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Non profit: quante cose in più, senza dover pagare l’IVA!

Logo della campagna #NoProfitNoIva

Il logo della campagna #NoProfitNoIva, promossa dal «Corriere della Sera»

L’abolizione dell’IVA per il non profit sarebbe un provvedimento prezioso per tutto il Terzo Settore e dal momento che la solidarietà non dev’essere tassata, l’IID (Istituto Italiano della Donazione) condivide anch’esso e sostiene – come già sottolineato nei giorni scorsi dal suo presidente Edoardo Patriarca – la denuncia lanciata dal «Corriere della Sera», che ha criticato appunto l’eccessiva tassazione sulle donazioni.
In tal senso, se i Soci dell’IID non avessero dovuto pagare l’IVA, avrebbero potuto fare molto di più, a beneficio di tutti. La Legge Delega per la riforma del Terzo Settore, presentata all’inizio di agosto, contiene al suo interno l’impegno di rivedere le norme fiscali. L’auspicio, quindi, dell’IID è che si arrivi a una soluzione in tempi brevi.

Ma quanto impatta realmente l’IVA sui bilanci delle varie Associazioni? «Sul nostro Bilancio 2013 – dichiara Paolo Palmerini, direttore operativo del CIAI (per tutti i bambini del mondo) – una cifra tra gli 80.000 e i 100.000 euro dei contributi ricevuti è stata versata per l’IVA. Con questi soldi sarebbe stato possibile dare un sostegno a distanza a 300 bambini per un anno, incrementando così del 5-10% il numero di beneficiari dei nostri interventi. Per noi, e soprattutto per quei 300 bambini, sarebbe stata una bella differenza».
Sulla stessa lunghezza d’onda è Antonio Crinò, direttore generale dell’Ai.Bi. (Amici dei Bambini): «Pagare l’IVA – sottolinea – non trova nessuna rispondenza logica ed è totalmente ingiusto. Il valore annuo dell’imposta di Ai.Bi è di circa 1.200.000 euro, una cifra che consentirebbe di accogliere 95 minori stranieri non accompagnati presso la nostra casa di accoglienza in Sicilia per un anno».
Dal canto suo, Silvio Galvano, direttore esecutivo di Compassion Italia, spiega: «Sulle donazioni ricevute durante il 2013, abbiamo versato allo Stato circa 63.000 euro per il pagamento dell’IVA. Senza questa imposta avremmo potuto aprire un intero centro di sviluppo infantile in uno dei Paesi in cui operiamo e garantire a 210 bambini aiuto allo studio, cibo, cure mediche e supporto dei nostri operatori locali per un anno intero. Avremmo potuto fare molto di più per ognuno di questi 210 piccoli e per i loro familiari».
«Siamo da sempre convinti – aggiunge Michelangelo Carozzi, responsabile della Raccolta Fondi per la Fondazione Ivo de Carneri – che la semplificazione delle misure fiscali renderebbe ancora più efficace il nostro lavoro, a vantaggio di popolazioni emarginate nel mondo. È con molto piacere, quindi, che la abbiamo aderito alla campagna denominata #NoProfitNoIva, iniziata dal “Corriere della Sera” nei giorni scorsi, con la speranza che il Terzo Settore venga sempre più realmente percepito come un attore fondamentale per il progresso sociale e morale del nostro Paese».

Il problema, poi, sembra essere ancora più urgente per le realtà che si occupano di ricerca scientifica: «Basti pensare – afferma Sara Costa, presidente dell’AILN (Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma) – che l’acquisto di un sequenziatore di DNA per il nostro laboratorio di ricerca ci porta a pagare un’IVA di 44.000 euro, cifra con la quale riusciremmo ad assicurare il contratto di un anno a un oncologo clinico».
Rincara la dose Carla Garbagnati, presidente GILS (Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia): «Da oltre quattro anni – ricorda – ci battiamo contro l’innalzamento dell’IVA, un problema che ci sta davvero a cuore. Se non fossimo più costretti a pagarla potremmo investire di più in ricerca scientifica, in sostegno psicologico a malati e alle loro famiglie, nonché in attrezzature scientifiche per la diagnosi precoce da donare agli ospedali». (Ornella Ponzoni)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti:
comunicazione@istitutoitalianodonazione.it.

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