Una buona cooperazione allo sviluppo fa bene a tutte le persone con disabilità

«Se con i progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo – scrive Giampiero Griffo, concludendo la sua ampia analisi sulle azioni in questo settore – verrà rafforzata la voce delle persone con disabilità, per tutelarne i diritti umani nelle politiche nazionali e internazionali, ne beneficeranno anche le persone con disabilità in Italia. Essere infatti consapevoli che il movimento mondiale delle persone con disabilità opera in tutti i Paesi dà maggiore consapevolezza anche al movimento italiano, che dalle esperienze di azioni maturate in altri Stati può trovare nuove idee e motivazioni»

Mostra “Diritti accessibili. La partecipazione delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo"

Immagine tratta dalla mostra “Diritti accessibili. La partecipazione delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo”

Nel mondo le persone con disabilità sono più di un miliardo (il 15% della popolazione mondiale, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’82% di esse vivono in Paesi in Cerca di Sviluppo. Il 95% di quelle che vivono nei Paesi poveri non hanno accesso ai servizi riabilitativi e sanitari (380 milioni di persone) né ad appropriati servizi di base, mentre più dell’85% nel mondo non hanno un impiego e solo il 5% dei minori con disabilità hanno potuto accedere a un’educazione formale (l’Unicef calcola in oltre100 milioni i bambini esclusi dalle scuole).
La condizione di disabilità è causa ed effetto di povertà, perché le persone con disabilità sono soggette a discriminazioni e a mancanza di pari opportunità, che ne producono una limitazione alla partecipazione sociale e violano ogni giorno i loro diritti umani.
La visione negativa che la società trasferisce sulle persone con disabilità produce un fortissimo stigma sociale, che ha conseguenze in tutti i campi della vita economica, culturale, politica e sociale.
E ancora, in caso di guerra, di catastrofi naturali o causate dall’uomo, le persone con disabilità sono le prime a patire le terribili conseguenze delle emergenze, spesso con la morte e la mancanza di attenzione alla loro condizione. Hanno infatti il triplo di probabilità di morire e a causa delle catastrofi, una cospicua percentuale della popolazione colpita vive condizioni di disabilità.
Per tutto ciò, dunque, si può dire che le persone con disabilità rappresentino i “più esclusi fra gli esclusi”, i “più discriminati fra i discriminati”, i “più poveri tra i poveri”. In termini quantitativi, le persone con disabilità che vivono nei Paesi in Cerca di Sviluppo rappresentano più di un terzo dei più poveri del mondo.

L’attenzione che la comunità internazionale ha prestato alla condizione delle persone con disabilità è andata crescendo, prima con l’anno 1981 dedicato dall’ONU alle persone con disabilità, poi con la Decade 1982-1991 per le Persone con Disabilità (1); è stata quindi la volta delle Regole Standard per l’Uguaglianza di Opportunità delle Persone con Disabilità (1993) (2) e infine dell’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006) (3). Quest’ultima ha rappresentato una vera e propria rivoluzione all’interno del dibattito internazionale, spostando la visione della condizione delle persone con disabilità da un modello medico a un modello sociale della disabilità stessa, basato sul rispetto dei diritti umani.
Proprio la Convenzione ha inserito all’articolo 32 il tema della cooperazione allo sviluppo, introducendo novità nel metodo e nei contenuti delle azioni e dei progetti e l’articolo 11 sul rispetto dei diritti delle persone con disabilità in caso di situazioni di emergenza.

