Magari bastasse una app!

Il problema dell’accessibilità urbana continua ad essere un tasto particolarmente dolente per chi ha un deficit visivo. Pur apprezzando infatti l’utilità di una guida turistica consultabile tramite il proprio smartphone – come quella recentemente proposta in una città dell’Umbria – le persone con disabilità visiva rivendicano il proprio diritto a muoversi in quella e in tutte le altre città «in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia», come prescrivono le norme nazionali e internazionali

Particolare di persona con disabilità visiva e bastoneColgo l’occasione di un articolo apparso nei giorni scorsi sul «Corriere dell’Umbria», con un titolo ad effetto (Città accessibile per i non vedenti grazie a una app), ma purtroppo fuorviante, per fare una precisazione che ritengo necessaria in un àmbito poco conosciuto, persino dagli “addetti ai lavori”, quello cioè delle barriere senso-percettive che impediscono la mobilità autonoma e sicura delle persone con disabilità visiva.

Non si fa molto per eliminare le barriere architettoniche per le persone su sedia a ruote, ma almeno se ne parla abbastanza, anche sulla stampa. Invece, delle barriere percettive – anch’esse da eliminare in base alla legge – non se ne parla proprio.
Gli stessi Amministratori Pubblici, nel progettare nuovi lavori, raramente avvertono la necessità di installare sulla pavimentazione i segnali tattili prescritti dalla legge per assicurare la mobilità autonoma e la sicurezza di chi ha problemi di vista, consentendo loro di individuare le fermate dei bus, gli attraversamenti pedonali e la posizione dei pali semaforici sui quali dovrebbe essere presente il tasto per attivare l’avvisatore acustico del verde.
In tal modo succede che chilometri e chilometri di marciapiedi rifatti negli ultimi anni mancano di quelle poche piastre di segnali tattili necessarie e che, con le tecnologie avanzate attualmente disponibili, potrebbero anche essere semplicemente incollate rapidamente ed economicamente sulla pavimentazione. Anche gli scivoli, che ormai vengono realizzati abbastanza spesso a beneficio delle persone su sedie a ruote, sono quasi sempre fuori norma, perché non recano le piastre a rilievo LVE [Loges-Vet-Evolution, N.d.R.] del codice di pericolo valicabile, che devono consentire al cieco di sapere quando sta per lasciare la zona pedonale e inoltrarsi in quella carrabile e quindi pericolosa.
Non parliamo poi degli edifici pubblici di nuova costruzione o ristrutturati, che vengono pomposamente dichiarati “accessibili ai disabili”, con tanto di cartello con il simbolo della sedia a ruote, ma che non hanno i percorsi tattili a pavimento e le mappe a rilievo e che quindi non sono affatto accessibili ai disabili visivi e dovrebbero addirittura essere dichiarati inagibili a norma di legge. E lo stesso dicasi per le strutture private aperte al pubblico, come i centri commerciali, gli alberghi, le banche, i locali di spettacolo, gli ambulatori, gli impianti sportivi ecc.

Ecco allora un appello agli Amministratori Comunali e anche ai colleghi giornalisti: quando si fanno dei lavori e quando se ne parla sui giornali, per favore, ricordatevi che le barriere architettoniche non sono soltanto i gradini, ma anche la mancanza di segnali che rendono impossibile alle persone con disabilità visiva di muoversi autonomamente e in condizioni di sicurezza, come sarebbe loro garantito dalla Legge italiana e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità [ratificata in Italia con la Legge 18/09, N.d.R.].

Presidente nazionale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e vicepresidente dell’INMACI (Istituto Nazionale per la Mobilità Autonoma di Ciechi ed Ipovedenti).

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