La sclerosi tuberosa, paradigma di disabilità e Malattie Rare

Come coordinare le tante esperienze impegnate in Campania sulla sclerosi tuberosa, malattia genetica dalle manifestazioni estremamente varie: è l’ambizioso obiettivo che si pone il convegno “La sclerosi tuberosa, paradigma di disabilità e Malattie Rare – Le reti socio-sanitarie in Campania”, che l’AST (Associazione Sclerosi Tuberosa) ha organizzato per il 12 ottobre a Napoli, conferendo all’appuntamento un taglio sia medico-scientifico che sociale

AST (Associazione Sclerosi Tuberosa), "Il futuro è nelle nostre mani"

Si chiama “Il futuro è nelle nostre mani”, una delle immagini-simbolo dell’AST (Associazione Sclerosi Tuberosa)

Come coordinare le tante esperienze impegnate in Campania sulla sclerosi tuberosa (di quest’ultima si legga ampiamente nel box in calce): è l’ambizioso obiettivo che si pone il convegno intitolato La sclerosi tuberosa, paradigma di disabilità e Malattie Rare – Le reti socio-sanitarie in Campania, che l’AST (Associazione Sclerosi Tuberosa) ha organizzato per venerdì 12 ottobre a Napoli (Palabimbo Sergio De Simone dell’Azioenda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Santobono-Pausilipon).
L’incontro – che sarà sia di carattere medico-scientifico che sociale – è promosso in collaborazione con Salvatore Buono, direttore della Struttura Complessa di Neurologia del Santobono-Pausilipon e componente del Comitato Scientifico dell’AST.

«Sarà un appuntamento importante – sottolinea Francesca Macari, presidente nazionale dell’AST – utile a identificare chi in Campania si occupa di cura e assistenza per la sclerosi tuberosa, in modo tale da poter indirizzare le famiglie interessate, creare reti e relazioni tra i medici e con la nostra Associazione».
Per l’occasione saranno presenti esponenti dei Centri di Riferimento campani per la sclerosi tuberosa e rappresentanti della Politica Sanitaria e Sociale Regionale, quali Lucia Fortini, assessore della Campania alla Politiche Sociali e Bruna Fiola, consigliere regionale e membro della Commissione Sanità. Più nello specifico, in merito al tema delle Malattie Rare, interverrà Giuseppe Limongelli, direttore del relativo Coordinamento Regionale, mentre Cecilia Carenzi della Fondazione Istituto Sacra Famiglia di Milano tratterà le problematiche comportamentali nella sclerosi tuberosa.

I lavori dell’AST proseguiranno poi nel pomeriggio della stessa giornata, con l’evento di taglio sociale intitolato Il valore dei caregiver, parte del Progetto DIAMANTE – Il valore dei caregiver: raccontarlo, misurarlo, riconoscerlo, cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Quindi, sabato 13 e domenica 14, l’Associazione darà vita alla propria Assemblea Nazionale, cui interverrà anche Giuseppe Gobbi, a nome del Comitato Scientifico. (S.B.)

Per approfondimenti accedere a questo link. Per ulteriori informazioni: info@sclerosituberosa.org (Liliana Gaglioti).

La sclerosi tuberosa
Nota anche come sindrome di Bourneville-Pringle, la sclerosi tuberosa è una malattia genetica legata alla mutazione in uno dei due geni chiamati TSC1 e TSC2, localizzati rispettivamente sui cromosomi 9 e 16. Si tratta di una patologia autosomica dominante, il che significa che è sufficiente avere un solo allele difettoso, perché essa si manifesti (gli alleli sono le due o più forme alternative dello stesso gene che si trovano nella medesima posizione su ciascun cromosoma omologo). Per di più, non è necessariamente ereditaria: solo un terzo delle coppie con un figlio che soffre di sclerosi tuberosa, infatti, presenta segni della malattia in uno dei genitori. Questo avviene perché la mutazione genetica responsabile della patologia può insorgere spontaneamente nell’embrione durante lo sviluppo.
Le manifestazioni della sclerosi tuberosa sono estremamente varie: si tratta infatti di una malattia multisistemica e i sintomi cambiano notevolmente da soggetto a soggetto. In alcuni casi, sono così lievi da “nascondere” completamente la malattia, in altri, invece, sono estremamente gravi, e comprendono epilessia, ritardo mentale, disturbi neuropsichiatrici e comportamentali.
Si stima che oggi, nel nostro Paese, siano più o meno un centinaio i nuovi casi ogni anno.
Al momento non esistono cure e l’unica terapia approvata, come farmaco palliativo, è la rapamicina, ma si tratta di un immunosoppressore con forti effetti collaterali, tanto che è possibile utilizzarla solo in presenza di manifestazioni particolarmente critiche della malattia.
Speranze più promettenti potrebbero arrivare dalla terapia genica, che però al momento appare ancora abbastanza lontana.

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