Cooperazione allo sviluppo e persone con disabilità
Da vari anni a livello internazionale sono stati sollevati i problemi di un utilizzo dei fondi della cooperazione internazionale rispettoso dei diritti delle persone con disabilità. Infatti, da un lato le attività di cooperazione allo sviluppo non si occupano delle persone con disabilità (una ricerca ha fatto emergere che nei Paesi dell’Unione Europea circa il 2-5% dei fondi è destinato a progetti indirizzati specificamente a persone con disabilità); dall’altro, i progetti finanziati dalle Agenzie Nazionali e Internazionali non includono il mainstreaming della disabilità nelle attività ordinarie, garantendo accessibilità e pari opportunità [per “mainstreaming” si intende qui il fatto che le questioni legate alla disabilità debbano essere prese in considerazione tanto nella pianificazione quanto nell’esecuzione di tutte le politiche che abbiano un certo impatto sulla società, N.d.R.].
Il tema è diventato obiettivo delle iniziative delle organizzazioni di persone con disabilità ed è stato posto all’ordine del giorno dei Governi, delle Agenzie e dei donatori internazionali.
Oggi le Nazioni Unite includono le persone con disabilità all’interno delle loro politiche di prevenzione e intervento in caso di catastrofi naturali e create dall’uomo (tenendo conto dei 65 milioni di persone costrette ad abbandonare le loro case dopo tali eventi, si parla di quasi 10 milioni di persone con disabilità). Infatti, il documento Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030 impegna gli Stati ad intervenire verso queste persone in caso di emergenze, coinvolgendo le Associazioni di persone con disabilità nella progettazione, primo intervento e assistenza alle vittime.

Giampiero Griffo in India, per un progetto coordinato dalla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo)

Giampiero Griffo in India, per un progetto coordinato dalla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo) (immagine tratta dalla mostra “Diritti accessibili. La partecipazione delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo”)

Gli stessi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU (Sustainable Development Goals, ovvero SDGs), vale a dire la politica internazionale su cui si basa lo sviluppo economico, sociale, ambientale e umano di tutti i Paesi del mondo, citano in vari punti le persone con disabilità, che devono beneficiare di tutti gli avanzamenti della società. Non a caso lo slogan alla base dei 17 Obiettivi e delle 169 Azioni degli SDGs è che «nessuno rimanga indietro».

Anche la Commissione Europea ha riconosciuto questo approccio a due binari nelle proprie Linee Guida sulla Disabilità e la Cooperazione allo Sviluppo (4). Inoltre, una Risoluzione del Parlamento Europeo del gennaio 2006 impegna la Commissione Europea ad essere più attiva su questo tema e a prendere misure concrete per attuare le Linee Guida nei futuri programmi tematici e geografici (5).
In tal senso, già la decisione di EuropeAid (6) di impegnare nel periodo 2007-2013 il 20% delle proprie risorse per progetti sociali è un primo impegno. Inoltre, è in corso di svolgimento un progetto finanziato proprio dalla Commissione Europea, che coinvolge dodici Paesi, e che promuove iniziative riguardanti il mainstreaming della disabilità nella cooperazione allo sviluppo (7).
L’anno scorso, infine, il Consensus Europeo sugli Aiuti Umanitari e quello sulla Cooperazione Internazionale hanno incluso l’attenzione alle persone con disabilità.
Sulla base di questo dibattito internazionale e di iniziative di progetti in vari Paesi europei (8), alcune Agenzie Nazionali Governative hanno definito documenti di indirizzo sul tema (9).

L’approvazione della Convenzione ONU ha segnato, come detto, un momento di svolta nell’attenzione ai diritti delle persone con disabilità anche sulle politiche di cooperazione allo sviluppo. L’articolo 32 di essa, infatti, ha introdotto nuovi princìpi nelle attività di questo àmbito.
In particolare, riconoscendo il ruolo delle organizzazioni di persone con disabilità nelle attività di cooperazione allo sviluppo, sulla base del principio Niente su di Noi senza di Noi, quell’articolo prevede che la cooperazione internazionale:
° Includa le persone con disabilità e garantisca l’accessibilità degli interventi alle stesse persone con disabilità, compresi i programmi di sviluppo internazionali.
° Agevoli e sostenga la formazione di capacità di azione, anche attraverso lo scambio e la condivisione di informazioni, esperienze, programmi di formazione e buone pratiche.
° Agevoli la cooperazione nella ricerca e nell’accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche.
° Fornisca, nella misura appropriata, assistenza tecnica ed economica, anche agevolando l’accesso e la condivisione di tecnologie accessibili e di assistenza e tramite il trasferimento di tecnologie.

