Milano: punto di non ritorno verso l’accessibilità?

Riuscirà l’“Access City Award”, premio europeo per le politiche sull’accessibilità, vinto nel dicembre scorso da Milano, a far sì che il capoluogo lombardo diventi realmente sempre più accessibile, attuando quanto ancora resta da fare? Lo abbiamo chiesto all’assessore comunale Pierfrancesco Majorino, secondo il quale quel premio rappresenta «un punto di non ritorno», anche alla luce della fondamentale collaborazione con l’Amministrazione Municipale da parte delle Associazioni di persone con disabilità

Pierfrancesco Majorino e Marianne Thyssen

Era l’8 dicembre scorso, quando l’assessore del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino riceveva a Bruxelles l'”Access City Award” dal commissario europeo Marianne Thyssen

Come avevamo riferito all’inizio di dicembre, Milano è stata la prima città italiana ad aggiudicarsi l’Access City Award, iniziativa lanciata nel 2010 dalla Commissione Europea, in partnership con l’EDF (European Disability Forum), allo scopo di dare visibilità e di premiare quelle città che abbiano preso iniziative esemplari, per migliorare l’accessibilità nell’ambiente urbano alle persone con disabilità, e in un contesto di popolazione in età sempre più avanzata.
Ma come potrà essere questo premio un punto di partenza per rendere ancora più accessibile il capoluogo lombardo in cui, da questo punto di vista, c’è ancora molto da fare, specie nei territori più periferici? Lo abbiamo chiesto a Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali e alla Cultura della Salute del Comune di Milano, che l’8 dicembre scorso ha ritirato a Bruxelles il premio dalle mani di Marianne Thyssen, commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari Sociali, le Competenze e la Mobilità del Lavoro.

Quale tipo di lavoro è stato svolto per raggiungere l’obiettivo di migliorare l’accessibilità di Milano, ciò che ha portato la città a ottenere l’Access City Award?
«Innanzitutto un “lavoro” sul piano culturale. L’Amministrazione Comunale di Milano, infatti, ha preso molto sul serio il tema dell’accessibilità, recependo pienamente il suo alto contenuto, come declinato nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; l’accessibilità, cioè, è un prerequisito per l’accesso e il godimento dei diritti umani e sin dal nostro insediamento ci siamo dati l’obiettivo di trasformarci in una città in grado di tutelare e salvaguardare, promuovere e attuare concretamente i diritti umani. Ridurre per altro il tema dell’accessibilità a un problema delle persone con disabilità sarebbe stato riduttivo, in quanto l’accessibilità riguarda la capacità di una comunità di essere un luogo – fisico e non solo – in grado di generare benessere per tutti, in grado di garantire crescita, sviluppo e innovazione, di accogliere e tutelare i più fragili e di accompagnarli in processi di empowerment [crescita dell’autoconsapevolezza, N.d.R.] e autonomia, un luogo in grado di garantire libertà e indipendenza.
Inoltre, il nostro lavoro è stato impostato su alcuni criteri che ritengo senz’altro vincenti. Siamo partiti da un impegno politico forte, recependo all’inizio del mandato la citata Convenzione ONU e impostando una strategia complessiva, con l’adozione di specifiche Delibere, fondata sui princìpi della Convenzione stessa. Oltre all’accessibilità come prerequisito per il godimento di tutti i diritti umani, abbiamo puntato sulla partecipazione attiva delle Associazioni di rappresentanza della disabilità, secondo lo slogan del Nulla su di Noi senza di Noi e abbiamo accompagnato l’impegno scritto con un intervento finanziario concreto: 50 milioni di euro di cui la metà già utilizzati e gli altri già programmati.
Il premio lo abbiamo meritato non perché Milano sia diventata una città pienamente accessibile, sappiamo tutti che non è così, ma perché ha saputo impostare – grazie soprattutto allo stimolo delle Associazioni e, mi si permetta di ricordare, dello stimolo in primis del compianto Franco Bomprezzi, già vostro direttore responsabile e presidente della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) – una strategia complessiva forte, guardando a tutti gli àmbiti di vita di una comunità. Le barriere, infatti, non sono solo quelle architettoniche, ma quelle che impediscono l’accesso al lavoro, allo sport, alla comunicazione e all’informazione, ai servizi pubblici, ai trasporti, alla cultura. Quando si decide di far diventare una città inclusiva, si deve costruire una visione globale e Milano, grazie al grande supporto di tutti, alla competenza straordinaria di Associazioni ed esperti, ha saputo delineare una strategia che riteniamo vincente: scegliere insieme quali siano le priorità per l’abbattimento delle barriere architettoniche – scuole, strutture sanitarie, teatri, impianti sportivi – e definire quindi tutti gli interventi correlati: mezzi di trasporto e fermate degli autobus, infrastrutture, parcheggi, marciapiedi, semafori e segnaletica, tenendo quindi ben a mente tutte le diverse esigenze che le varie disabilità esprimono (motorie, visive, uditive, intellettive…). Questo vuol dire evitare di rendere accessibile una scuola, un teatro, uno stadio, se poi non vi sono i trasporti accessibili per raggiungere quei luoghi».

