Tra coloro che fecero la storia della Neuropsichiatria Infantile italiana

Con la scomparsa nei giorni scorsi di Mara Marcheschi, sia la Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa) – nella quale aveva coordinato la linea di ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo – sia l’intera Neuropsichiatria Infantile italiana hanno perduto un’importante figura di specialista che insieme ad altri cambiò letteralmente nel nostro Paese il modo di rapportarsi nei confronti delle persone con disabilità intellettiva e psichica, migliorandone le prospettive terapeutiche e riabilitative

Mara Marcheschi

La professoressa Mara Marcheschi

La Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa) ha perduto un’altra importante figura che ha contribuito alla nascita e allo sviluppo medico-scientifico dell’Istituto toscano. Nei giorni scorsi, infatti, è improvvisamente mancata nella sua abitazione di Lucca la professoressa Mara Marcheschi, 87 anni, neuropsichiatra infantile dell’Università di Pisa, nonché coordinatrice della linea di ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo della Stella Maris.
Il suo decesso è avvenuto nemmeno un anno dopo quello del  marito, il professor Pietro Pfanner, riconosciuto insieme a lei tra i “padri fondatori” di quello che negli Anni Cinquanta era un istituto clinico extrauniversitario per disabili neuropsichici, nucleo di quello che sarebbe diventato poi l’attuale IRCCS Fondazione Stella Maris.
Fu quella una vera e propria impresa, una sfida lanciata da monsignor Aladino Cheti e raccolta dall’entusiasmo e dall’umanità di giovani medici, tra cui Pietro Pfanner, Mara Marcheschi, Renzo Bartalena, Mario Brotini e Alfiera Gori. Dirà poi Pietro Pfanner: «Mara Marcheschi, che doveva diventare mia moglie, non solo è stata per me fino da allora un alter ego o “una spalla e mezzo”, come dice Bollea [Giovanni Bollea, ritenuto il “padre italiano” della Neuropsichiatria Infantile, N.d.R.]; ma essa è stata ed è ancora per tutti noi, consentitemi di dirlo, una saggia ispiratrice e modulatrice di tutta la nostra attività».

Mara Marcheschi visse in prima persona quell’appassionante percorso che portò l’Istituto a diventare già negli Anni Settanta la più grande struttura assistenziale italiana per la Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, grazie allo sviluppo dell’attività di assistenza, ricerca e didattica di carattere nazionale. Insieme al marito visse il riconoscimento a Istituto a Carattere Scientifico dell’Ente, che ne riconobbe la qualità degli studi scientifici. E insieme a lui realizzò studi e firmò testi fondamentali in tema di sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente e delle sue problematiche, nonché sull’importanza della riabilitazione.
«Quando iniziammo – dirà la professoressa ripercorrendo quegli anni – andava di moda il termine “oligofrenico” (retaggio della psichiatria dell’Ottocento), poi sostituito dal termine di “insufficiente mentale”, fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per alludere alla “scarsità della mente e del cervello”. Ci accingemmo a studiare il deficit e ci apparve una realtà complessa e un universo sconfinato di condizioni diverse, fra loro eterogenee per sintomi e cause, meritevoli di comprensione e soprattutto niente affatto destinato ad una condanna ineluttabile».

L’inizio della Stella Maris avvenne nel dicembre del ’58  con 37 bambini “oligofrenici di grado medio”, di età compresa fra 5 e 11 anni, ai quali si aggiunsero altri 48 bambini nell’anno successivo. «Dopo due anni di attività – ripercorrerà poi Mara Marcheschi – facemmo una sintetica relazione sui risultati e con stupore trovammo migliorati più della metà dei casi. Fu subito chiaro che la buona volontà e le buone intenzioni degli insegnanti non erano sufficienti e che anche la nostra preparazione psichiatrica era ben scarsa».
Da quell’analisi scientifica nacque una metodologia che cambierà la Neuropsichiatria Infantile, migliorando soprattutto le prospettive terapeutiche e riabilitative dei pazienti.
«L’idea – ricorderà ancora Marcheschi – era quella di considerare il medico (neuropsichiatra e/o pediatra), il pedagogista, lo psicologo, l’assistente sociale e, più tardi, il terapista della riabilitazione, come autori di interventi specifici su ogni disabile, ma ordinati da un progetto unitario in cui venivano stabiliti gli obiettivi e i tempi attuativi».
L’organizzazione, dunque, mutò, vedendo il medico specialista e lo psicologo clinico come i principali strateghi della diagnosi, mentre il pedagogista (“insegnante” o “educatore” professionale) sarebbe stato il principale stratega dell’intervento riparatore. Tutte intuizioni e nuovi orizzonti su cui si imperniò il lavoro di una nuova generazione di neuropsichiatri infantili e dei loro allievi, che svilupperanno approcci sempre più efficaci e innovativi.

Densissimo fu il percorso professionale di Mara Marcheschi, dalla laurea in Medicina e Chirurgia a pieni voti ottenuti nel 1954. Dopo la specializzazione in Malattie Nervose e Mentali, ottenne sempre a pieni voti quella in Neuropsichiatria Infantile e nel 1970 ottenne l’idoneità a primario ospedaliero. Nel 1980 divenne docente associato in Neuropsichiatria Infantile all’Università di Pisa e presso l’Istituto Scientifico Stella Maris. Diresse inoltre la Scuola a Fini Speciali per Terapisti della Riabilitazione della Neuro e Psicomotricità dell’Università di Pisa dal 1989 al 1996 e presiedette il Corso di Diploma Universitario per Terapisti della Riabilitazione della Neuro e Psicomotricità. Alla Stella Maris coordinò prima la linea di ricerca in Fisiopatologia delle Funzioni Cognitive e dell’Apprendimento e successivamente quella in Psicopatologia dello Sviluppo. Nella sua carriera aderì a numerose missioni scientifiche presso Istituti e Laboratori di Ricerca in Italia e all’estero e produsse circa quattrocento lavori, pubblicati dalle più autorevoli riviste del settore italiane e straniere, oltre a contribuire a numerosi capitoli di libri.

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