Oggi, la cooperazione italiana è tra le più avanzate sul tema, con un Piano d’Azione sulla Disabilità, definito nel 2013, con specifiche Linee Guida (ora al terzo aggiornamento) e con una serie di documenti che si sono occupati di garantire l’accessibilità in tutti i progetti finanziati dalla cooperazione italiana. E da ultimo, ma non ultimo, con un Vademecum, il primo di uno Stato, sull’inclusione delle persone con disabilità negli aiuti umanitari, con una particolare attenzione all’educazione inclusiva.

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Immagine tratta dalla mostra “Diritti accessibili. La partecipazione delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo”

La RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo)
Nel 2011 è nata la RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), mettendo insieme due organizzazioni non governative di cooperazione (AIFOAssociazione Italiana Amici di Raoul Follereau e EducAid) e due organizzazioni di persone con disabilità (DPI Italia-Disabled Peoples’ International e FISHFederazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), proprio partendo dall’articolo 4, comma 3 della Convenzione ONU: «Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative».
Il modello della RIDS, il primo al mondo di questo tipo, ha accelerato il processo di attenzione della cooperazione italiana verso le persone con disabilità. La stessa RIDS, infatti, ha contribuito allo sviluppo del Piano d’Azione e dei documenti sopracitati in maniera sostanziale, partecipando al Tavolo di Concertazione Ministeriale sul tema.

Nel Manifesto che è alla base della nascita della RIDS si sottolinea: «l’alleanza strategica tra organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo ed associazioni competenti di persone con disabilità, riconoscendo i rispettivi saperi e capacità; l’inclusione delle persone con disabilità nei progetti, garantendo l’accessibilità degli interventi alle stesse persone con disabilità, anche nei programmi di sviluppo internazionali; l’attenzione ai diritti delle persone con disabilità nei progetti nazionali e internazionali di lotta alla povertà; il rafforzamento delle competenze e del ruolo (empowerment) delle persone con disabilità e delle organizzazioni che le rappresentano nei Paesi in Cerca di Sviluppo, elemento essenziale della sostenibilità della Convenzione, sulla base del Niente su di Noi, senza di Noi; il sostegno alle politiche di sviluppo inclusivo in tutti gli àmbiti (salute, educazione, lavoro ecc.); l’arricchimento delle strategie di sviluppo locale e nazionale (CBR-Riabilitazione su Base Comunitaria; Piani di Azione sulla disabilità) sulla base della Convnzione e di sistemi appropriati di monitoraggio; la promozione di una leva di cooperatori con disabilità, che divengano esperti all’interno delle attività di cooperazione allo sviluppo; la promozione di prassi appropriate e innovazioni nelle politiche inclusive delle persone con disabilità; la sensibilizzazione delle istituzioni ed agenzie pubbliche e private, locali, nazionali e internazionali, per la promozione dei diritti delle persone con disabilità sulla base della Convenzione».
E ancora, la RIDS si prefigge di:
° mettere in sinergia le rispettive competenze e capacità – nel campo della cooperazione allo sviluppo e delle persone con disabilità – basandosi sullo scambio di prassi appropriate, su pubblicazioni, sulla circolazione di esperienze ed expertise, sulla promozione di strumenti, metodologie e progetti capaci di sostenere l’implementazione della Convenzione in tutti i Paesi del mondo;
° realizzare progetti, ricerche e programmi indirizzati all’applicazione della Convenzione nei Paesi in Cerca di Sviluppo;
° attuare iniziative ed eventi comuni, nazionali e internazionali, nel campo della cooperazione allo sviluppo indirizzata alle persone con disabilità;
° promuovere attività di informazione, formazione e consulenza nel campo della tutela dei diritti umani delle persone con disabilità, basate sull’approccio rispettoso della Convenzione.

