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Contano più i titoli o “una faccia un po’ così”?

Maria Erminia Maglio e Giovanni Maglio

Maria Erminia Maglio insieme al padre Giovanni, docente anch’egli

Tutto sommato la questione non sembra poi così complessa e ruota attorno a un semplice quesito: contano più i titoli o “una faccia un po’ così”, come si descrive la stessa protagonista di una vicenda che è arrivata in queste settimane anche sul tavolo del Ministero dell’Istruzione, dopo l’interessamento di alcuni Parlamentari? Maria Erminia non ha dubbi e alla testata «Ottopagine.it» dichiara: ««È una questione di tutela della persona e rispetto dei diritti. Mi sono sentita discriminata. Offesa e umiliata, non tanto come donna, ma come docente, come professionista. L’identità culturale di una persona non può essere valutata dal suo aspetto».

Trentaduenne avellinese, Maria Erminio Maglio ha una laurea magistrale in Produzione Animale, ottenuta con il massimo dei voti, più il dottorato triennale con abilitazione alla libera professione di agronomo e abilitazione all’insegnamento. All’inizio dello scorso anno scolastico, viene nominata supplente di Esercitazione Agraria presso un Istituto di Brescia, ma il Dirigente Scolastico di quest’ultimo le chiede di sottoporsi ad accertamenti medici, pur essendone già stata certificata la piena idoneità all’insegnamento sia dall’ASL di Avellino che dall’Università di Napoli, e pur essendo lei già stata commissario esterno agli esami di maturità, in una scuola della Puglia.
Qual è il problema? Che Maria Erminia soffre di ptosi (abbassamento) palpebrale e semiparesi dei muscoli facciali, ciò che a quanto sembra potrebbe essere ritenuto «diseducativo» dal Dirigente Scolastico dell’Istituto bresciano.
La giovane insegnante accetta comunque di sottoporsi a visita presso l’ASL di Brescia la cui Commissione ne conferma l’idoneità, non però ad accompagnare gli studenti nelle esercitazioni presso le aziende agricole. E così accade, fino al mese di dicembre, quando il docente che precede Maria Erminia nella graduatoria rifiuta definitivamente l’incarico. «A quel punto – spiega il padre della giovane, docente anch’egli – in base allo scorrimento della graduatoria ministeriale, l’incarico di supplenza toccava a mia figlia, per tutto l’anno e invece è stata invitata ancora una volta a rifiutare l’incarico».

Come detto, la vicenda diventa rapidamente nazionale, con il deputato Angelo Antonio D’Agostino che alla testata «il Ciriaco.it» dichiara: «Il preside dell’Istituto avrebbe messo in discussione l’abilità all’insegnamento della docente solo per il suo aspetto fisico. Circostanza che, se accertata, costituirebbe una discriminazione da censurare con forza. L’aspetto fisico non può essere un parametro di valutazione per stabilire chi può e chi non può insegnare».
Dal canto suo, anche il deputato Giancarlo Giordano dichiara di essere «impegnato a seguire il caso per accertare eventuali irregolarità», mentre dagli uffici del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, come detto, farebbero sapere che «le verifiche sono in corso e che a breve potrebbe esserci una convocazione delle parti, per valutare casi, opinioni e dichiarazioni sia della docente che del dirigente in questione».

A questo punto, dunque, non ci resta che attendere gli sviluppi della situazione, sperando anche noi di ricevere una risposta alla nostra domanda iniziale e riflettendo nel frattempo su cosa possa essere veramente diseducativo. E anche a chiederci, con un pizzico di curiosa malizia, cosa mai potrebbe succedere, a tutti i livelli della Pubblica Amministrazione, se davvero un giorno l’aspetto fisico dovesse diventare l’unico criterio per la scelta di determinati incarichi…

Ringraziamo Simona Lancioni per la segnalazione.

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