In particolare, come si è concretizzata la partecipazione attiva delle Associazioni cui accennava in precedenza?
«Se siamo arrivati fin qui, lo dobbiamo innanzitutto alla forza e determinazione delle Associazioni. Noi abbiamo accolto la loro sollecitazione a tentare questa sfida, anche assumendosi una grande responsabilità: collaborare attivamente con l’Amministrazione, con la Società Expo, con l’ATM [Azienda Trasporti Milanesi, N.d.R.], allo scopo di rendere la nostra città più accogliente e accessibile, tenuto anche conto del grande appuntamento universale di Expo e far sì che questo diventasse davvero un’esperienza per tutti. Non era cosi scontato.
Insieme abbiamo raggiunto risultati straordinari e crediamo che con Expo si sia costruito un modello organizzativo replicabile per eventi simili. Un modello fondato sulla collaborazione e la fiducia reciproca, e su alcuni punti di forza: fare sistema, costituire una task force che attraverso una serie di gruppi operativi definisca gli interventi da attuare in ogni àmbito, come infrastrutture, mobilità, accessibilità alle informazioni, comunicazione, attenzione ai diversi bisogni in relazione alle diverse disabilità. Abbiamo definito dispositivi stabili di partecipazione e coprogettazione, approvando specifiche Delibere che hamno avviato il Tavolo Permanente della Disabilità, la Task Force per l’Accessibilità per Expo, con tanti gruppi di lavoro operativi che hanno affrontato ogni aspetto di dettaglio insieme a tecnici, funzionari, rappresentanti delle Associazioni ed esperti. Un lavoro impegnativo che ha richiesto tempo, ma che ha portato risultati robusti e duraturi».

Tenendo dunque conto che – come lei stesso ha sottolineato – questo riconoscimento è stato il primo passo e che ci sarà ancora molto da fare per una completa accessibilità e inclusione, quali dovranno essere ora i progetti e le politiche da attuare?
«Questo premio rappresenta un punto di non ritorno. Siamo arrivati primi a Bruxelles perché abbiamo dimostrato di avere impostato una strategia complessiva che tocca tanti àmbiti della vita delle persone e perché, come detto, lo abbiamo fatto in collaborazione con le Associazioni, avvalendoci di professionalità interne ed esterne all’Amministrazione. Oramai il cammino è tracciato. Bisognerà proseguire con lo stesso impegno e confermare che se abbiamo lavorato sodo, non è stato solo per non fare una brutta figura in occasione dell’Expo, ma che l’Expo è stato essenzialmente uno stimolo più forte, un acceleratore di un percorso di sviluppo che deve proseguire. Dobbiamo quindi continuare a investire risorse finanziarie, progettandone l’utilizzo con cura, per eliminare progressivamente le tante barriere che ancora si frappongono alla piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita della città. In tal senso è sufficiente ricordare quanto lavoro ci sia ancora da fare per rendere le scuole accessibili e quindi garantire a tutti i giovani con disabilità il diritto allo studio. O a quante famiglie con persone fragili che vivono ancora oggi in abitazioni senza ascensori. O all’adeguamento totale di tutti i mezzi di trasporto. Infatti, se quelli nuovi sono dotati di tutti gli strumenti per rispondere alle specifiche esigenze correlate alle diverse disabilità (sensoriali, motorie ecc.), molti ne restano ancora da adeguare. La città è ormai dotata di tutti mezzi accessibili sulle linee dei bus, ma non ancora su quelle dei tram e lo stesso dicasi per le linee della Metropolitana: la Linea 1 Rossa – la prima costruita – sta completando l’adeguamento, mentre le ultime realizzate, tra cui la 5 – la Lilla – è pienamente accessibile».

Tornando a parlare dell’Expo, vorremmo in particolare riferirci al positivo riscontro avuto rispetto alle presenze di persone con disabilità. Il bilancio tracciato dalle organizzazioni che hanno collaborato con la vostra Amministrazione è positivo, anche pensando al portale «ExpoFacile.it», vero punto di riferimento per le persone con disabilità e i loro accompagnatori. Ma come si potrà conservare e accrescere quest’ultimo “patrimonio”, nel percorso verso una Milano completamente accessibile?
«Dobbiamo fare in modo che ExpoFacile, con la sua infrastruttura tecnologica e tutti i suoi contenuti, ma anche le altre iniziative correlate come Milano Accogliente, il progetto per la sensibilizzazione e formazione di tante e diverse categorie di operatori, non vadano persi. Occorre cioè garantire la continuità a questa straordinaria esperienza di coprogettazione che ha unito due Istituzioni che si impegnano a finanziare e a tenere la regia complessiva (Regione Lombardia e Comune di Milano), un insieme di Associazioni che ne curano la realizzazione e una fondazione bancaria (Unicredit Foundation), tutti insieme in uno sforzo comune.
“Expofacile.it” ha raggiunto 255.000 accessi e 450 iscrizioni alla Piattaforma Milano Accogliente. Sono numeri che ci incoraggiano e ci obbligano ad andare avanti e in queste settimane stiamo ragionando su come proseguire, anche in raccordo con la Regione Lombardia».

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