L’apporto della RIDS in competenze e interventi
L’articolo 32 della Convenzione ONU assegna un ruolo importante alle organizzazioni di persone con disabilità, affermando che gli Stati «adottano adeguate ed efficaci misure […] nei rapporti reciproci e al proprio interno e, ove del caso, in partenariato con le organizzazioni internazionali e regionali competenti e con la società civile, in particolare con organizzazioni di persone con disabilità».
Il riconoscimento del ruolo essenziale di tali organizzazioni è fortemente presente in varie parti della Convenzione (10), così come è riconosciuto dall’articolo 18 delle Regole Standard. Infatti, i processi di inclusione sociale che stanno dietro alla promozione, al rispetto e alla tutela dei diritti umani delle persone con disabilità si basano proprio sulla partecipazione diretta delle persone escluse e discriminate, per costruire società partecipative e inclusive.

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Non a caso lo slogan dell’International Disability Caucus, che unificava in una sola voce settanta organizzazioni di persone con disabilità presso l’Ad Hoc Committee, organismo nominato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per scrivere il testo della Convenzione, era il ben noto Nothing about Us without Us, ovvero, segnatamente, Niente su di Noi senza di Noi.
Il coinvolgimento diretto delle organizzazioni di persone con disabilità nei progetti di cooperazione allo sviluppo è essenziale per garantire che gli interventi siano basati sui diritti umani, per attuare azione di “costruzione della consapevolezza” (empowerment building) e “delle capacità” (capacity building) delle organizzazioni locali, per favorire il trasferimento di buone pratiche nel quadro dei diritti sanciti dalla Convenzione ONU.
Quelle stesse organizzazioni hanno sviluppato capacità e competenze nelle politiche sulla disabilità che sono estremamente utili a superare il modello medico della disabilità, ancora prevalente all’interno delle attività delle organizzazioni non governative che operano nell’àmbito della cooperazione allo sviluppo. Tra queste, infatti, sono ancora poche quelle dotate di competenze corrette nel settore della disabilità e della progettazione inclusiva. Inoltre, le organizzazioni di persone con disabilità sono le maggiori esperte nella promozione e realizzazione di azioni di empowerment sociale e individuale delle persone con disabilità.

Proprio collegandosi a tali concetti, in questi anni la RIDS ha operato in maniera innovativa, introducendo concetti e strumenti spesso sconosciuti nell’ambito della cooperazione, vale a dire:
– L’empowerment individuale delle persone con disabilità, che riguarda vari aspetti: emotivi (riformulazione delle emozioni sul versante del “costruire e trasformare”, piuttosto che sul “limitare e distruggere”); percettivi (ridefinizione delle esperienze di vita sulla base del modello sociale della disabilità); intellettivi (comprensione degli strumenti culturali di cui dotarsi, apprendendone i linguaggi); comportamentali (trasformazione delle relazioni umane e sociali sulla base della nuova consapevolezza); abilitativi (apprendere a fare delle cose anche in modo diverso); informativi (conoscere e saper usare le leggi e le risorse del proprio territorio).
– L’empowerment sociale, invece, riguarda prevalentemente le azioni di advocacy (“tutela”) delle Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari. Infatti, è proprio il riconoscimento del ruolo di promozione e di tutela dei diritti che le Associazioni non vedono riconosciuto e valorizzato e che produce nella società la mancanza di politiche sulla disabilità o la presenza di politiche sbagliate. L’inclusione sociale non può essere realizzata senza il coinvolgimento diretto delle stesse persone escluse e discriminate. Perciò è necessario rafforzare le capacità delle organizzazioni di persone con disabilità a confrontarsi con la società nel suo complesso.
In altre parole, non è più il tempo di pensare solo alla riabilitazione delle persone con disabilità, bensì alla riabilitazione dell’intera società, su cui sono esperte appunto le organizzazioni di persone con disabilità.

Tra le altre organizzazioni internazionali, il ruolo che DPI (Disabled Peoples’ International) ha svolto in questi anni è stato decisivo (11): tutte le più importanti battaglie di emancipazione e di trasformazione culturale, politica e sociale sulla disabilità hanno trovato infatti questo organismo in prima linea, con uno straordinario contributo di battaglie e idee: dalla CBR (Riabilitazione su Base Comunitaria) (12) all’ICF (la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), dall’egualizzazione di opportunità alla non discriminazione, dalla bioetica alla lotta alla povertà.
Qui di seguito elenchiamo alcune delle azioni che sono state realizzate dalla RIDS.

