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La carrozzina non limita, aiuta

Carlo Savini

Per Carlo Savini, giovane milanese con grave disabilità, che raggiunge tutti i giorni in autobus il suo liceo, la carrozzina elettrica è certamente un simbolo di libertà

Càpita sin troppo spesso di leggere: «costretto in carrozzina». O ancora: «confinato sulla sedia a rotelle». Parole sbagliate per un pensiero sbagliato. La carrozzina non limita. Mai. Aiuta. Senza carrozzina si sarebbe limitati, confinati, costretti all’immobilità.
La mente vola a quanto sia importante la carrozzina e a quel che significa leggendo la bella storia pubblicata in questi giorni dal «Corriere della Sera», quella del giovane Carlo Savini e dei suoi viaggi in autobus casa-scuola: 16 anni, con una malattia degenerativa, studente al liceo classico, che raggiunge tutti i giorni con i mezzi pubblici. E con la sua carrozzina elettrica. Simbolo della sua libertà.

Si tratta di un tema centrale, anche di comunicazione. La vita di chi ha disabilità è migliorata grazie agli ausili che sono nati nel tempo. A cominciare dalla carrozzina. «Costretto su una carrozzina? – ha scritto Simone Fanti in InVisibili, blog del “Corriere della Sera.it” -, chi lo ha detto. La sedia a rotelle è uno strumento, un ausilio, che può donare una libertà di movimento che altrimenti non si avrebbe. Tutti sicuramente preferiremmo alzarci e camminare, ma la realtà è differente e quella sedia che ci accompagna per tutta la vita diventa quasi un pezzo di noi».

Libertà: questa parola risuona quando si riflette sull’importanza di uno strumento quale è la carrozzina. «Io di me stesso – erano state le parole di Franco Bomprezzi su queste stesse colonne – scrivo sempre: “Vivo e lavoro in sedia a rotelle”. Vivo e lavoro, ossia sono libero, “grazie” alla carrozzina. Senza di lei sarei immobile, perché – questo è vero – non riesco a camminare, neppure se mi prendono a calci. Sono così dalla nascita, e dunque probabilmente ci faccio meno caso di altri. La carrozzina è quasi congenita, mi si adatta, o meglio io ormai aderisco alla sua superficie, la calzo come un guanto, la conosco perfettamente e, a dire il vero, la trascuro non poco, a causa della mia altrettanto congenita pigrizia».

Tutte le forme della carrozzina furono mostrate in quel terribile giorno del 2013 a Boston, quando la felicità della maratona fu spezzata da folli esplosioni di terrorismo. La carrozzina usata per lo sport degli atleti paralimpici si trasformò in quella per aiutare chi era stato straziato dalle bombe. «Quelle carrozzine che erano lì – avevo scritto io stesso nel blog InVisibili -, pronte per la maratona e per coloro che fossero arrivati troppo stanchi da non potersi reggere in piedi. Quelle carrozzine che sono servite ad altro: sopra i feriti, i corpi straziati, i volti sofferenti. Quelle carrozzine che sono apparse normalità, perché nelle situazioni di emergenza diventano il luogo del rifugio e dell’aiuto […]. La carrozzina è questo: da strumento a simbolo. Gioia e dolore stanno lì sopra. Può essere divertimento e aiuto».

Carlo Savini che studia al Liceo Parini di Milano e ha fatto montare una rampa per entrare dallo stesso ingresso di tutti, che non usa un autobus dedicato, ma i mezzi pubblici per muoversi da casa a scuola, che vuole vivere nella Barcellona dove si è imparata bene la disabilità grazie a una delle più belle Paralimpiadi di sempre. Ecco, Carlo mostra quanta bellezza ci sia in una sedia e le sue ruote, simbolo di libertà.

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Viva la carrozzina, simbolo di libertà”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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