Da Pietro Gambadilegno a Dylan Dog e Gea

Un excursus che parte dagli Anni Trenta del Novecento e da alcuni personaggi di Walt Disney, passando tra gli altri per Batman, Dick Tracy, Devil e gli X-Men, fino ad arrivare ai nostrani Dylan Dog e Gea. Il tutto per provare a lanciare – insieme anche a Lorenzo Omedè, architetto e fumettista a sua volta – qualche spunto di riflessione su come i fumetti, nel corso degli anni, abbiano rappresentato la disabilità

Joker

Il ghigno di Joker, l’acerrimo nemico di Batman, è figlio di una menomazione, vale a dire la caduta in una vasca di sostanze chimiche

Il 30 di marzo di quest’anno, Batman, l’uomo pipistrello, ha compiuto 75 anni. È comparso per la prima volta nel 1939 sul numero 27 di «Detective Comics» e solo un anno dopo, nel 1940, è diventato il protagonista di una serie tutta sua (se ne legga una Gallery dedicata anche alle sue eroine).
L’uomo pipistrello è il supereroe per eccellenza che affronta schiere di nemici, solitamente disegnati con tratti mostruosi. Basti pensare al ghigno di Joker, un sorriso figlio di una menomazione, la caduta in una vasca di sostanze chimiche.
Quell’anniversario mi ha fatto venire in mente una domanda: come i fumetti hanno rappresentato la disabilità? Qualche esempio ne racconta l’evoluzione: Pietro Gambadilegno, la nemesi storica di Topolino, è un amputato; Paperino, colpito da meningite da piccolo, è lo stereotipo dell’imbranato e dello sfortunato. E chi ricorda poi i nemici di Dick Tracy? Flattop (“Testapiatta”), Pruneface (“Faccia di prugna”) dal volto molle e grinzoso, Frank Redrum, l’uomo senza faccia e Jerome, un nano che per spostarsi “cavalca” il cane Shakey (“Tremolio”). Erano gli Anni Trenta e Quaranta.
Negli anni Sessanta e Settanta, qualcosa cambia e cambia anche la figura del supereroe: Devil era cieco, gli X-Men erano un gruppo di mutanti, nati con geni differenti, e guidati dal Professor X, dotato di poteri mentali, ma seduto in carrozzina.

Durante un seminario al Politecnico di Torino, incontro conclusivo del Corso di Archiettura sull’Universal Design (“Progettazione inclusiva e sostenibile”), ho recentemente incontrato l’architetto e anch’egli fumettista Lorenzo Omedè, che al tema Disabilità e fumetti ha dedicato una tesina.

Perché i comics sono importanti per vedere l’evoluzione del concetto di disabilità nel Novecento?
«La produzione artistica rappresenta una società. Di conseguenza anche i riferimenti alla disabilità nell’arte subiscono il condizionamento del contesto storico, religioso e politico nel quale si colloca un dato stile o movimento. Se ci si sofferma ad analizzare con un po’ di pazienza i vari generi di fumetto, si scoprono al loro interno più personaggi “diversi” che in qualunque romanzo o serial TV».

Negli Anni Trenta la disabilità era riservata ai cattivi… Perché?
«Le prime storie a fumetti riflettono la società raccontata dalla cronaca e gli Anni Trenta trovano nella lotta l’argomento di maggior interesse, mentre dagli Anni Quaranta ci si concentra sull’intervento americano nella seconda guerra mondiale.
Qui, in genere, la figura dell’eroe rappresenta lo Stato forte e infallibile che affronta il male, vera minaccia per la società. Ad esempio, dal 1931 Dick Tracy, detective americano dalla mascella quadrata, rappresenta l’America anglosassone che combatte la criminalità organizzata. Così come il protagonista viene disegnato bello, aitante e forte, i “cattivi” con cui si scontra hanno caratteristiche fisiche mostruose, talvolta dovute proprio a deformità. Ma gli esempi potrebbero essere innumerevoli: dagli antagonisti dei supereroi pubblicati dall’editrice DC Comics, ovvero Lex Luthor, nemesi di Superman, o quel Joker acerrimo nemico di Batman. Dal canto suo, la Walt Disney Company vede in Gambadilegno l’antagonista primario di Topolino».

