La “discriminazione in pregiudizio”

È un tema di grande attualità, oggetto di dibattito dentro e fuori il Parlamento, quello dell’“assistenza sessuale” alle persone con disabilità, sul quale si esprime oggi Giorgio Genta che senza mai lesinare la sua abituale ironia, insiste su un concetto quanto mai importante, ovvero che difendendo i diritti delle persone con disabilità si difendono i diritti di tutti. Anche in àmbito di diritto alla sessualità…

M.C. Escher, "Relatività"

Maurits Cornelis Escher, “Relatività”, litografia del 1953, appartenente alla serie “I mondi impossibili e le creazioni geometriche”

La responsabilità delle sciocchezze che scrivo potrebbe – talvolta e in piccola parte – essere attribuita anche ad altri. A Salvatore “Tillo” Nocera, ad esempio, mio buon maestro di diritto assieme a Carlo Giacobini, e a Simona Lancioni, acutissima osservatrice e commentatrice di ogni cosa riguardante l’universo femminile con disabilità, solo per fare qualche esempio di correità. Resta ben inteso che la loro responsabilità è strettamente confinata ai temi trattati e non alle mie scellerate conclusioni che ne derivano.
In particolare di Simona Lancioni ho seguito con grande interesse la discussione sulla proposta di legge relativa all’“assistenza sessuale” per persone con disabilità e la puntuale ed efficace disamina del significato dei termini ad essa correlati (se ne legga, su queste pagine, l’articolo L’assistenza sessuale e la “morale del leopardo”).
Su tale argomento vorrei introdurre una visione personale, correlata a un’interpretazione estensiva della Legge 67/06, Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni.

La Legge 67/06 è una norma benemerita e onnicomprensiva che non necessita di alcun artificio per salvaguardare il buon diritto delle persone con disabilità in ogni settore non già particolarmente tutelato. Ecco purtuttavia il piccolo artificio e lascio ai Lettori il giudizio se sia davvero fatto ad arte – cioè armoniosamente bene – o se rientri nelle sciocchezze che, ahimè, mi càpita di scrivere con crescente frequenza: la “discriminazione in pregiudizio”.
“Discriminazione in pregiudizio” credo significhi “discriminazione con danno” o qualcosa del genere. Ma perché? Esiste una discriminazione senza danno? Dipende dal punto di vista. L’immunità parlamentare, ad esempio, è senza danno per i corrotti che immeritatamente si fregiano del titolo di Onorevole, mentre il danno è certo per il resto del Paese che paga le malefatte loro…
Ma tornando alle persone con disabilità, l’assistenza sessuale a loro favore non genererebbe una “discriminazione in pregiudizio”? Non si configurerebbe cioè il pregiudizio nel far ritenere le persone con disabilità “fortunate” e quindi soggette a corrosiva invidia da parte delle persone senza disabilità che di tale assistenza sarebbero prive? E ben sappiamo tutti a cosa può portare l’invidia unita al pregiudizio e alla discriminazione: la Storia del Novecento ne è ricca di tragici esempi.
Pertanto, in forza della Legge 67/06, sarà opportuno rimuovere la causa del pregiudizio e dotare tutti cittadini e le cittadine italiane di adeguata assistenza sessuale, da configurarsi secondo le fedi e le morali di ognuno/a di essi.
E mi scuso, in conclusione, con Simona Lancioni, Tillo Nocera, Carlo Giacobini e John Stuart Mill…

P.S.: Ma chi era colui che “castigava i costumi ridendo”? Dannata memoria (la mia, bruciata, non quella dell’allegro castigatore)!

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