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La paura di dire e la ricerca delle parole giuste

Locandina di "Parole dentro"Una nuova replica di Parole dentro, spettacolo liberamente ispirato all’Ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett, è in programma nella serata di oggi, 9 maggio, a Torino (Sala Expace, Via Mantova, 38, ore 20.30), nell’àmbito della rassegna teatrale Torino Fringe Festival, in corso di svolgimento nel capoluogo piemontese.
Si tratta della più recente realizzazione del Teatro Babel, esperienza nata nel 2013 come gruppo teatrale aperto ad attori afasici e studenti-attori in formazione, nell’àmbito del Laboratorio Teatrale Permanente del CIRP (Centro Intervento e Ricerca in Psicologia) della Fondazione Carlo Molo, impegnata anche nel settore delle ricerche neuroscientifiche, oltreché sulle tematiche legate all’identità di genere.

«Parole dentro – avevamo letto a suo tempo nella presentazione dello spettacolo, ciò che avevamo riferito anche in occasione di una precedente replica – racconta la paura di dire e la ricerca delle parole giuste per farsi ascoltare e trovare dagli altri. Quante parole non abbiamo pronunciato, quante frasi ci attraversano quotidianamente, quanti non detti? Queste le domande su cui ha lavorato il gruppo, incontrando persone accolte in un workshop teatrale e coinvolte dagli stessi attori afasici nell’esplorare il proprio silenzio, la propria fatica di esprimersi verbalmente. Un percorso teatrale e drammaturgico in cui si cerca, nel quotidiano, un’afasia emotiva comprensibile a tutti, perché il pubblico possa riconoscersi in quella fatica di dire con le parole, vissuta ogni giorno dalle persone afasiche».
«È un teatro senza parole – aveva spiegato Lorena La Rocca, ideatrice e regista di tutte le produzioni di Babel (ConversAzioni, Come guerrieri senza spada e Parole dentro) – anche se dire questo è riduttivo, perché le parole ci sono. Nasce cioè un ascolto fatto non solo di parole, ma anche di parole».
La Rocca è una regista che da anni ha scelto la strada, difficile e affascinante, del teatro sociale e qui porta in scena, come detto, attori che vivono la condizione di afasia, insieme a studenti del Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche e Logopedia dell’Università di Torino, ovvero i futuri “professionisti della cura”.

Le persone afasiche, è opportuno ricordare in conclusione, hanno un problema a convertire le rappresentazione mentali in qualcosa di fisico, attraverso una parola che non arriva. Si vede un tavolo, si sa che è un tavolo, non si associa la parola tavolo a quello che si vede. «L’afasia – si legge nel sito della Fondazione Molo – è una parola che deriva dal greco afasia, “mutismo”, e connota un’alterazione del linguaggio dovuta a lesioni alle aree del cervello deputate alla sua elaborazione. Le alterazioni possono riguardare vari aspetti del linguaggio: comprensione, produzione, ripetizione, strutturazione. Tra le cause più frequenti dell’insorgere dell’afasia: ictus, ischemia transitoria, emorragia cerebrale, processi espansivi (tumori), processi degenerativi (atrofie cerebrali). La disabilità che ne consegue intacca la sfera sociale e relazionale, ponendo molto spesso la persona afasica in una situazione di disagio, depressione e isolamento». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa Fondazione Carlo Molo (Daniela Trunfio), daniela.trunfio@fastwebnet.it.

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