Ora che la storia di Stamina è finita

«C’è ancora qualcosa di “non detto” – si chiede Marco Piazza – in una vicenda come il cosiddetto “Caso Stamina”, di cui hanno parlato per mesi tutti i giornali e i telegiornali? Più di quanto non sembri. E sono soprattutto le storie di famiglie che non bisogna lasciar sole e di ricercatori che continuano in silenzio il loro lavoro, con pochi soldi e tanti ostacoli»

Protesta in favore di Stamina, Roma, 2013

Roma, Piazza Montecitorio, 2013: una delle tante proteste in favore di Stamina, che coinvolsero in quell’anno i familiari di bimbi con malattie genetiche rare

C’è ancora qualcosa di “non detto”, di “invisibile” in una vicenda come il cosiddetto “Caso Stamina”, di cui hanno parlato per mesi tutti i giornali e i telegiornali e che ha conquistato anche le pagine delle più importanti riviste scientifiche internazionali? Più di quanto non sembri. E vanno tirate fuori, queste “storie minori”, che per una volta hanno conquistato la ribalta. Bisogna farlo adesso, prima che i riflettori si spengano del tutto. Per evitare che vicende del genere, fatti brutti e tristi, si ripetano. E per continuare, nonostante tutto, a dare speranza a tante famiglie che lottano.

Chi scrive, l’“epopea” di Davide Vannoni e delle sue cellule staminali “miracolose” l’ha vissuta appieno. Quando infatti lavoravo per la Fondazione Telethon, frequentavo quotidianamente ricercatori e famiglie di bambini malati e cercavo di spiegare come stavano davvero le cose ai giornalisti e agli autori che cominciavano a seguire il caso.
Ho continuato poi ad occuparmene, quando collaboravo, insieme a Riccardo Iacona e Liza Boschin, alla puntata del programma di Raitre PresaDiretta, andata in onda nel gennaio del 2014 [e vincitrice nei giorni scorsi del “Premio OMAR”, promosso dall’Osservatorio Malattie Rare, N.d.R.], che, come ha scritto qualcuno, ha rappresentato una sorta di spartiacque nell’opinione pubblica [in questi termini, ad esempio, ne scrisse allora su queste pagine Franco Bomprezzi, N.d.R.]. Poi ho ricostruito il lato mediatico della vicenda, su «Prima Comunicazione» e continuato a raccontare la mia storia con Stamina nel mio blog.
Allora, dov’è il “non detto” di Stamina? Sta in quei padri e in quelle madri che convivono con le malattie devastanti e incurabili dei loro figli. Genitori (e fratelli), che da anni sono letteralmente “agli arresti domiciliari”, che non dormono più di due ore di seguito, che hanno le schiene spezzate. Persone che un brutto giorno hanno ricevuto una diagnosi terribile e che da allora precipitano in un baratro dal quale sanno di non poter uscire. Ha del miracoloso il modo in cui riescono ad andare avanti, nonostante tutto. A lavorare, a mantenere le famiglie, ad essere vivi e positivi, a volte persino a sorridere e ad avere speranza. Gente che avrebbe diritto a un servizio di assistenza domiciliare, ventiquattr’ore su ventiquattro, che dovrebbe essere esentata dal lavoro e retribuita per quello che fa.

Ebbene, un bel giorno di alcuni anni fa queste persone scoprono che esiste qualcuno – scienziato, non scienziato? Chi se ne frega! – che dice di avere la cura per i loro bambini. È una cura a base di cellule staminali, che «fa miracoli su tante malattie – così si disse e si scrisse – ma che viene boicottata dalle industrie farmaceutiche, perché rischia di non farle guadagnare con le loro inutili medicine…» (quali siano quelle “inutili medicine”, visto che si tratta di malattie rarissime e incurabili, non è dato saperlo. Ma la storia funziona bene lo stesso).
La notizia arriva dal passaparola tra le Associazioni, si propaga sui social network e sbarca in TV, in un programma [“Le iene”, N.d.R.] che deve il suo successo al racconto di storie vere di cui nessun altro si occupa, proprio come quella delle cellule staminali mesenchimali. Che fa denunce, inchioda i malfattori e riesce spesso a risolvere casi disperati.
Chi, nei panni di un padre o di una madre di un bambino con una malattia genetica rara per la quale non esistono terapie, non chiederebbe di provare le staminali di Vannoni e Andolina? Chi, di fronte a una diagnosi di quel tipo, non vorrebbe tentarle tutte? E quando si scopre che l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha dato il nullaosta per la somministrazione delle staminali in un ospedale pubblico, per quale motivo quei genitori dovrebbero rassegnarsi al fatto che solo alcuni abbiano accesso al trattamento e che i loro bambini siano invece esclusi? È una denuncia dirompente. Un messaggio semplice e fortissimo: «Ci sono bambini che stanno per morire, esiste una cura che può salvarli, ma il “cattivo ministro” non vuole darla». Ci cascano in tantissimi, compresi alcuni personaggi famosi.
I “genitori invisibili” sentono che finalmente qualcuno si sta occupando di loro. Negli stadi e nelle piazze si srotolano striscioni con i nomi dei loro figli. Giornali e programmi televisivi fanno la fila per intervistarli. Un moto popolare che cresce giorno dopo giorno. E la politica, che non può lasciarsi sfuggire un boccone così ghiotto, non sta certo a guardare. Che ci vuole, a tirar fuori qualche milione di euro per autorizzare la sperimentazione e intanto ad emanare un decreto che di fatto riconosce il diritto alle staminali per chiunque ne faccia richiesta? Poco conta che nessuno sappia come è fatta, questa “terapia”, che nelle parole dei suoi inventori funziona per decine di malattie e quindi per migliaia di pazienti. Che nessuno scienziato abbia mai sentito parlare del “metodo Stamina”, che non esista lo straccio di un’evidenza scientifica, di una pubblicazione. Gli scienziati sono «al soldo delle multinazionali farmaceutiche», è la lettura complottista che si fa strada su Facebook, «nemmeno loro vogliono che venga fuori la verità»…

