ISEE: che succederà dopo quelle Sentenze?

L’11 febbraio scorso il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio si è pronunciato con tre Sentenze su altrettanti ricorsi relativi all’ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente richiesto per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate. Tali Sentenze sottolineano alcuni princìpi rilevanti, ma gli effetti di esse, almeno nell’immediato, non sono quelli sperati. Vediamo perché

Targa del TAR del Lazio

Stabiliscono certamente alcuni princìpi rilevanti, tre recenti Sentenze del TAR del Lazio, ma presumibilmente porteranno anche a numerosi contenziosi

L’11 febbraio scorso il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha accolto, pur parzialmente, tre ricorsi presentati contro il Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) 159/13 e cioè il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), ciò che riguarda milioni di cittadini italiani, in quanto l’ISEE stesso viene richiesto per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate, ovvero a tutti i servizi o gli aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (ad esempio le prestazioni ai non autosufficienti, i servizi per la prima infanzia, le agevolazioni economiche sulle tasse universitarie, quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, le eventuali agevolazioni su tributi locali).
Le tre Sentenze (Sezione Prima del TAR del Lazio, n. 2454/15, n. 2458/15 e n. 2459/15) di fatto modificano parzialmente l’impianto di calcolo dell’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR), cioè di una delle due componenti dell’ISEE (l’altra è quella patrimoniale).

I contenuti
Sorvolando sulle violazioni non accolte, i tre dispositivi vanno letti in modo combinato:
– escludono dal computo dell’Indicatore della Situazione Reddituale «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» (articolo 4, comma 2 lettera f); ciò significa, in pratica, tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.;
– annullano il DPCM 159/13 nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per i soli minorenni (articolo 4, lettera d, nn. 1, 2, 3).

Per comprendere meglio quanto detto al secondo punto, va ricordato che il DPCM 159/13 prevede una franchigia forfettaria così differenziata:
1. persone con disabilità media: per ciascuna di esse, una franchigia pari a 4.000 euro, incrementati a 5.500 se minorenni;
2. persone con disabilità grave: per ciascuna di esse, una franchigia pari a 5.500 euro, incrementati a 7.500 se minorenni;
3. persone non autosufficienti: per ciascuna di esse, una franchigia pari a 7.000 euro, incrementati a 9.500 se minorenni.
Fino a indicazioni contrarie, e data l’approssimazione del dispositivo su tale punto, non si può che ritenere che le stesse franchigie previste per i minori siano ora da applicare anche ai maggiorenni.
La Sentenza 2459/15 del TAR del Lazio, per altro, nelle motivazioni, ma non nel dispositivo, censura la disposizione che prevede che l’opportunità di ricorrere all’ISEE ridotto (personale o proprio e del coniuge) sia riservata ai soli disabili maggiorenni e non invece anche ai minorenni, creando così una disparità di trattamento e rimandando a successivi interventi di rimodulazione. E tuttavia, il Tribunale Amministrativo, annullando la disposizione della differenziazione sulle franchigie, in realtà aumenta la disparità di trattamento fra minorenni e maggiorenni, dal momento che solo ai secondi rimane ancora la possibilità di redigere – ai soli fini delle prestazioni di natura sociosanitaria – l’ISEE personale, per lo meno fino a un ulteriore intervento eventuale normativo.
Nelle motivazioni (non nel dispositivo) il TAR annota infatti: «L’Amministrazione dovrà quindi provvedere a rimodulare tale nozione valutando attentamente la funzione sociale di ogni singolo trattamento assistenziale, previdenziale e indennitario e orientandosi anche nell’esaminare situazione di reddito esistente ma, per varie ragioni, non sottoposto a tassazione IRPEF».

Nel merito non si può che concordare sul principio generale che le provvidenze assistenziali non possano essere considerate alla stregua dei redditi, anche per una serie di altri motivi che il TAR non elenca. Ma le Sentenze hanno anche confermato, purtroppo, la liceità di ricorrere al computo dei redditi dei familiari civilmente obbligati, nel caso di anziani ai fini del ricovero in RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), istituti, case di riposo.