Empowerment delle Associazioni di persone con disabilità
Tutti i principali processi di attenzione ai diritti e di cambiamento delle politiche nazionali e locali sono avvenuti laddove esisteva una voce indipendente delle persone con disabilità, capace di rivendicare il rispetto dei diritti, proporre soluzioni tecniche e politiche per garantire l’inclusione sociale, sviluppare campagne di sensibilizzazione e azioni di lobbying, per realizzare politiche di mainstreaming.
Il rafforzamento delle capacità di intervento delle Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari nei Paesi beneficiari è quindi un obiettivo strategico di qualsiasi progetto di cooperazione allo sviluppo.
In questa direzione è essenziale costruire pertanto una voce indipendente e competente che rappresenti le persone con disabilità all’interno delle politiche che le riguardano. Tra le altre azioni possibili vanno suggerite:
° training indirizzati alla formazione dei leader nel campo delle politiche basate sui diritti umani, dei concetti fondamentali legati alla disabilità, degli strumenti internazionali di tutela, delle azioni di lobby, del collegamento con esperienze estere (13);
° progetti di accrescimento delle capacità di lavorare in rete, di diffondere le informazioni, di valorizzare le risorse interne, di rafforzare i network;
° formazione indirizzata alla costruzione di legislazioni specifiche, politiche di mainstreaming, creazione di servizi in aree specifiche (lavoro, educazione, informazione ecc.).
La RIDS ha operato in questa direzione in India, Liberia, Mongolia, Mozambico, Palestina, Tunisia e Vietnam.

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Iniziative nazionali basate sui princìpi di rispetto dei diritti umani
La Convenzione ONU ha trasformato la visione sulla condizione delle persone con disabilità, inserendola in un contesto di diritti umani. Questo richiede un nuovo approccio alle politiche e una nuova capacità di monitoraggio dei risultati.
Importante, in tal senso, è rafforzare la consapevolezza delle organizzazioni di persone con disabilità e dei governi e offrire nuovi strumenti di denuncia della continua violazione di diritti umani, di discriminazioni e mancanza di pari opportunità. Si possono quindi organizzare:
° formazione e sostegno tecnico all’elaborazione di rapporti nazionali o locali che valutino la condizione di rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità e fotografino lo stato di applicazione della Convenzione ONU;
° sostegno alla realizzazione di campagne nazionali e locali mirate, indirizzate alla crescita di consapevolezza da parte dell’intera società;
° formazione e sostegno tecnico alla raccolta di denunce di violazione di diritti umani delle persone con disabilità, sul modello di Amnesty International.

Diffusione di buone pratiche di sostegno alla vita indipendente
L’articolo 19 della Convenzione ONU riconosce il diritto di vivere in forma indipendente e di partecipare a pieno titolo alla vita della comunità. È un diritto ovvio per tutti i cittadini, ma sostanzialmente negato alle persone con disabilità.
Per migliorare la consapevolezza della propria condizione e favorire il miglioramento della qualità di vita delle persone con disabilità, è importante introdurre buone pratiche indirizzate alle stesse, per sostenerle nella vita indipendente. Le organizzazioni di persone con disabilità sono competenti a realizzare azioni per:
° la formazione di operatori con disabilità che divengano esperti in attività di peer counseling e peer support [“consulenza alla pari” e “supporto alla pari”, N.d.R.].
° il sostegno alla creazione di Centri per la Vita Indipendente, capaci di promuovere l’empowerment individuale delle persone con disabilità.

