Barriere e contributi: non tutto è oro quel che luccica

Sembrerebbe in dirittura d’arrivo un Decreto volto ad attribuire alle Regioni stanziamenti da destinare all’eliminazione delle barriere architettoniche nelle abitazioni private. In realtà il percorso è ancora a dir poco incompleto, prima che i contribuiti arrivino effettivamente a chi ne ha fatto o ne farà richiesta. E un dato fa ulteriormente riflettere: al 2017 risultavano inevase domande per un totale di 230 milioni (soldi anticipati dai cittadini), ma sempre per il 2017 il nuovo Decreto prevedeva 20 milioni. A quanto sembra, dunque, non tutto è oro quel che luccica

Giovane in carrozzina davanti a una scalinataNello scorso mese di gennaio la Legge 13/89 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) ha compiuto 29 anni. Quando nel 1989 venne approvata, al termine di una lunga gestazione, fu considerata giustamente una norma importante, perché apriva la strada a una regolamentazione tecnica anche in àmbito privato. Ma fu apprezzata anche e soprattutto perché prevedeva un sostegno dello Stato, con una responsabilizzazione delle Regioni, a favore delle spese che i singoli cittadini sostengono per rendere la propria abitazione accessibile e quindi vivibile.
Negli ultimi trent’anni la norma è stata finanziata a singhiozzo, tanto da generare difformi politiche territoriali. Alcune Regioni hanno risposto al fabbisogno con risorse proprie, altre hanno prodotto norme proprie più articolate. E intanto i finanziamenti di origine statale andavano sempre più atrofizzandosi.

In questo scenario ha innescato nuove speranze e aspettative il «finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese» e il relativo Fondo previsto dalla Legge di Bilancio approvata alla fine del 2016 (Legge 232/16). Vi si accantonavano oltre 8 miliardi e mezzo in tre anni per interventi importanti, ad esempio i trasporti e le stazioni, la prevenzione del rischio sismico, la difesa del suolo. E oltre a questi era contemplato anche un intervento specifico per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Il 21 luglio dello scorso anno, poi, un Decreto del Presidente del Consiglio ha suddiviso per voci (e per Ministeri competenti) il Fondo: per l’eliminazione delle barriere sono destinati 180 milioni complessivi: 20 nel 2017, 60 quest’anno, 40 nel 2019 e 60 nel 2020 e negli anni a venire fino al 2032.

A questo punto i passaggi perché quei soldi arrivino effettivamente ai cittadini, sono vari: il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti deve redigere uno schema di Decreto di Riparto fra le Regioni; l’atto deve ricevere il parere favorevole della Conferenza Unificata (Regioni, Stato, Comuni); il Decreto deve essere firmato oltre che dal Ministro delle Infrastrutture anche da quelli dell’Economia e del Lavoro e Politiche Sociali. Successivamente il provvedimento dovrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in seguito le Regioni dovranno approvare il loro atto di riparto fra i Comuni. A quel punto le domande di contributo (pregresse e future) potranno essere liquidate per quanto lo stanziamento consenta.

A che punto siamo ora? Il 15 febbraio scorso la Conferenza Unificata ha dato parere favorevole allo Schema di Decreto. Ora tocca ai Ministri.
Il sito HandyLex.org dedica un ampio approfondimento sul tema – del quale suggeriamo caldamente la lettura – fornendo anche le fonti e i riferimenti di dettaglio. Esso fornisce però anche una serie di elementi di riflessione attorno ad alcune evidenze riguardanti soprattutto i criteri di riparto, che creano ulteriori disparità fra le Regioni (alcune restano escluse per ragioni «tecniche e amministrative»).
Ma un appunto vale su tutti: al 2017 risultavano inevase domande per un totale di 230 milioni (soldi anticipati dai cittadini) e per il 2017 il nuovo Decreto prevede 20 milioni.
A quanto sembra, dunque, non è tutto oro quello che luccica. (S.G.)

Ricordiamo ancora il link a cui è disponibile l’approfondimento di HandyLex.org di cui si parla nella presente nota.

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