Così le città potranno diventare accessibili a tutti

L’accessibilità come requisito dei vari piani e progetti, al pari di altri già assimilati nelle prassi ordinarie (requisiti tecnici, funzionali, parametri dimensionali); una formazione da incrementare ed estendere a tecnici, amministratori e politici, coinvolgendo anche le scuole; la mancata programmazione degli interventi quale principale criticità: sono stati questi i punti fondamentali emersi durante il workshop “Buone pratiche delle città accessibili, esperienze e prospettive in Italia, indirizzi per un Progetto Paese”, recentemente organizzato dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica)

Foto-simbolo del "Progetto Paese Città accessibili a tutti", promosso dall'INU (foto di Sebastiano Rossi)

Immagine simbolo del “Progetto Paese Città accessibili a tutti”, promosso dall’INU (foto di Sebastiano Rossi)

«La formazione rivolta a tecnici, amministratori e politici, coinvolgendo anche le scuole, è stato il suggerimento maggiormente condiviso nel corso della discussione, in cui si è affrontato quello che è considerato il principale problema inerente la città inclusiva: la mancanza di programmazione degli interventi. La formazione diffusa, infatti, favorirebbe, come minimo, un’applicazione corretta della normativa cogente e, soprattutto, una migliore qualità progettuale delle soluzioni».
A dichiararlo è Piera Nobili, vicepresidente di CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità), che ha coordinato uno dei tavoli di lavoro del workshop Buone pratiche delle città accessibili, esperienze e prospettive in Italia, indirizzi per un Progetto Paese, incontro di studio svoltosi alla fine di maggio a Roma, nell’àmbito della Biennale dello Spazio Pubblico, organizzata dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e del quale sono ora disponibili online i vari materiali prodotti durante i relativi tavoli di lavoro.

Il workshop – nel corso del quale sono state presentate e discusse una sessantina di buone pratiche sull’accessibilità, realizzate in tutta Italia – rientrava tra le iniziative previste dal programma biennale dell’INU Progetto Paese Città accessibili a tutti, che si concluderà nel 2018, condotto in collaborazione con importanti Enti e Istituzioni, oltreché con il supporto di alcune Sezioni Regionali della stessa INU (in particolare di Marche, Toscana e Umbria).
L’incontro, come si può leggere nell’ampia sintesi prodotta da Iginio Rossi della Giunta Esecutiva dell’INU, coordinatore di Progetto Paese Città accessibili a tutti (testo di cui suggeriamo caldamente la consultazione a questo link), «ha proposto per la prima volta un momento di sintesi generale e ancora di più, non essendoci ancora una divulgazione “strutturata” delle esperienze sull’accessibilità per tutti, ha anche avviato per la prima volta la formazione di maggiori conoscenze e di reti di saperi e pratiche a livello nazionale».

Tra gli altri significativi passaggi della sintesi di Rossi, va ricordato anche quello in cui si parla della necessità di «desettorializzare il tema dell’accessibilità». Per questo «anche il PEBA, Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche, va riportato all’interno della pianificazione generale». In altre parole, «piani e progetti dovrebbero assumere il tema dell’accessibilità come un input e un requisito prestazionale, al pari di altri requisiti già assimilati nelle prassi ordinarie (requisiti tecnici, funzionali, parametri dimensionali, ecc.)».
E infine: «La formazione alle diverse scale deve essere incrementata ed estesa, in particolare devono essere aggiornate le attività del controllo di esecuzione delle opere, e perseguita l’integrazione tra saperi tecnici e soprattutto deve essere sviluppato il tema dell’accessibilità per tutti nell’ottica della sua multidisciplinarietà che riguarda l’architettura, l’urbanistica, il sociale, la sanità, la cultura, l’economia e che, proprio in virtù di questi caratteri così diffusi, si presta essere trattato nel senso di una strategia civica nazionale nelle diverse occasioni professionali, scolastiche, amministrative nelle declinazioni politiche e tecniche, imprenditoriali, del volontariato, ecc». «Utili sinergie – conclude Rossi – possono essere attivate fra università, associazioni ed enti pubblici al fine di “praticare” forme sempre più congiunte di formazione». (S.B.)

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