Il vero scandalo è la continuità negata

Nel replicare a un articolo della «Repubblica», Gianluca Rapisarda sottolinea come «anziché inseguire falsi problemi, i Sindacati e l’ANIEF dovrebbero battersi con maggiore decisione per un piano a lungo termine di stabilizzazione e assunzione dei docenti di sostegno, per il loro definitivo passaggio dall’attuale organico di fatto a quello di diritto e per il loro vincolo al ciclo di istruzione dell’alunno con disabilità, tutti interventi strutturali e di sistema che purtroppo non sono previsti dalla tanto pontificata nuova riforma dell’inclusione, con buona pace della continuità didattica»

Bimbo alla lavagna con aria corrucciataPrendo spunto da un recente articolo di Salvo Intravaia, apparso ieri, 11 aprile, sulle pagine della «Repubblica», intitolato Docenti di sostegno: con la Buona Scuola li confermano le famiglie.
Nel suo pezzo, il giornalista, parlando della Delega sull’inclusione licenziata qualche giorno fa dal Consiglio dei Ministri, riferisce dei dubbi e delle perplessità sollevati dalle organizzazioni sindacali e dall’Associazione ANIEF, in particolare sul comma 3 dell’articolo 14 del nuovo Decreto [in origine comma 3 dell’articolo 16 dello Schema di Decreto iniziale, Atto del Governo n. 378, successivamente modificato, N.d.R.]. A loro dire, infatti, quell’articolo “incriminato” aprirebbe alle famiglie la possibilità di intercedere a favore di questo o quel bravo supplente, che nel corso dell’anno scolastico si sia contraddistinto per il suo lavoro con l’alunno disabile.
Effettivamente, il testo stabilisce che «al fine di agevolare la continuità educativa e didattica e valutati, da parte del dirigente scolastico, l’interesse dell’alunno e l’eventuale richiesta della famiglia, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico possono essere proposti, non prima dell’avvio delle lezioni, ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo». La protesta dei Sindacati e dell’ANIEF si fonda quindi sulla loro convinzione che la scelta di un lavoratore pubblico non possa essere fatta da chi non ha competenze per valutare la didattica speciale.

Pur rispettando quanto eccepito dal mondo sindacale e dall’ANIEF, mi permetto di non condividerne le critiche. Non concordo con loro, perché innanzitutto quanto stabilito da quell’articolo è soltanto una possibilità, che dovrà essere regolamentata dal Ministero con un apposito Decreto e, soprattutto, perché credo che in merito al provvedimento sull’inclusione uscito il 7 aprile scorso dal Consiglio dei Ministri, essi abbiano “sbagliato bersaglio”. Fossi in loro, infatti, concentrerei le mie energie e profonderei tutti gli sforzi per impedire ed evitare una volta per tutte che nel mondo della scuola si continui ancora a parlare di «supplenti a contratto determinato», dal momento che il vero “scandalo” del sostegno italiano è che – malgrado la neonata Delega – il Ministero insista pervicacemente con i docenti di sostegno supplenti (loro sì privi di competenze specifiche sulla didattica inclusiva).
Tale perverso meccanismo corporativo va denunciato con forza, in quanto va a solo detrimento dei bisogni educativi degli alunni con disabilità e pregiudica loro la garanzia di un’effettiva continuità didattica. Infatti, a parere di chi scrive, è proprio la continuità negata agli allievi con disabilità e non la possibilità di scelta da parte delle famiglie del supplente precario (confermabile tra l’altro solo per una volta e con contratto determinato), la reale occasione mancata del Decreto sull’inclusione, ciò che mi fa affermare con molta amarezza e rammarico che per i nostri ragazzi, la “Buona Scuola” esista solo sulla carta.

Queste mie considerazioni sono desolatamente confermate dagli sconfortanti dati in nostro possesso. Durante il corrente anno scolastico, infatti, il 43% dei 235.000 alunni con disabilità presenti nelle classi di ogni ordine di scuola hanno cambiato il docente di sostegno e questa grave situazione determina di fatto l’impossibilità di assicurare loro quella continuità didattica che risulta essere un fattore determinante per favorirne il successo formativo.
Tale problema, a mio parere, scaturisce dal fatto che numerosi posti di sostegno vengono attribuiti “in deroga” e cioè a docenti supplenti con contratto a tempo determinato (criticità che sarebbe aggravata e non risolta dal citato articolo 14, comma 3 del Decreto sull’inclusione): in tal senso la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha stimato lo scorso anno che quasi il 40% dei posti siano coperti tuttora da docenti precari.
Il fatto è che l’enorme domanda di insegnanti di sostegno – circa 120.000 in servizio di cui il 60% circa di ruolo – ha letteralmente mandato in tilt il sistema scolastico territoriale. Diversi Uffici Scolastici Regionali – con aberranti e raffazzonate disposizioni – hanno addirittura dato la possibilità di coprire i posti residuati sul sostegno a insegnanti di classi di concorso in esubero o che si trovano “in assegnazione provvisoria”, paradossalmente non abilitati al sostegno.
Si ricordi a tal proposito la Nota Ministeriale Protocollo n. 24306 del 1° settembre 2016, che recitava testualmente: «In caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati sono assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia». Migliaia di cattedre di sostegno sono state perciò affidate a docenti senza alcun tipo di specializzazione, costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai giudici per dare un’istruzione adeguata ai loro figli.
A ciò si aggiunga che – nonostante la previsione del nuovo Decreto sull’inclusione, riguardante il “blocco” decennale dei docenti per il sostegno (si badi bene, però, solo nel medesimo ruolo e non nella stessa scuola, con la possibilità, inoltre, di ridurlo nel numero degli anni) – la continuità didattica sarà ancora una chimera, se non addirittura una “presa in giro”, senza il vincolo per gli insegnanti di sostegno di permanenza con il medesimo alunno/studente con disabilità per tutto il suo segmento formativo (previsto dalla Legge della Buona Scuola, ma inspiegabilmente non adottato nel Decreto Attuativo della stessa). È questa la continuità didattica prevista dalla nuova Legge sul sostegno e ripetutamente decantata dalla ministra Valeria Fedeli?

È inutile, pertanto, che le parti sindacali e l’ANIEF continuino ad inseguire falsi problemi e a non battersi invece con maggiore decisione per un piano a lungo termine di stabilizzazione e assunzione dei docenti di sostegno, per il loro definitivo passaggio dall’attuale organico di fatto a quello di diritto e per il loro vincolo al ciclo di istruzione dell’alunno.
La cosa più deludente è che purtroppo neppure la tanto pontificata nuova riforma prodotta il 7 aprile dall’Esecutivo prevede questi interventi strutturali e di sistema, e a questo punto, senza nessun ormai improbabile cambiamento in corso d’opera da parte del Ministero, temo proprio che si farà in modo di perpetuare il sistema attuale, sulla base del quale la maggior parte degli allievi con disabilità sono costretti, ogni anno, a cambiare docente di sostegno e a ricominciare tutto da capo, con buona pace di un loro proficuo processo di inclusione.

Direttore scientifico dell’IRIFOR (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti). Per informazioni: direttorescientifico@irifor.eu.

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