Inclusione nei progetti di esperti con disabilità
Le competenze che le organizzazioni di persone con disabilità hanno sviluppato nel campo della promozione dei diritti umani, delle azioni di inclusione sociale e di sostegno alla piena partecipazione sono spesso eccellenti. La disabilità, infatti, è un’esperienza di vita trasferibile con difficoltà a chi non ne abbia esperienza.
Importante è occupare nei progetti persone con disabilità esperte, per realizzare concretamente la partecipazione all’interno degli stessi team che gestiscono i progetti di cooperazione allo sviluppo. In tal senso, ogni progetto che sia collegato ai diritti riconosciuti dalla Convenzione ONU dovrebbe essere attento a garantire il rispetto dei diritti delle persone con disabilità.
Ugualmente importante è la promozione di studi e analisi sulle politiche, così come lo sviluppo di training verso le persone con disabilità, per coinvolgerle nelle attività di cooperazione allo sviluppo.

Emergenza e disabilità
In caso di situazioni di emergenza e catastrofi naturali o causate dall’uomo, le persone con disabilità sono a maggior rischio di altre. Questo deriva da un lato da un approccio umanitario, che tende a minimizzare le perdite e a intervenire sugli aspetti essenziali della sopravvivenza: sarebbe necessario riconvertirlo in un approccio basato sui diritti umani, che cerchi cioè di tutelare i diritti delle persone in qualsiasi situazione; dall’altro lato si segnala una scarsissima conoscenza e competenza sulla materia, da parte degli attori degli interventi di emergenza. Non è un caso che l’articolo 11 della Convenzione ONU sia proprio dedicato alle Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie (14).
Tra le azioni possibili da sviluppare con le organizzazioni di persone con disabilità vanno segnalate:
° ricerche e studi sulle azioni legate all’emergenza e agli aiuti umanitari, identificando indicatori di inclusione sociale e di rafforzamento delle capacità, di tutela dei diritti umani, di accessibilità, di risposta a esigenze specifiche ecc.;
° definizione degli interventi necessari a garantire l’accessibilità e la vivibilità dei campi di accoglienza;
° formazione delle organizzazioni di persone con disabilità nei campi profughi.

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Ricerca emancipatoria sulla disabilità
In India e in Palestina, persone con disabilità sono diventate ricercatrici in un progetto che investigava la reale condizione di queste persone. I risultati di tali studi hanno fatto emergere aree di discriminazione e mancanza di pari opportunità mai investigate, mettendo in evidenza dati qualitativi utili ad elaborare i rapporti alternativi della società civile sul monitoraggio della Convenzione ONU.

I peer counsellor dell’emergenza
Nella striscia di Gaza (Palestina) sono state formate sedici persone con disabilità a svolgere il ruolo di peer counsellor (“consulenti alla pari”), con particolare attenzione ai temi dell’emergenza, cui le popolazioni di questo territorio sono soggette quotidianamente e durante i bombardamenti di Israele.

Princìpi alla base dei progetti di cooperazione allo sviluppo
La politica di tutela dei diritti umani è collegata alla politica del cambiamento sociale. Non c’è infatti tutela dei diritti umani nel mondo che non implichi una politica di cambiamento sociale, di mutamento dei rapporti politici di potere, dei rapporti di forza, nazionali e mondiali. Il superamento del debito dei Paesi “poveri” verso i Paesi “ricchi” ne è un esempio. Cambiamento degli equilibri mondiali significa nuove relazioni tra i Paesi “ricchi” e i Paesi che cercano lo sviluppo, basate anch’esse sul rispetto dei diritti umani.
In questo quadro il cambiamento a livello nazionale per le persone con disabilità è quello di garantire che possano avere una voce, che molto spesso non hanno, mentre il cambiamento a livello locale va nella direzione di includere e valorizzare, piuttosto che escludere e discriminare. Perché le diversità umane non sono negatività, bensì una ricchezza.
L’essere umano è l’unica specie al mondo che ha costruito la negatività sociale di alcune diversità (di razza, di religione, di cultura, psicofisiche ecc.). Ma la globalizzazione, la standardizzazione su cui si costruiscono i processi economici, i processi di cooperazione allo sviluppo, l’allargamento del mercato, tendono a cancellare le diversità. Il movimento delle persone con disabilità si batte perché le diversità siano alla base della costruzione della società di questo nuovo millennio. Infatti, solo le società basate sulle diversità possono costruire società delle inclusioni, dell’Universal Design (“progettazione universale”), della reciprocità. Questi valori sembrano relegati nell’àmbito ristretto della disabilità, perché le persone con disabilità sono escluse e discriminate, perché non hanno accesso ai servizi della società, non vivono a pieno la reciprocità; in realtà si tratta di valori che riguardano tutti.
Leggendo senza pregiudizi le citata Regole Standard per l’Uguaglianza di Opportunità delle Persone con Disabilità, si può vedere come i princìpi che ne sono alla base siano validi per tutti. La stessa Convenzione ONU si basa su princìpi validi per qualsiasi essere appartenente al genere umano (15). La realtà della specie umana non è riducibile a un individualismo di tipo liberistico, bensì alle relazioni tra popoli e persone. La ricchezza umana è fatta di diversità, di mescolanze di diversità uniche, capaci di produrre differenti società, differenti culture, differenti economie.
Queste società, in questo nuovo millennio, necessitano di nuove regole, rispettose dei diritti umani di tutti popoli e della ricchezza di tutte le persone. Società in cui tutti possiamo vivere e contare in eguali condizioni di opportunità.

