Saranno molte anche in Nepal le vittime con disabilità

Eventi come il terremoto che ha colpito il Nepal confermano quanto emerso anche recentemente in Giappone, durante la Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi: in casi del genere, le vittime con disabilità sono molte di più, rispetto al resto della popolazione, senza dimenticare che catastrofi come questa fanno anche crescere lo stesso numero delle persone con disabilità. L’organizzazione CBM sta lavorando nel Paese asiatico, con gli altri soccorritori

Terremoto in Nepal, 25 aprile 2015 (foto di CBM International)

Una delle drammatiche immagini che arrivano in questi giorni dal Nepal, dopo il devastante sisma del 25 aprile (foto di CBM International)

«Durante emergenze del genere – aveva sottolineato Massimo Maggio, direttore di CBM Italia, in occasione della Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi, tenutasi poche settimane fa a Sendai, in Giappone – le più colpite sono proprio le persone con disabilità, che molto spesso non possono accedere agli aiuti umanitari. Una persona in carrozzina, ad esempio, non sempre riesce ad arrivare al campo in cui si distribuiscono i kit alimentari e i beni di prima necessità. Spesso, poi, le persone con disabilità non sono nemmeno formate sulle misure da seguire per mettersi al riparo durante un terremoto o un’alluvione».
Lo ribadisce tanto più oggi, il Direttore di CBM Italia – organizzazione impegnata a rimuovere gli ostacoli che mettono ai margini le persone con disabilità nelle società più svantaggiate – dopo un terremoto tanto devastante come quello che ha colpito nei giorni scorsi il Nepal, provocando distruzione e morte, con un dato già certo, pur nella perdurante incertezza: il numero delle vittime con disabilità sarà di circa il doppio, rispetto a quello del resto della popolazione.
«Essere disabile in un Paese in Via di Sviluppo – ricorda infatti Maggio – significa non avere un futuro. Le emergenze, poi, portano con sé un ulteriore e tremendo effetto: cresce il numero stesso delle persone con disabilità. Contemporaneamente va sottolineata la loro difficoltà e spesso l’impossibilità ad accedere alla catena degli aiuti umanitari. Basti pensare a quanto può essere devastante l’effetto di un terremoto nella vita di un bambino cieco o con disabilità motoria».

Così come già da tempo ci dedichiamo alle crescenti iniziative presenti anche nel nostro Paese, riguardanti le persone con disabilità in situazioni di emergenza, ugualmente avevamo seguito con particolare attenzione i vari passaggi centrati sulla disabilità, all’interno della citata Conferenza di Sendai sulla riduzione del rischio di catastrofi, grazie anche ai resoconti di un “inviato speciale” come Giampiero Griffo, componente dell’Esecutivo Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), che aveva anche riferito di un importante documento finale prodotto in Giappone – del quale ci occuperemo proprio nei prossimi giorni – ritenuto un importante passo avanti per l’inclusione delle persone con disabilità negli interventi di emergenza.
Parlando poi del caucus (“assemblea”) cui avevano partecipato una sessantina di rappresentanti di associazioni di persone con disabilità, provenienti da tutto il mondo, Griffo aveva raccontato come dalla ricca e competente discussione, fossero emersi molti elementi significativi: «Le carenze dei sistemi di prevenzione e primo intervento; l’assenza di strategie di prima allerta nelle situazioni di emergenza, che permettano a tutti di essere informati; la totale sottovalutazione delle problematiche delle persone con disabilità nel programmare le operazioni di evacuazione; l’inaccessibilità dei posti di prima accoglienza; la mancanza di formazione specifica del personale che si occupa di emergenza; la carenza totale di attenzione nei piani di intervento in emergenza verso le persone con disabilità».
Rilievi che purtroppo ancora una volta sono destinati ad essere drammaticamente confermati in Nepal e anche nelle zone confinanti di India, Cina, Tibet e Bangladesh.

Restando infine all’attualità, CBM – attiva in Nepal da più di trent’anni, con nove progetti su tutto il territorio (due cliniche oculistiche, programmi di cura e prevenzione della disabilità uditiva, programmi di riabilitazione su base comunitaria) – segnala di essersi unita in questi giorni ai soccorritori, per valutare i danni e determinare i bisogni delle persone colpite, oltre a mettere a disposizione uno spazio per quanti vogliano effettuare delle donazioni. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Paola De Luca (paola.deluca@cbmitalia.org).

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