Troppi malintesi, troppe “dimenticanze”

Malintesi, equivoci, difetti di comunicazione: diamo pure per buone le spiegazioni per quanto accaduto in questi giorni a Livorno e a Pozzilli (Isernia), dove due ragazzi con autismo delle scuole medie sono stati “dimenticati” dalla loro classe, al momento di andare in gita scolastica e accettiamo – quando arrivano – le scuse dei Dirigenti. Con la consapevolezza però, da parte di tutti, che in casi come questi si sta violando una Legge dello Stato, discriminando una persona e trattandola diversamente dai coetanei

Ragazzo alla finestra, fotografato di spalle. Foto in bianco e neroMalintesi, equivoci, difetti di comunicazione: diamo pure per buone le spiegazioni per quanto accaduto in questi giorni a Livorno e a Pozzilli (Isernia), dove due ragazzi con autismo delle scuole medie sono stati “dimenticati” dalla loro classe, al momento di andare in gita scolastica.
Diamole per buone, in particolare se accompagnate dalle scuse alla famiglia, come sembra sia accaduto in Molise, mentre convincono meno le affermazioni della Dirigente Scolastica di Livorno, che nel presentare il proprio istituto come un “campione di inclusione”, sembra quasi scaricare sulla famiglia stessa la responsabilità della “dimenticanza”.
E tuttavia un punto dev’essere chiaro e far sì che queste intollerabili “dimenticanze”, che purtroppo temiamo si ripeteranno ancora, vengano di volta in volta classificate per quello che sono, ovvero – al di là dei malintesi e delle doverose scuse – violazioni di una Legge dello Stato. Esattamente della Legge 18 del 2009 che ormai sette anni fa ratificò la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ove all’articolo 30 (comma 5, punto d), si scrive chiaramente: «Gli Stati adottano misure adeguate a […] garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed allo sport, incluse le attività previste dal sistema scolastico». Incluse quindi, ovviamente, le gite scolastiche.
Ci allineiamo pertanto a quanto pacatamente dichiarato dalla mamma del ragazzo di Livorno, vale a dire «crediamo nella buona fede degli insegnanti, ma queste cose non devono accadere», e quando accadono, aggiungiamo, possiamo dare per buoni i malintesi e accettare le scuse, ma con la consapevolezza da parte di tutti che una persona è stata discriminata e trattata diversamente dai coetanei.

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