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Attenzione alle persone con patologie multiple!

Mano di donna malata e di medico in ospedale

Oggi la maggior parte dei pazienti con una patologia o condizione cronica è affetto da almeno un’ulteriore cronicità: sono i casi in cui si parla di “multimorbidità”, che di fatto è praticamente la norma tra le persone anziane

È approdato proprio oggi alla Camera, in vista dell’approvazione finale, il Disegno di Legge n. 2224 (e connessi), riguardante Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario, che all’articolo 5 recita tra l’altro: «Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida».
«Le linee guida – dichiara a tal proposito Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, l’organizzazione costituita dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, che qualche anno fa ha lanciato anche la campagna Salviamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – forniscono raccomandazioni basate sulle evidenze scientifiche e norme di buona pratica clinica per informare le decisioni di tutti i professionisti sanitari: tuttavia occorre tenere sempre ben presente che non si tratta di protocolli rigorosi da applicare in maniera indiscriminata, ma è necessario considerare sempre le caratteristiche cliniche del paziente individuale, oltre che le sue aspettative e preferenze».

La questione che la Fondazione GIMBE intende sollevare è quella della cosiddetta “multimorbidità”, come si spiega in una nota diffusa dalla Fondazione stessa: «Oggi – vi si legge – la maggior parte dei pazienti con una patologia o condizione cronica è affetta da almeno un’ulteriore cronicità: la multimorbidità, che di fatto è la norma tra gli anziani, riduce la qualità di vita e aumenta mortalità, polifarmacoterapia, reazioni avverse a farmaci e accessi non programmati ai servizi sanitari. I pazienti affetti da patologie multiple rappresentano inoltre un’ardua sfida per i servizi sanitari, perché vengono spesso assistiti in maniera frammentata da vari professionisti attraverso diversi setting (cure primarie, specialistica ambulatoriali, ospedale, domicilio, etc.), con inevitabili problemi di coordinamento e comunicazione».
«Nei soggetti con multimorbidità – sottolinea Cartabellotta – il bilancio tra rischi e benefìci dei trattamenti è spesso incerto, visto che le prove di efficacia derivano per lo più da trial condotti su popolazioni selezionate, che tendono a escludere pazienti con patologie multiple. Di conseguenza, le linee guida elaborate per singole malattie raccomandano test diagnostici e trattamenti potenzialmente non indicati nei pazienti con multimorbidità, aumentando i rischi, peggiorando la qualità di vita e generando ingenti sprechi».

Considerata dunque la necessità di riorganizzare l’assistenza sanitaria per i pazienti con patologie multiple, GIMBE ha realizzato la versione italiana delle Linee Guida del NICE, il National Institute for Health and Care Excellence della Gran Bretagna, per l’identificazione e il trattamento dei pazienti con multimorbidità.
«È inaccettabile – precisa a tal proposito il Presidente della Fondazione – costringere i pazienti con patologie multiple a “rimbalzare” tra vari specialisti, servizi e setting assistenziali: occorre abbandonare l’approccio basato sulla gestione della singola malattia in favore di quello orientato alla multimorbidità, indipendentemente dalla variabilità dei modelli organizzativi regionali e aziendali per gestire la cronicità».

«L’approccio orientato alla multimorbidità – ricordano ancora da GIMBE – richiede innanzitutto di definire le priorità della persona, di valutare l’impatto delle singole patologie, condizioni e terapie e di definire insieme al paziente un piano terapeutico personalizzato, riportando nella documentazione clinica le azioni da intraprendere: dall’individuazione del coordinatore del piano terapeutico all’introduzione, interruzione, sostituzione di farmaci e terapie non farmacologiche, dalla riorganizzazione dei controlli periodici all’identificazione precoce di variazioni dello stato di salute, dal follow-up per rivalutare il piano terapeutico condiviso alla valutazione di altri aspetti rilevanti per il paziente».
«In questo processo – conclude Cartabellotta – è molto importante condividere copia del piano terapeutico con il paziente e, previo consenso, con altri soggetti coinvolti nell’assistenza (professionisti sanitari, familiari, caregiver). Questa raccomandazione diventa fondamentale per la tutela medico-legale, perché alla maggior parte dei pazienti con patologie multiple, le linee guida, anche se di elevata qualità, non sono applicabili e rischiano di trasformarsi in un boomerang». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@gimbe.org.

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