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Immagine tratta dalla mostra “Diritti accessibili. La partecipazione delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo”

In questa direzione, la cooperazione allo sviluppo è uno strumento importante per sostenere lo sviluppo dei Paesi poveri, attraverso appropriate politiche. Bisogna infatti sempre ricordare la necessità di realizzare uno sviluppo inclusivo, capace di coinvolgere tutta la popolazione, prevenendo il peso sociale degli esclusi. È questo un tema nuovo su cui è ancora necessario promuovere ricerche e riflessioni. I progetti di cooperazione allo sviluppo, inoltre, sono anche dei modelli etici di comportamento e intervento, che promuovono lo sradicamento della povertà e la costruzione di società giuste e partecipative.
Per questo sono importanti i princìpi che devono essere alla base dei progetti di cooperazione allo sviluppo e degli interventi di emergenza e umanitari. Nel quadro della disabilità possono essere sintetizzati nei seguenti otto:
Principio I
La cooperazione allo sviluppo tutela i diritti umani delle persone con disabilità (modello medico e modello sociale; violazione diritti umani; non discriminazione e pari opportunità; Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; Regole Standard ecc.).
Principio II
Ogni intervento indirizzato alle persone con disabilità deve basarsi sull’inclusione sociale (superare le discriminazioni; valorizzare le risorse comunitarie; favorire il mantenimento nella comunità; Riabilitazione su Base Comunitaria-CBR ecc.).
Principio III
Ogni intervento in qualsiasi area deve includere interventi per le persone con disabilità (individuare soluzioni inclusive; mainstreaming della disabilità).
Principio IV
In ogni intervento vanno coinvolte le persone con disabilità e le loro organizzazioni come maggiori esperti (Conoscenza dei problemi; forme di coinvolgimento; progettazione partecipata ecc.).
Principio V
Vanno valorizzate le abilità e le capacità delle persone con disabilità e la loro vita autonoma, autodeterminata e interindipendente (processi di abilitazione e riabilitazione medica e sociale; percorsi di empowerment; peer counseling e peer support ecc.).
Principio VI
Va garantita una formazione adeguata del personale coinvolto (formazione/qualità dell’intervento e rispetto dei diritti umani ecc.).
Principio VII
Negli interventi umanitari e di emergenza va garantito sin da primo momento il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità (accessibilità dei campi di emergenza; pasti; ubicazione servizi; partecipazione alle decisioni nei campi ecc.).
Principio VIII
Gli interventi devono includere standard qualitativi e la valutazione dei risultati conseguiti e della loro sostenibilità (manuali; proposte legislative; carta dei diritti; strumenti permanenti di empowerment della comunità ecc.)

