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Scoperta una potenziale “spia” della sclerosi multipla

Mielina

Un’immagine della mielina, la struttura che riveste i neuroni, garantendone
il funzionamento, e che risulta danneggiata nella sclerosi multipla

All’interno delle cellule, sono le molecole di “micro-RNA” a regolare la produzione di proteine e la loro attivazione, intervenendo in moltissimi processi fondamentali. Ecco perché quando queste molecole si comportano in modo anomalo, possono contribuire all’insorgenza di malattie anche gravi, come alcune forme di tumore.
In uno studio recentemente pubblicato dalla rivista «Scientific Reports» (gruppo «Nature»), viene svelato il ruolo chiave di una di queste molecole (miR-125a) nel consentire la corretta produzione di mielina, ovvero della struttura che riveste i neuroni, garantendone il funzionamento, e che risulta danneggiata nella sclerosi multipla.
La ricerca è stata condotta dal gruppo di Maria Pia Abbracchio del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università di Milano, in collaborazione con il team di Roberto Furlan, neurologo e ricercatore della Divisione di Neuroscienze dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Dal momento, quindi, che queste molecole di micro-RNA vengono rilasciate nel sangue dalle cellule che le producono, diventando così rilevabili attraverso un prelievo, miR-125a si candida a diventare un potenziale marcatore della sclerosi multipla, ovvero una sostanza “allarme” capace di anticipare l’insorgenza della malattia a cui è associata o di predirne la progressione nel paziente in cui viene rilevata.

Scendendo ulteriormente nel dettaglio dello studio, si può dire in sostanza come a lungo si sia creduto che la funzione dell’RNA fosse soltanto quella di portare l’informazione genetica del DNA dal nucleo ai ribosomi, gli organuli cellulari dove poi viene tradotta in proteine. In realtà, l’RNA – come si sta rivelando sempre di più – svolge molte altre funzioni, oltre a quella di “messaggero dell’informazione genetica”. Alcune molecole di micro-RNA, infatti, dette RNA non-codificante, anziché fare “da stampini” per la produzione delle proteine, agiscono come regolatori molecolari di svariate funzioni, tra cui l’espressione dei geni e l’attivazione e proliferazione delle cellule.
Con la ricerca di cui si parla, è stato dimostrato per la prima volta – come detto – che la molecola denominata con la sigla miR-125a, già nota per essere coinvolta nella formazione di alcuni tipi di tumore, regola i tempi di maturazione delle cellule staminali neurali in oligodendrociti, vale a dire le cellule produttrici di mielina. Questo meccanismo di regolazione risulta alterato nella sclerosi multipla, malattia in cui la mielina dei pazienti viene attaccata dal loro stesso sistema immunitario, generando lesioni e interruzioni della trasmissione dei segnali nervosi, che possono portare a gravi deficit motori e sensoriali, fino alla paralisi.
Nella sua forma più comune, la sclerosi multipla procede attraverso un’alternanza di fasi “acute”, caratterizzate da sintomi neurologici, e fasi “di remissione”, durante le quali sembra spenta. E nello studio in questione si dimostra appunto che – nel liquido cerebrospinale di persone con sclerosi multipla – i livelli di miR-125a sono più elevati in presenza di lesioni “attive” rispetto ai soggetti sani.
In altre parole, una quantità eccessiva di miR-125a sembra rallentare lo sviluppo delle cellule nervose, che è il responsabile del mantenimento della guaina mielinica, cosicché per confermare l’osservazione, il gruppo di ricercatori ha silenziato miR-125a, dimostrando come in mancanza di questa molecola, la produzione di mielina acceleri in modo consistente.
I risultati della ricerca suggeriscono così che la misura della quantità di miR-125a nel sangue possa consentire di prevedere e anticipare la comparsa delle diverse fasi della malattia, con vantaggi immaginabili, sia per la prevenzione della riacutizzazione, sia per il trattamento di essa.

«L’alterazione di miR-125a nei liquidi biologici delle persone con sclerosi multipla – sottolinea Davide Lecca, primo autore dello studio –  rappresenta il punto di partenza per studi clinici più estesi, in cui i livelli di questo marcatore potranno essere seguiti nel tempo nello stesso soggetto, per verificare come vengano influenzati dalla progressione della malattia e dalle terapie, e confermare quindi se ci troviamo di fronte a un biomarcatore utile per la diagnosi o la prognosi della malattia».
«Non escludiamo inoltre – aggiunge Maria Pia Abbracchio – che l’aumento di miR-125a possa di per sé contribuire alla progressione della malattia, candidandolo così anche a nuovo potenziale bersaglio per interventi farmacologici».

Da ricordare in conclusione che la ricerca è stata finanziata dalla FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che agisce a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e dalla Fondazione Cariplo (ricerca biomedica condotta da giovani ricercatori, n° 2014-1207). (B.P. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Barbara Erba (barbaraerba@gmail.com).

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