchina, venivano da me alcuni scrutatori del seggio per consegnarmi la scheda e in macchina esercitavo il mio diritto di voto; da quando invece è stata emanata la Legge 15/91, vado al Seggio n. 17, accessibile, della Scuola Media Manzoni, vicinissima alla mia abitazione di residenza e molto comoda perché mi permette di arrivare alla sezione elettorale senza mettere a rischio la mia incolumità».

Tutto a posto, quindi? Per niente, anche perché, come sottolinea la stessa Presidente della FISH Calabria, «non esistono solo le barriere architettoniche, ma anche quelle culturali che sono assai peggiori. Mi sono presentata infatti al Seggio n. 17, segnato dal simbolo della carrozzina, al mio turno sono entrata e ho consegnato la scheda, la carta d’identità e il certificato medico da cui si evince che sono una persona con disabilità e che uso la carrozzina. A quel punto, il Presidente mi ha fatto notare che avrei dovuto votare al Seggio n.25, “reso accessibile, in quanto a piano terra” e che comunque, se avessi avuto problemi a raggiungerlo, mi avrebbero “portato la cabina fino al punto in cui sarei riuscita ad arrivare: se necessario anche fuori dal seggio”. Ho quindi spiegato di nuovo che la salita ripida per raggiungere quel Seggio costituiva una barriera naturale, un ostacolo che mi avrebbe creato problemi e che intendevo avvalermi della Legge che mi permette di agire il mio diritto voto con dignità, come tutti gli altri elettori».
È iniziato allora il “balletto” delle telefonate, tra Presidente di Seggio, funzionari e dirigenti, per chiedere come comportarsi, «mentre tutti – ricorda tra tutto il resto Coppedè – mi passavano davanti. Infine, il Presidente ha azionato il vivavoce del suo telefonino, mettendomi in comunicazione con un signore che ha rifiutato di dirmi il suo nome, uno “sconosciuto” interlocutore telefonico il quale ha detto al Presidente stesso che avrei potuto votare lì, al Seggio n. 17, solo se lui se ne fosse assunta la responsabilità». Con buona pace, pertanto, di una Legge dello Stato approvata nel ’91, che “più chiara non si può”, come scrivevamo all’inizio.

Ma altrettanto chiare, in proiezione futura, sono anche le parole di Nunzia Coppedè: «Sono stanca di chi occupa ruoli di potere, discriminata perché sono una persona con disabilità, e denuncio formalmente di aver dovuto subire una feroce umiliazione. Chiedo quindi, a chi di competenza, di garantire per le prossime elezioni, personale adeguatamente formato, capace di applicare le Leggi di competenza e di rispettare i diritti e la dignità di “tutte” le persone, disabili o meno che esse siano». (Stefano Borgato)

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