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Qual è il senso di un nuovo Ministero della Famiglia e delle Disabilità?

Realizzazione grafica di un omino davanti a un punto interrogativo blu«Che senso ha un nuovo Ministero della Famiglia e delle Disabilità?»: ho posto stamane questa domanda a Prima pagina, trasmissione di RAI Radio 3, sottoponendo alla riflessione degli ascoltatori due perplessità che mi pare circolino molto tra le persone con disabilità e loro familiari.

La prima: da sempre il Ministero delle Politiche Sociali – e soprattutto dal 2009, dopo la ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – coordina le politiche sulle disabilità, anche tramite l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, composto dai vari Ministeri che hanno competenza sugli aspetti concernenti l’inclusione di tali persone, e dalle Associazioni e Federazioni che promuovono e monitorano tali politiche. Creare un nuovo Ministero, per giunta senza portafoglio, non può significare che le politiche sulle disabilità siano un settore a parte, in discontinuità con le scelte culturali e politiche inclusive realizzate in Italia da cinquant’anni?
Come potrà un nuovo Ministero affrontare i delicati problemi con impiegati e funzionari nuovi che dovranno farsi una cultura in proposito, affrontare i delicati problemi attualmente esistenti e coordinare tutti gli altri Ministeri molto più attrezzati in materia?
Lo scorso anno il Governo, su proposta del citato Osservatorio Nazionale del Ministero delle Politiche Sociali, ha approvato il Secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, proponendo alla classe politica quasi cinquanta nuove azioni normative da attivare. Il nuovo Ministero farebbe proprio tale programma oppure ripartirebbe da capo come se ancora in Italia fossimo all’anno zero?

La seconda riflessione: cosa vuole esattamente significare l’abbinamento del Ministero delle Disabilità a quello della Famiglia?
Se volesse  preludere a politiche di sgravio delle famiglie dalla presa in carico del progetto di vita delle persone con disabilità, questo abbinamento sarebbe il benvenuto. Si pensi che da noi, a differenza che nel resto d’Europa, circa l’80% delle famiglie assistono in casa i propri familiari con disabilità di tutte le età, con carichi assistenziali gravosissimi specie sulle mamme, le sorelle e le figlie.
Se invece volesse preludere a delle “mancette economiche” affinché le famiglie si accollassero ulteriormente il welfare assistenziale dei propri familiari con disabilità, con un crescente allontanamento dei servizi pubblici dalle politiche dei servizi domiciliari e sociali, allora sarebbe una novità non solo sgradita, ma addirittura deprecabile.

Su almeno queste due perplessità si attendono chiarimenti nel discorso programmatico del nuovo Governo.

Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale.

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