Il Festival della Cooperazione Internazionale di Ostuni
Il Festival della Cooperazione Internazionale di Ostuni (Brindisi), svoltosi dal 13 al 15 ottobre [se ne legga ampiamente anche nel nostro giornale, N.d.R.] è stato organizzato proprio dalla RIDS, dall’AIFO e dal Comune di Ostuni.
L’obiettivo è stato quello di discutere di cooperazione allo sviluppo, inserendo il tema delle persone con disabilità in tutte le sessioni di lavoro. Infatti, la ricchezza di esperienze e di progetti è così ampia da poter svariare sui numerosi temi degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unte, dall’educazione inclusiva agli aiuti umanitari, dai diritti dei bambini alla cooperazione decentrata o territoriale, fino alle condizioni di disuguaglianza e all’empowerment.
Se attraverso i progetti di cooperazione internazionale verrà rafforzata la voce delle persone con disabilità, per tutelare i loro diritti umani nelle politiche nazionali e internazionali, ne beneficeranno anche le persone con disabilità in Italia. Essere infatti consapevoli che il movimento mondiale delle persone con disabilità opera in tutti i Paesi del mondo dà maggiore consapevolezza anche al movimento italiano, che dalle esperienze di azioni e attività maturate in altri Stati può trovare nuove idee e motivazioni, per tutelare, promuovere e proteggere i nostri diritti.

Componente dell’Esecutivo Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International).

Note:
(1) Adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 3 dicembre 1982 con la Risoluzione 37/52. Quel programma è stato seguito da una serie di iniziative regionali, come le Decadi sulla Sensibilità dell’Africa (1999-2009), dell’Asia-Pacifico (2003-2012), dell’America Latina (2006-2015) e dei Paesi Arabi (2004-2013), ancora in atto.
(2) Adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 1993 (Risoluzione 48/96).
(3) Approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006.
(4) Guidance Note on Disability and Development for EU Delegations and Services (I/Disability/guidance Note on Disability 030304 – Final D1256), EC DEV/RELEX/AIDCO and Delegations Staff Briefing Note, marzo 2003.
(5) Risoluzione su Disabilità e Cooperazione allo Sviluppo del 19 gennaio 2006, P6_TA(2006)0033.
(6) EuropeAid Co-operation Office è una Direzione Generale della Commissione Europea, fondata il 1° gennaio 2001, la cui missione consiste nel rendere effettivi gli strumenti destinati all’aiuto esterno della Commissione Europea.
(7) Se ne legga ampiamente nel sito del progetto.
(8) Si veda a tal proposito il sito dell’International Disability and Development Consortium.
(9) Linee Guida sono state elaborate esattamente in Austria, Germania, Italia, Regno Unito e Svezia.
(10) Si torni a citare a tal proposito l’articolo 4, comma 3, che recita: «Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative».
(11) DPI è un’organizzazione non governativa internazionale, presente in 142 Paesi del mondo, basata sulla tutela dei diritti umani delle persone con disabilità.
(12) Si veda: OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), Community-Based Rehabilitation and the health care referral services. A guide for programme managers, 1994 (in corso di revisione: se ne legga nel sito dell’AIFO).
(13) Si segnala a tal proposito il Manuale di formazione sui Diritti umani delle persone con disabilità, a cura di Giampiero Griffo e Francesca Ortali, prodotto nell’àmbito di un progetto in Mongolia dell’AIFO e di DPI Italia, finanziato dal Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite.
(14) L’articolo 11 della Convenzione ONU (Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie) recita: «Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali».
(15) L’articolo 3 della Convenzione ONU (Princìpi generali) recita: «I princìpi della presente Convenzione sono: (a) il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone; (b) la non discriminazione; (c) la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società; (d) il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa; (e) la parità di opportunità; (f) l’accessibilità; (g) la parità tra uomini e donne; (h) il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità».

A questo link, relativo al nostro articolo intitolato L’inclusione lavorativa nella Cooperazione Internazionale è possibile rintracciare il lungo elenco dei contributi da noi pubblicati in questi anni – oltre a quelli anche qui menzionati – sul tema Cooperazione Internazionale e Disabilità.

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