L’assistenza sessuale e la “morale del leopardo”

La proposta di attivare anche in Italia – sull’onda di esperienze già presenti in alcuni Paesi europei – un servizio di assistenza sessuale rivolto alle persone con disabilità sta dando vita – com’era prevedibile – a un ampio dibattito. Ma è possibile trattare un tema del genere slegandolo dai giudizi morali? «Sicuramente sì – secondo Simona Lancioni -, basta avere consapevolezza della propria convinzione morale, e scegliere di metterla da parte»

Tamara de Lempicka, "Adamo ed Eva", 1932 (particolare)

Tamara de Lempicka, “Adamo ed Eva”, 1932 (particolare)

È possibile trattare il tema dell’assistenza sessuale rivolta alle persone con disabilità senza esprimere giudizi morali? Vorrei provarci con questo scritto. Ma prima di farlo, per chiarezza espositiva, illustro sinteticamente i fatti che mi hanno indotto a pormi questa domanda, e provo a chiarire cosa intendo quando parlo di giudizio morale.

Nello scorso mese di aprile è stato presentato in Senato un Disegno di Legge recante Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità, un testo che prevede l’istituzione nel nostro Paese della «figura dell’assistente per la sana sessualità e il benessere psico-fisico delle persone disabili o assistente sessuale». L’assistente sessuale, dunque, si configurerebbe come una figura professionale specificamente formata, legalmente riconosciuta, deputata ad erogare alcuni tipi di prestazioni sessuali alle persone con disabilità (tra le quali non rientra il rapporto completo), retribuita con soldi pubblici. Essendo remunerata, essa si inquadrerebbe nel comparto degli “scambi sesso-economici”, come quella della prostituta, pur distinguendosi da quest’ultima sotto il profilo formativo, e per alcune modalità operative. Riguardo agli scambi sesso-economici, è per altro importante ricordare che in Italia essi sono legali, ma non regolamentati, mentre sono illegali le attività organizzate come lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione.
La parte introduttiva del Disegno di Legge evidenzia le difficoltà incontrate da molte persone con disabilità nell’intrattenere relazioni interpersonali complete sotto il profilo psicoaffettivo, emotivo e sessuale, e individua le ragioni di tali difficoltà nelle limitazioni di autonomia ingenerate dalle diverse disabilità, e nei pregiudizi nei loro confronti ancora presenti nella nostra società.
Il testo intende affermare una sorta di “diritto alla sessualità” delle persone con disabilità e, a tal fine, assume come riferimento un passo della Sentenza 561/87 con il quale la Corte Costituzionale ha stabilito che «essendo la sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l’art. 2 Cost. impone di garantire».

Questi dunque i fatti. Quando invece parlo di “giudizio morale”, faccio riferimento alla morale intesa come riflessione intorno al bene e al male, a ciò che è giusto e a ciò che è ingiusto nel vivere pratico (si veda a tal proposito la voce contenuta nel Vocabolario Treccani).
Tutte le persone hanno un’idea di ciò che è bene e di ciò che è male, ed è facile che le scelte individuali e le azioni concrete siano condizionate da tale idea: non c’è niente di male in tutto questo. Io, ad esempio, potrei scegliere di non fare ricorso alla chirurgia estetica, nonostante sul mio viso (e non solo sul viso) siano visibili alcuni segni del tempo, perché penso che far finta di avere un’età diversa da quella reale sia ingiusto, sia un po’ come mentire. Tale scelta è chiaramente dettata da un giudizio morale, ma finché non avanzo la pretesa che anche le altre persone debbano fare la mia stessa scelta, non sto facendo niente di male. Ciò a cui bisogna prestare attenzione è, dunque, che i propri giudizi morali non diventino il pretesto per imporre la propria morale agli altri e alle altre su scelte che riguardano la disposizione individuale e non hanno conseguenze dannose per i terzi.
Tra le scelte individuali maggiormente colpite da giudizi morali negativi rientra sicuramente lo scambio sesso-economico; su questi giudizi si sono infranti tutti i tentativi di regolamentazione giuridica della materia. Il filosofo britannico John Stuart Mill (1806-1873) affermava ad esempio che «su sé stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano»: in fondo, per sgomberare il campo dai giudizi morali, basterebbe attenersi a questa semplice considerazione.
Se la scelta di vendere il proprio corpo è presa in condizioni di libertà – senza costrizioni esterne, e se non è motivata dall’impossibilità di provvedere al proprio sostentamento o a quello dei propri cari – non ci sono i presupposti per vietarla, né per non regolamentarla, un aspetto, quest’ultimo, sul quale, come abbiamo già chiarito, il nostro Paese è inadempiente.

Il Disegno di Legge sull’assistenza sessuale avrebbe potuto farsi carico di questa lacuna, ma non lo ha fatto. Infatti, esso prevede il riconoscimento e la regolamentazione dello scambio sesso-economico solo nella circostanza in cui l’utente sia una persona con disabilità e fruisca delle prestazioni dell’assistente sessuale, negli altri casi no.
Assistenza sessuale e prostituzione sono due attività diverse, ci tengono a sottolineare i promotori del Disegno di Legge. È vero. Anche leopardi e leoni sono animali diversi, ma entrambi appartengono alla famiglia dei felidi. Assistenza sessuale e prostituzione sono sì attività differenti, ma rientrano entrambe nella categoria degli scambi sesso-economici: chiedere che la specifica attività dell’assistenza sessuale venga riconosciuta, quando è la stessa categoria di appartenenza a non essere riconosciuta, è come pretendere che vengano riconosciuti i leopardi ma non i felidi.
Questa impostazione tradisce un approccio ai diritti di tipo utilitaristico, un approccio nel quale si sostengono le iniziative solo nel caso e nella misura in cui si abbia un interesse personale/diretto a farlo. I limiti di tale prospettiva sono evidenti non appena la riflessione si sposta sul piano politico: se le persone con disabilità sostengono solo le cause nelle quali hanno un interesse diretto, per quale motivo chi non è disabile, e vuole applicare lo stesso criterio utilitaristico, dovrebbe sostenere le loro cause?

