Fine settimana a Marineland

Con un po’ di fatica e qualche insidia, ma tutto si può fare: anche un fine settimana al parco marino Marineland di Antibes, sulla Costa Azzurra, insieme alla figlia con grave disabilità. «E alla fine si rientra – scrive Giorgio Genta – riportando varie tonnellate di bagagli e con gli occhi – dei giovani – pieni di animali marini. Tutto accessibile, caro e meritevole del viaggio»

Antibes, Marineland

Un’immagine del parco marino Marineland ad Antibes

Eccolo giunto il temutissimo weekend a Marineland, il parco marino ad Antibes sulla Costa Azzurra! Dopo settimane di accurata programmazione, partiamo alfine: siamo in sei (cane Milton in pensionato per “signorini soli”), naturalmente con Silvia sul suo trono semovente [la figlia con grave disabilità di Giorgio Genta, N.d.R.], con tutt’attorno i suoi servitori ed io miserello dietro alla sua carrozzina con in braccio accessori vari.
Il viaggio è breve, due ore circa, ma non privo di insidie: la nipotina di tre anni che vuole fare sosta ad ogni autogrill, avendo scoperto che regalavano ai bimbi bravi certe figurine; Silvia che necessita almeno di una fermata. Ma alla fine il vecchio prode Viano, ronfando ronfando, ci porta indenni alla meta, un tranquillo AccorHotel vicino al sito acquatico.

Acquartierati in due camere, sistemiamo le varie tonnellate di bagagli e vaghiamo (invano) nel deserto industriale attorno all’albergo, alla ricerca di un corroborante caffè all’italiana. Invano.
Pomeriggio e nottata tranquilli, con il solito show della nipotina che cade da uno sgabello mimando l’elefante del circo. Lacrime a fiumi.
Finalmente, l’indomani di buon’ora i giovani vanno a vedere orche marine, otarie, foche, pinguini e bestiame marino vario, mentre i vecchierelli se la dormono pacifici, sognando una settimana di buon sonno. Ma ahimè, come il titolo di un noto film tratto da un testo di Montanelli, “i sogni muoiono all’alba” e i giovani rientrano pieni di gadget “made in Napoli” o “made in China”, belli zuppi per il sudore e per lo scherzo delle orche burlone. Comunque si sono divertiti e sono affamati a mo’ di lupi.

Chi considera i francesi cugini nostri, sbaglia. Non siamo neppure affini. Qui le pizzerie, aperte a mezzogiorno, sono chiuse alla sera e delle cinque pizze ordinate al telefono ne arrivano due, ancora surgelate. In albergo c’è un forno a microonde a disposizione, ma le istruzioni sono in coreano e quindi… niente pizze.

L’indomani si rientra con gli occhi – dei giovani – pieni di animali marini e il buon vecchio Milton capitano ad honorem, da recuperare in serata, pena doppio canone di stallaggio.
Dimenticavo: tutto accessibile, caro e meritevole del viaggio.
Casa, dolce casa…

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