Effetti pratici: il computo dell’ISEE
Ma quali saranno gli effetti pratici sul calcolo dell’ISEE delle persone con disabilità e le loro famiglie?
A una lettura superficiale – ignorando i complessi meccanismi che stanno alla base dell’ISEE – in molti hanno plaudito a queste Sentenze, ritenendo che esse producano solo effetti positivi molto significativi e per tutti gli interessati. In realtà, proprio a causa della complessità dello strumento ISEE, l’esito dei ricorsi è smorzato e in alcuni casi produce effetti inattesi.
Ciò è connesso, in particolare, al meccanismo di detrazione, riservata ai non autosufficienti, «per la spesa sostenuta, inclusiva dei contributi versati, per collaboratori domestici e addetti all’assistenza personale, come risultante dalla dichiarazione di assunzione presentata all’INPS e dai contributi versati al medesimo istituto, nel limite dell’ammontare dei trattamenti di cui al [l’art. 4, N.d.R.] comma 2, lettera f».
Ebbene, il comma 2 lettera f è stato annullato dal TAR del Lazio. Il DPCM 159/13 aveva previsto quella possibilità proprio per compensare il computo delle provvidenze assistenziali nell’Indicatore della Situazione Reddituale, e quindi nell’ISEE, per le persone con più grave disabilità che debbano avvalersi di assistenti o badanti assumendoli regolarmente. Questa detrazione ora non è più possibile e ciò produce effetti distorsivi in alcuni non infrequenti casi, oltre a incentivare ulteriormente il lavoro sommerso, ciò che per altro non costituisce il tema di questo approfondimento. In questi casi l’ISEE risultante dopo le tre Sentenze del TAR del Lazio è più svantaggioso che in precedenza. Rimane invece cogente la possibilità di detrarre le spese sanitarie fino a 5.000 euro, se effettivamente documentabili.
Al contempo è ampio il numero di persone che – al contrario – godono dei vantaggi delle Sentenze citate.
Per altri casi, infine (ad esempio i minori titolari dell’indennità di frequenza), gli effetti attuali delle Sentenze sono del tutto irrisori.

Riassumendo: fra gli “svantaggiati” dalle Sentenze vi sono le persone non autosufficienti che si avvalgono di operatori assistenziali o badanti regolarmente retribuiti e sono in grado di dimostrare le spese sostenute. Fra gli “avvantaggiati” vi sono le persone non autosufficienti che non sostengono spese di operatori o badanti (tipico esempio quello dei caregiver familiari) o che se ne avvalgono senza corrispondere in modo regolare una retribuzione.
A riprova di questi effetti rinviamo ad alcune simulazioni elaborate da chi scrive, dopo la pubblicazione delle Sentenze, nel sito del Servizio HandyLex.org.

Effetti pratici: ottenere le Dichiarazioni Sostitutive Uniche (DSU)
Altro quesito fondamentale: quali sono gli effetti sulle procedure di rilascio e di applicazione delle nuove Dichiarazioni Sostitutive Uniche (ISEE)?
Le Sentenze del TAR Lazio sono immediatamente applicative, ma difficilmente saranno operative, per lo meno nell’immediato. Certamente le DSU (ISEE) rilasciate dal 12 febbraio scorso, senza rispettare le tre Sentenze, sono formalmente illecite. Al contempo (per il combinato disposto degli articoli 10, comma 1 e comma 2 e 14 comma 2 del DPCM 159/13), le Dichiarazioni DSU (ISEE) rilasciate con i “vecchi” criteri del precedente Decreto Legislativo 109/98 non sono più valide per l’accesso alle nuove prestazioni né più rilasciabili dai CAF (Centri di Assistenza Fiscale).
Ricordiamo che il rilascio delle Dichiarazioni Sostitutive Uniche è incardinato nel sistema informatico dell’INPS cui hanno accesso i singoli cittadini con il proprio PIN oppure i CAF autorizzati. Se l’INPS, dunque, non modificherà il sistema informatico, le DSU rilasciate continueranno a essere irregolari (e, in taluni casi, svantaggiose per il cittadino). Tuttavia, il sistema informatico è basato sulle indicazioni del Ministero del Lavoro e di quello dell’Economia (Decreto Ministeriale del 7 novembre 2014 che ha approvato i modelli) e fintantoché non avrà indicazioni operative formali, l’INPS non modifica il proprio software e le relative istruzioni.
Se dovesse pertanto crearsi un “vuoto amministrativo”, molti cittadini potrebbero restare privi di DSU oppure ottenerla con forte ritardo rispetto alle esigenze di accesso a servizi e prestazioni agevolate.
Questo verosimilmente non avverrà: di fatto il Ministero potrebbe non applicare subito le sentenze, potendone cioè sospenderne l’applicazione, in attesa di un proprio ricorso presso il Consiglio di Stato, pur sapendo che alcuni cittadini potranno legittimamente presentare ricorso (con probabile soccombenza del Ministero stesso).

Per quanto poi riguarda chi oggi si presentasse a un CAF per la compilazione della DSU, chiedendo l’applicazione delle Sentenze del TAR Lazio, egli non otterrebbe nulla. Il CAF, infatti, usa il sistema informatico dell’INPS e il sistema richiede l’inserimento dei dati identificativi dei componenti del nucleo familiare, oltre a quelli che permettono di comprendere se la persona sia con una disabilità media, grave o non autosufficiente (per applicare le franchigie). Pertanto il CAF non ha né facoltà né possibilità tecnica di modificare i criteri. È l’INPS, infatti, che estrae successivamente i dati “economici” delle prestazioni e ricava ISR e ISEE, familiare o ridotto a seconda delle prestazioni.
È a quel punto – al momento del rilascio dell’ISEE con i criteri antecedenti alle Sentenze del TAR – che il cittadino può, se lo ritiene opportuno, presentare ricorso con i tempi e i costi del caso. Il rischio maggiore, in questi casi, è che il cittadino privo di DSU (ISEE) rimanga escluso dall’accesso a prestazioni o servizi.
Di certo, la situazione generale, così come si prospetta in questo momento, è foriera di ulteriori numerosi contenziosi.