Negli anni Sessanta, poi, l’eroe diventa fragile e “disabile”…
«Dopo il collasso di vendite che caratterizzò i primi Anni Cinquanta, viene rivisitata la figura del supereroe cui viene dato un taglio grafico più moderno e una caratterizzazione più attenta al lato psicologico: il supereroe non è più una figura infallibile e fisicamente impeccabile. Ecco allora comparire eroi fragili, insicuri e, talvolta, portatori di qualche forma di disabilità.
Va anche tenuto presente che, con la Guerra del Vietnam, gli Stati Uniti si ritrovano inaspettatamente a dover affrontare il disagio dei reduci dal fronte e tra questi, un numero spropositato di mutilati e disabili. Cambia, quindi, la percezione della società statunitense nei confronti delle persone con disabilità. Gli esempi più significativi ci vengono proposti dalla Marvel Comics, attraverso lo slogan “Supereroi con superproblemi”: nascono Devil e gli X-Men (il cui mèntore, Charles Xavier, è un uomo sulla sedia a rotelle».

Gea e Leonardo

Gea, il personaggio creato da Luca Enoch, fa la barba al fidanzato Leonardo, giovane che vive in carrozzina

Oggi com’è vista la disabilità attraverso i fumetti?
«È sempre più frequente trovare in edicola serie di fumetti che affrontano le tematiche con uno stile molto oggettivo e realistico, sia che si tratti di produzioni nostrane, o di comics statunitensi o di manga giapponesi. Anche l’approccio come quello alla disabilità avviene per mezzo di storie che ne descrivono e analizzano i contenuti, offrendo un’ambientazione realistica. Ciò dimostra un’attività di studio e documentazione molto approfondita da parte degli autori. Un esempio di questo modo di operare ci viene offerto dal manga Real, dell’autore giapponese Takehiko Inoue».

E in Italia? Cos’è ad esempio il disabile per Tiziano Sclavi, l’autore di Dylan Dog, l’“Indagatore dell’incubo”?
«Nei testi di Sclavi viene dedicato molto spazio al tema della diversità. Per la prima volta, in questo panorama narrativo, l’anormalità non è più vista come qualcosa di cui avere paura. Anzi, molto spesso, l’orrore si nasconde dietro gli atteggiamenti della quotidiana normalità. L’orrore si può nascondere dietro una vita normale, scandita dai ritmi di un’impressionante e claustrofobica regolarità. Ne sono un buon esempio episodi di Dylan Dog come Ghor o Johnny Freak, racconti ai quali i lettori dell’Indagatore dell’incubo sono particolarmente affezionati.
Concetti quali la diversità, la disabilità e le discriminazioni che spesso ne conseguono, trovano ampio spazio e sono trattati con una forma quanto mai diretta e realistica anche nelle opere di Luca Enoch. Con Gea, serie pubblicata tra il 1999 e il 2007 per Sergio Bonelli Editore, Enoch presenta in forma allegorica temi quali la disabilità, l’esclusione sociale verso i “diversi”, malesseri sociali come la xenofobia o la violenza verso gli inermi. E tutte le tematiche vengono regolarmente proposte dall’autore come spunto di riflessione. Non a caso, i protagonisti di Gea compaiono in un albo speciale fuori serie, dal titolo Gea nel Paese delle Differenze, pubblicato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, per sensibilizzare e informare gli studenti sui temi della disabilità e sui servizi per l’accessibilità dell’Ateneo».

Il presente servizio è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Il fumetto della disabilità”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Dei temi trattati nel presente servizio, anche il nostro giornale si occupa con regolarità. Segnaliamo, tra tutti, il testo di Luca Baldazzi, intitolato Quando la disabilità vola sulle “nuvole” di fumetti e cartoons.

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