Ricercatori Telethon

Un incontro di ricercatori Telethon

Già, gli scienziati, i più “invisibili” di tutti in questa vicenda. Dedicano da anni le loro giornate allo studio di queste patologie, provano in tutti i modi a combatterle e curarle. Molti ricercatori conoscono anche personalmente i bambini malati. Hanno preso a cuore i loro casi, sentono sulle loro spalle il peso delle aspettative dei genitori. Eppure nessuno li ascolta. Qualche giornale riporta il loro pensiero, pubblica i loro dubbi. Ma tra un bambino malato e uno che prova a spiegare come funziona il metodo scientifico, come mi dice un amico autore televisivo, non c’è partita!

Come sia andata a finire la storia lo sanno ormai tutti. Nel giro di qualche mese, grazie proprio al lavoro di controinformazione di un gruppetto di scienziati, di qualche giornalista e alle indagini di un Pubblico Ministero molto tosto [Raffaele Guariniello, N.d.R.], il vento comincia a girare.
Spuntano fuori casi scandalosi di persone le quali – prima che la terapia di Stamina venisse passata gratuitamente in un ospedale pubblico – erano state costrette a pagare migliaia di euro, senza riscontrare alcun beneficio. La reputazione degli ideatori scricchiola. Poi si capisce, grazie al lavoro di altri scienziati, che il “metodo Stamina” non esiste proprio. Che neanche i medici dell’ospedale sanno cosa iniettano nei bambini malati.
Finisce l’inchiesta, Vannoni e soci vengono rinviati a giudizio insieme ai medici che li avevano spalleggiati. Le “famiglie invisibili”, nel frattempo, ripiombano nel baratro. Prima si erano sentite perseguitate, ora capiscono di essere state ingannate. Il miraggio di una cura a portata di mano viene a cadere. La speranza no, quella non si perde mai, ma bisogna ricominciare a fare i conti con i tempi della scienza, che purtroppo non ha scorciatoie.
Gli altri “invisibili”, i ricercatori, scampato il pericolo di una deriva medievale, riprendono a combattere nei loro laboratori con gli strumenti di sempre: studio, intuizioni, esperimenti, piccoli successi da riprovare mille volte. Anche loro da soli, senza il sostegno che meriterebbero, con pochi soldi e tantissimi ostacoli.

E siamo ad oggi, che la storia di Stamina è finita, come ammettono anche i suoi ideatori, per ottenere il patteggiamento, e che però, per fortuna, le sperimentazioni sulle malattie di molti di quei bambini stanno dando risultati incoraggianti, come abbiamo scritto recentemente qui e qui.
Qual è la morale? La mia è che bisogna raccontarle sempre e ovunque, queste cose, spiegare le ricerche scientifiche, renderle visibili e comprensibili. E che non bisogna lasciar sole le famiglie dei bambini malati, non abbandonarle al loro destino per poi scandalizzarsi se seguiranno il prossimo ciarlatano che ha scoperto la terapia miracolosa.

P.S.: Proprio in questi giorni, a Riva del Garda (Trento), si è svolta la convention scientifica di Telethon. Ottocento, tra scienziati e rappresentanti di Associazioni, si riuniscono per condividere i progressi e le sfide della ricerca sulle malattie genetiche rare. Due anni fa, nello stesso posto, si parlò a lungo di Stamina. E fu da lì, in un certo senso, che cominciò la controffensiva della ricerca sulla ciarlataneria. Queste mie riflessioni sono dedicate a tutti quegli scienziati e rappresentanti di Associazioni.

Il presente testo è il riadattamento di un altro apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Gli invisibili di Stamina, non dimentichiamoli!”). Per gentile concessione.

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