La stessa considerazione, infine, vale per chi ha già ottenuto l’ISEE con i criteri fissati dal DPCM 159/13. Egli dovrebbe presentare ricorso per ottenere il ricalcolo dell’ISEE (meglio verificare prima se è più conveniente) con i tempi che ne conseguono. Anche l’Ente erogatore, tuttavia, potrebbe supporre che le DSU (ISEE) di alcuni cittadini siano “troppo” vantaggiose e vadano ricalcolata in base alle Sentenze del TAR del Lazio, chiedendo, in caso di esito positivo, la compensazione di quanto “indebitamente” corrisposto. E anche in questi casi potrebbero aprirsi numerosi contenziosi.

Che fa il Ministero?
Cosa succede se il Ministero del Lavoro impugna le Sentenze del TAR del Lazio? Questa azione, innanzitutto, spetta alla Presidenza del Consiglio e non al Ministero del lavoro e le Sentenze stesso andrebbero impugnate davanti al Consiglio di Stato (che per altro, a suo tempo, aveva dato l’avallo allo schema di DPCM 159/13); questo, però, non sospende gli effetti delle Sentenze che continuano ad essere cogenti fino a eventuale Sentenza contraria.
Comunque vada, si porrebbe il problema di sanare successivamente le posizioni di chi ha chiesto e ottenuto le DSU nel periodo intercorrente fra le Sentenze del TAR del Lazio e quella eventuale di segno contrario del Consiglio di Stato. Quindi un’altra notevole confusione procedurale.
La scelta di impugnare la Sentenza è tecnico-politica. Verosimilmente, dato il tema, più politica che tecnica. Di fatto, però, il Ministero del Lavoro – in ispecie se attiva immediatamente il ricorso presso il Consiglio di Stato – non è tenuto (a suo rischio e pericolo) ad applicare subito le Sentenze e di fatto sarà ciò che probabilmente accadrà. Questo da un lato può ingenerare un significativo contenzioso con i cittadini, ma dall’altro lato garantisce al sistema di rilascio delle DSU di proseguire, pur con i criteri precedenti alle Sentenze.

Come si comporteranno i Comuni e le Regioni?
Come noto, gli Enti erogatori di prestazioni sociali agevolate (ad esempio i Comuni, le Università ecc.) fissano, con propria deliberazione, i criteri di accesso e quindi i destinatari delle prestazioni e le eventuali soglie ISEE per accedervi o al di sopra delle quali viene richiesta la partecipazione alla spesa.
Il DPCM 159/13 impone che trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione dei nuovi modelli, le DSU – che sono sempre, lo ricordiamo, le Dichiarazioni Sostitutive Uniche – possano essere rilasciate solo con i nuovi criteri. Conseguentemente, anche le prestazioni sociali agevolate richieste successivamente a quella data sono erogate sulla base dell’ISEE rivisto ai sensi del DPCM 159/13.
Entro la stessa data, pertanto, gli Enti che disciplinano l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate devono emanare gli atti anche normativi, necessari all’erogazione delle nuove prestazioni in conformità con le disposizioni del nuovo Decreto. Ciò significa che devono fissare le nuove soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate di loro competenza e che di fatto il limite temporale è già stato superato, essendo stati i moduli approvati il 7 novembre 2014, con il Decreto Ministeriale più sopra citato.
Alcuni Comuni hanno provveduto ad approvare le deliberazioni, basandosi sull’impianto del precedente ISEE e quindi ipotizzando un certo apporto finanziario dalla partecipazione alla spesa da parte dei cittadini. Aspetteranno ora le azioni del Ministero (Governo)? Rivedranno le loro Deliberazioni? È possibile che lo facciano e che restringano il campo di intervento, la quantità dei servizi, o l’ammontare delle prestazioni. Non esistendo una normativa che fissi in modo chiaro Livelli Essenziali di Assistenza in àmbito sociale e in larga misura sociosanitario, le Amministrazioni potrebbero infatti cogliere l’occasione per diminuire sia la quantità che la qualità dei servizi. Ma è anche possibile che – per la situazione di generale disorientamento e vuoto legislativo – si colga l’occasione anche per distinguere capziosamente i servizi per tipologia – prestazioni sociali, prestazioni sociali agevolate, prestazioni agevolate di natura sociosanitaria – facendo rientrare forzosamente nell’una o nell’altra categoria ciò che è più utile ai fini del contenimento della spesa e delle partecipazione alla spesa.
Per farci intendere meglio, ricordiamo che solo per le «prestazioni agevolate di natura sociosanitaria» è previsto l’ISEE ridotto (quello della persona e non della famiglia). Per le altre prestazioni è contemplato l’ISEE familiare.
Tutto questo per lasciare intuire che le modalità per compensare un ISEE più vantaggioso per i cittadini (nemmeno tutti) allignano nella “fantasia” e nella “finanza creativa” di molti Amministratori, vieppiù se in difficoltà con il bilancio. Un rischio, va detto in conclusione, che ha poco a che vedere con le Sentenze: è una prospettiva che comunque va monitorata e affrontata.

Direttore editoriale di «Superando.it».

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