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Lavoro, formazione e povertà nell’Unione Europea

Realizzazione grafica con vari parallelepipedi e sopra altreattante persone. Quella con disabilità è più in basso di tuttiIn occasione della Giornata Internazionale ed Europea delle Persone con Disabilità del 3 dicembre scorso, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat) ha emanato un comunicato stampa sulla condizione di vita delle persone con disabilità nell’Europa a 28 Stati, relativamente al mondo del lavoro e della formazione permanente (dati 2011), al rischio di povertà e di esclusione sociale (dati 2013).

Nell’Unione Europea, dunque, circa 44 milioni di cittadini dai 15 ai 64 anni sono persone con una qualche forma di disabilità, che impedisce loro di partecipare in condizioni di pari opportunità con gli altri alla vita economica e sociale delle proprie comunità. Nel 2011 meno di una persona con disabilità su due tra i 15 e i 64 anni lavorava (47,3%) e nel 2013 quasi un terzo delle persone con disabilità dai 16 anni in su era a rischio di povertà e di esclusione sociale (29,9%). Ma soprattutto, in tutti i ventotto Paesi dell’Unione, la condizione delle persone con disabilità risultava meno favorevole di quella del resto della popolazione, rispetto a tutti e tre gli indicatori analizzati (li ricordiamo ancora: occupazione, formazione permanente, rischio di povertà e di esclusione sociale).
I dati esposti nel citato comunicato stampa permettono un confronto tra i diversi Paesi europei in termini di pari opportunità, ossia di differenziale tra la condizione delle persone con e senza disabilità rispetto agli indicatori considerati. Ma vediamo i contenuti nel dettaglio.

In riferimento ai dati su occupazione e formazione, la fonte è l’indagine sulle forze lavoro EU-LFS (The European Union Labour Force Survey) e in particolare l’analisi ad hoc condotta nel 2011 negli Stati membri sull’occupazione delle persone con disabilità dai 15 ai 64 anni che vivono in famiglia. In tale indagine, venivano considerate come persone con disabilità quelle che avevano dichiarato almeno una difficoltà nelle funzioni corporee (come difficoltà a vedere, sentire, camminare, ricordare ecc.).
Ebbene, è emerso che nell’Unione Europea a 28 la distanza più ampia tra il tasso di occupazione delle persone con e senza disabilità è quella registrata in Ungheria e nei Paesi Bassi, pari in entrambi i casi a -37,4 punti percentuali. Al contrario, il gap minore è quello calcolato in Lussemburgo (-2,4 punti percentuali), seguito da Svezia (-9,5 pp) e Francia (-9,9 punti percentuali).
Complessivamente, il tasso di occupazione delle persone con disabilità è pari al 47,3% e si distanzia da quello delle persone senza disabilità (66,9%) per 19,6 punti percentuali.
L’Italia si caratterizza per un tasso di occupazione inferiore alla media europea, sia per le persone con disabilità (45,6%) che per quelle senza disabilità (58,9%) ed evidenzia un gap meno sfavorevole, pari a -13,3 punti percentuali, che la collocano al sesto posto tra le posizioni migliori in classifica.

Anche per la formazione permanente, così come per l’occupazione, in tutti gli Stati membri di cui sono disponibili i dati, la condizione delle persone con disabilità risulta meno favorevole di quella delle persone senza disabilità (per questo indicatore non sono disponibili i dati di Bulgaria, Croazia e Malta).
Nel dettaglio, il tasso di partecipazione alla formazione permanente delle persone con disabilità tra i 25 e i 64 anni è pari al 6,9%, a fronte del 9,8% di quello delle persone senza disabilità della stessa fascia d’età, con un gap di -2,8 punti percentuali.
I Paesi in cui si calcola la minore differenza tra disabili e non disabili sono la Svezia (-1,1 punti percentuali), che registra anche il tasso di partecipazione delle persone con disabilità alla formazione permanente più alto in Europa (26,2%), e la Francia (-1,3 punti percentuali). A seguire, in terza posizione, troviamo l’Italia con un gap di -1,7 punti percentuali, ma con tassi di partecipazione alla formazione permanente inferiori alla media europea, tanto per le persone con disabilità che per quelle senza disabilità, rispettivamente pari al 4,6% e al 6,2%.
I risultati peggiori in termini di distanza tra persone con e senza disabilità sono quelli registrati da Slovenia (-9,7 punti percentuali), Danimarca (-8,7 punti percentuali) e Repubblica Ceca (-7,8 punti percentuali); da notare tuttavia che la Danimarca, pur posizionandosi ai posti peggiori in classifica in termini di differenziale, riporta tassi di partecipazione alla formazione delle persone con e senza disabilità tra i più alti in Europa insieme alla Svezia (pari rispettivamente al 24,5% e 33,2%).

Per quanto riguarda infine i dati sulla povertà e l’esclusione sociale, la fonte è data dalle Statistiche sul reddito e le condizioni di vita di EU-SILC (The European Union Statistics of Income and Living Conditions), concernenti le persone di più di 16 anni che vivono in famiglia, prodotte annualmente dagli Stati membri. In queste indagini, vengono considerate persone con disabilità quelle che hanno dichiarato limitazioni nelle attività della vita quotidiana per problemi di salute relativi ad almeno gli ultimi sei mesi.
Nel 2013, dunque, il rischio di povertà e di esclusione sociale delle persone con disabilità di più di 16 anni nell’Unione Europea a 28 risultava pari al 29,9%, con un differenziale di 8,5 punti percentuali rispetto alle persone senza disabilità (21,4%).
Il gap peggiore tra disabili e non si riscontrava in Bulgaria (19,6 punti percentuali), Belgio (17,7 punti percentuali) e Lituania (16,3 punti percentuali). Al contrario, i differenziali più favorevoli si registravano in Grecia (2,3 punti percentuali), Spagna (3,7 punti percentuali) e Lussemburgo (4,3 punti percentuali). A seguire, quarta in classifica, con un gap di 4,4 punti percentuali, si posizionava l’Italia in cui il 30,8% delle persone con disabilità era a rischio di povertà e di esclusione sociale contro il 26,4% delle persone senza disabilità: valori entrambi superiori alla media europea.

In conclusione, sulla base dei confronti evidenziati, la posizione dell’Italia in termini di gap tra la condizione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità appare meno sfavorevole di quanto accada in buona parte dei Paesi europei: sesta posizione in termini di occupazione, terza nella formazione e quarta rispetto al rischio di povertà ed esclusione sociale.
E tuttavia, se analizziamo i tassi di partecipazione delle persone con disabilità al mondo del lavoro e della formazione, nonché il rischio di povertà e di esclusione sociale, possiamo notare che, a fronte di un minore differenziale rispetto alle persone senza disabilità, si registrano valori sempre inferiori alla media dell’Unione Europea, che vedono il nostro Paese collocarsi nella parte medio-bassa della classifica. Infatti, il tasso di occupazione delle persone con disabilità è in Italia del 45,6%, contro il 47,3% della media europea, ciò che colloca il nostro Paese al quattordicesimo posto dell’Unione. Nell’ambito poi della formazione permanente, occupiamo il diciottesimo posto, con un tasso di partecipazione delle persone con disabilità pari al 4,6% (contro il 6,9% dell’Unione Europea). Infine, siamo tredicesimi per il rischio di povertà ed esclusione sociale delle persone con disabilità: 30,8% contro 29,9% dell’Unione.

Direttore di «Condicio.it», testata in cui la presente analisi – qui ripresa per gentile concessione, con una serie di riadattamenti al diverso contenitore – è già apparsa (corredata anche da alcuni grafici).

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