C’è poi un altro aspetto particolarmente interessante. Se, stando alla già citata Sentenza 561/87 della Corte Costituzionale, la libertà di espressione sessuale si inquadra tra i diritti inviolabili della persona umana, e in quanto tale va garantita ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, per quale motivo il Disegno di Legge la rivendica solo per le persone con disabilità, e non anche per tutte le persone che – per qualsiasi motivo – hanno problemi ad esprimere la propria sessualità? È un po’ come se io, constatando che nel nostro Paese esistono tante persone che non hanno niente da mangiare, presentassi un’iniziativa che prevede di sfamare con i soldi pubblici i/le cittadini/e sardi/e particolarmente indigenti. Perché solo i sardi e le sarde? Semplice, perché io sono sarda!

L’impressione è che il Disegno di Legge non sia stato concepito partendo da un’ampia riflessione sulle libertà e sui diritti (quelli di chi sceglie di vendere il proprio corpo, e quelli di chi – per i motivi più diversi – vuole fruire di questo mercato). L’impressione è che esso sia stato costruito sulla base di un doppio giudizio morale: se una prostituta o un prostituto vende il proprio corpo a chiunque, sta facendo una brutta cosa e dunque non merita un riconoscimento e una regolamentazione giuridica. Ma se qualcuna o qualcuno vende il proprio corpo a una persona con disabilità, sta facendo una cosa buona e giusta; talmente buona e giusta che non solo merita di essere riconosciuta e disciplinata, ma, addirittura, il conto lo deve pagare lo Stato.
In un approccio moralmente neutro, le opzioni sono solamente due: o gli scambi sesso-economici sono degni d’interesse per l’ordinamento giuridico – e in tal caso vanno disciplinati sia la prostituzione che l’assistenza sessuale -, oppure non lo sono. Infatti che razionalità avrebbe riconoscere i “leopardi” e non i “leoni”, visto che entrambi appartengono alla stessa famiglia?

La mia impressione è corretta? Non so, sarebbe utile che anche altri e altre si esprimessero su questi aspetti. Forse le persone che hanno promosso questa iniziativa non avevano sufficiente consapevolezza dei propri giudizi morali su questa materia, e questo ha consentito che tali giudizi influissero sulla loro proposta. Il problema, infatti, non è avere un orientamento morale – ho già precisato che tutti e tutte ne abbiamo uno -, il problema è che quando si formulano proposte giuridiche in materia di libertà individuale, è necessario tenere ben presente la distinzione tra morale e diritto… Credo infatti che di tutto abbiamo bisogno, fuorché di uno “Stato etico”, ovvero di uno Stato in cui ciò che è bene e ciò che è male non è deciso dall’individuo, ma dallo Stato stesso.

Per approfondire:
Segnaliamo innanzitutto i testi pubblicati dal nostro stesso giornale, qui a fianco riportati (in particolare La sessualità e le parole che “danzano in punta di piedi” di Andrea Pancaldi; Assistente sessuale? Solo se si fa bene di Antonio Giuseppe Malafarina; Il diritto di non essere usati, neppure per una buona causa di Franco Bomprezzi; La sessualità e la “banalità del bene” di Simona Lancioni; e Amore e sessualità: “non c’è un modo”! di Claudia Cespites). Inoltre:

° Presentazione del Disegno di Legge sull’assistenza sessuale ai disabili (pagina ospitata nel blog di Maximiliano Ulivieri, 11 aprile 2014).
° Articolo di Brunella Casalini, Disabilità, immaginazione e cittadinanza sessuale, in «Etica e politica», n. 2, 2013.
° Sito sul tema dell’assistenza sessuale rivolta alle persone con disabilità (realizzato da Maximiliano Ulivieri).
° Sito Loveability.it in tema di sessualità e disabilità (realizzato da Maximiliano Ulivieri).
° Sesso, amore & disabilità: sito di presentazione del film documentario incentrato sul tema della vita sessuale e affettiva delle persone con disabilità. Il documentario è stato realizzato da Adriano Silanus, Priscilla Berardi, Raffaele Lelleri, Jonathan Mastellari e Valeria Alpi, ha una durata di 105 minuti, ed è stato divulgato nel mese di maggio del 2013. Il sito contiene molte informazioni sul progetto, e consente la visione del trailer del film.
° Pagina in tema di sessualità al femminile curata dal Gruppo donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
° Pagina in tema di affettività e disabilità curata dal Gruppo donne UILDM.
° Repertorio di risorse informative in tema di sessualità e disabilità (VRDVirtual Reference Desk), a cura di Andrea Pancaldi e Carlo Ciccaglioni, edito dall’AIAS di Bologna (Associazione Italiana Assistenza Spastici). Contiene la segnalazione di circa trecento risorse; ultimo aggiornamento 31 gennaio 2012.

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo