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La poesia è viva e la disabilità se ne può giovare

Da sinistra: Ivan Tresoldi, Milton Danilo Fernández e Antonio Giuseppe Malafarina

Antonio Giuseppe Malafarina (a destra), durante l’incontro del 18 maggio a Milano con Ivan Tresoldi (a sinistra) e Milton Danilo Fernández

E parliamo di poesia. Per le persone con disabilità la poesia è sovente vista come uno strumento di riabilitazione. Un esercizio la cui pratica ti aiuta a stare meglio. Una sorta di “ginnastica” che porta a una miglior consapevolezza di te, ovvero a una migliore relazione col mondo.
Io penso che, fuor dal valore meramente terapeutico della disciplina, la poesia aiuti comunque a stare meglio. Può aiutare tutti perché produce bellezza, arte, e questo ha un intrinseco valore benefico. Io non sono un poeta, faccio solo versacci, lo sostengo da più di vent’anni, cioè da quando mi sono affacciato alla rima. Detto questo, recentemente sono tornato a questa passione con alcuni amici. Ne è emerso un diverso parlare di disabilità. Forse una strada nuova. Ugualmente intima e denunciante, ma più accessibile. A momenti divertente, persino.

Anche su queste pagine si è parlato qualche settimana fa del Cammino di Marcella, che è consistito in una staffetta per Milano costellata di tappe ad ognuna delle quali sono stati letti dei testi poetici. Il percorso, durato ventiquattr’ore, si è concluso al MUDEC (Museo delle Culture) di Milano e lì, in occasione del Festival Internazionale di Poesia, si è tenuta una sezione dedicata alla disabilità, con poeti disabili che hanno letto loro testi. Io fra loro.
Qualche giorno dopo è stata la volta di un incontro veramente diverso nel panorama della comunicazione sulla disabilità. Nell’àmbito infatti di un evento a favore della Fondazione Mantovani Castorina [Malafarina ne è presidente onorario, N.d.R.], ho intervistato Ivan Tresoldi, noto poeta di strada milanese, sulla sua attività e sul mondo dell’arte pubblica [se ne legga anche l’ampia presentazione pubblicata dal nostro giornale, N.d.R.].
In un gioco di botta e risposta improvvisato, lui ha intervistato me sulla disabilità e sul mio vissuto. Con questo siparietto dal registro serio, intercalato da sprazzi di sottile ironia, disabilità e arte si sono intrecciate in un nuovo stile comunicativo. Una modalità in cui ambedue si sono presentate totalmente popolari. Abbiamo eletto la disabilità ad argomento di intrattenimento, pur trattando tematiche difficili come la residenzialità delle persone con disabilità grave, i vuoti legislativi dello Stato e il pregiudizio. Siamo cioè riusciti a intercettare l’interesse di quella parte di pubblico che solitamente non frequenta gli incontri dedicati alla disabilità, privandosi degli strumenti per comprendere la materia. Potere della poesia, perché il filo conduttore è stato questo.

Ancora qualche giorno e sempre a Milano, con padrone di casa Tresoldi, presso Artkademy, organizzazione creativa e solidale che interpreta l’arte come propulsore di cambiamento culturale, ecco partire, in collaborazione con Discovery Italia, l’iniziativa Muri DiVersi. In occasione, cioè, del 21 Maggio, Giornata Mondiale dell’Unesco della Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo, Real time, Artkademy, le Associazioni Fare x bene e Mit (Movimento identità transessuale) e la Fondazione Mantovani Castorina hanno consegnato alla città cinque muri dipinti su tre temi: Disabilità, Diversità di genere e Diversità culturale.
Il progetto può essere seguito sul canale Web Dplay di Discovery a partire dalla prima puntata, che si può vedere cliccando qui e che illustra il lavoro e gli artisti coinvolti.
Non nascondo che quella di portare il tema della disabilità sui muri di Milano è un’idea per cui mi sono impegnato personalmente con Ivan Tresoldi e con Discovery già da qualche anno. Questo perché credo che la disabilità debba entrare attraverso le vie più ampie nella vita della gente comune, affinché possa liberarsi di quel velo di ignoranza che è causa di pregiudizio e mancata inclusione. L’arte è un mezzo per arrivare alla gente. E la poesia, che in gran parte compare sui muri donati alla città, è un mezzo efficace per fare riflettere. Soprattutto i giovani.

Riporto qui alcune parole di Milton Danilo Fernàndez, attore, regista teatrale e scrittore uruguaiano, creatore del primo festival di poesia di Milano, a proposito del citato Cammino di Marcella: «Perché questo Cammino, questo mettersi in marcia per arrivare in un dove dal quale subito dopo ripartire, è una bellissima iniziativa nata sulla scia della sofferenza, un’affermazione della vita contro il vuoto dell’indifferenza, un modo di affrontare il quotidiano a viso aperto, in strada, presi per mano».
Ecco, credo che in queste parole ci sia il senso di questo mio partecipare alla poesia, tanto da scrivere versi, da proporla come nuova via di comunicazione sulla disabilità e da volerla in giro per i muri della città. La poesia è viva. Noi pure. La disabilità se ne può giovare.

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Poesia e disabilità, un binomio di novità”, e qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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