Nuove Direttive Europee e accessibilità: a che punto siamo?

L’European Accessibility Act (“Disability Act”) prescriverà tra l’altro che nei trasporti, nell’e-commerce, nei media e nelle banche i siti web diventino tutti accessibili. È un percorso che prosegue, pur prospettandosi tempi di applicazione sin troppo lunghi. Più vicine appaiono le scadenze fissate dalla Direttiva Europea che imporrà l’accessibilità sia dei siti che delle applicazioni mobili della Pubblica Amministrazione. Quest’ultimo provvedimento è stato recepito due mesi fa dal Governo Italiano, e qualche sorpresa negativa non è mancata. Vediamo perché

Mano di persona con disabilità che lavora al computerL’European Accessibility Act (EEA), noto più semplicemente anche come “Disability Act”, rappresenta la più importante Direttiva Europea in questo àmbito, che porterà diversi cambiamenti in molti settori del privato. Al momento essa è ancora oggetto di negoziazioni triangolari tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione Europea e dovrebbe entrare in vigore alla fine di quest’anno, interessando principalmente i trasporti, l’e-commerce, i media e il settore finanziario, ove tutti, banche comprese, dovranno rendere accessibili i propri siti web.
È quasi superfluo sottolineare a questo punto che per le persone con disabilità è di estrema importanza poter acquistare in autonomia prodotti, servizi o biglietti online o accedere ai  propri dati bancari.
In Italia, grazie alla normativa sull’accessibilità, questa Direttiva è già stata recepita in parte, ma sono ancora troppi i casi di reale mancata applicazione e ancora troppo pochi gli esempi di buone prassi (best practice), arrivati da parte di alcune aziende dei trasporti, del settore ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), così come da alcune di e-commerce e dei media audiovisivi.

Pur entrando in vigore a breve, come detto, il “Disability Act” prevede tempi assai lunghi di adeguamento per i soggetti interessati, ovvero circa sette anni. Tempi certamente più lunghi rispetto a quelli previsti dalla Web Accessibility Directive (WAD), di cui andiamo ad occuparci qui di seguito.
Entrata infatti in vigore nel mese di dicembre del 2016, questa Direttiva richiede che tutti i siti web della Pubblica Amministrazione in Europa siano accessibili entro il mese di settembre del 2020, mentre per quelli pubblicati successivamente al mese di settembre di quest’anno, il termine è del settembre 2019.
La novità importante è che il provvedimento interessa anche le applicazioni mobili della Pubblica Amministrazione, che dovranno essere accessibili dal mese di giugno del 2021. Annualmente, dunque, ogni sito e app della Pubblica Amministrazione dovrà pubblicare una dichiarazione di accessibilità, ovvero una pagina web dedicata, di valutazione di conformità agli standard WCAG 2.1 (Web Content Accessibility Guidelines), recentemente pubblicati dal Consorzio Internazionale W3C e tradotti in italiano da un comitato di traduttori e revisori costituito da esperti rappresentanti di aziende del settore ICT italiano e di organizzazioni italiane di persone con disabilità, tra cui chi scrive in rappresentanza dell’ADV (Associazioni Disabili Visivi) e della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) [se ne legga ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Ogni Stato membro dell’Unione Europea si è dovuto pertanto adoperare per tempo ad adempiere a tali disposizioni entro lo scorso mese di settembre, e a tale scopo, nel mese di luglio, vi è stata un’audizione presso il Senato della Repubblica, alla quale sono state invitate le due Federazioni italiane di associazioni e organizzazioni di persone con disabilità – la FISH e la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità) – audizione cui anche chi scrive ha partecipato, sempre come delegata di ADV e FISH (a questo link è disponibile la testimonianza audio-video relativa al documento redatto per discutere sull’Atto Di Governo AG 24, quale bozza di Decreto per recepire la Direttiva Europea).

Ebbene, alla fine di luglio ci era stato comunicato che le nostre richieste sarebbero state recepite integralmente. Tra le più importanti, quella di imporre delle sanzioni alle Pubbliche Amministrazioni inadempienti e anche quella di eliminare il principio del cosiddetto “onere sproporzionato”, ovvero che i soggetti erogatori debbano applicare le regole prescritte in materia di accessibilità, salvo nei casi in cui si imponga un eccessivo onere organizzativo o finanziario. Ritenevamo infatti che questo strumento fosse molto pericoloso e rendesse vana tutta l’impalcatura dell’Atto di Governo. Avevamo quindi chiesto che tale principio venisse eliminato.
E ancora, avevamo richiesto di cancellare un’apposita clausola di invarianza finanziaria riferita all’intero schema di Decreto in esame, che ci risultava in totale contraddizione con le necessità di stanziamenti, per ottemperare ad una serie di attività previste dalla Direttiva.
A questo punto è opportuno anche sottolineare che tutto ciò che la normativa italiana già prevede da tempo non torna indietro e va mantenuto, come l’accessibilità dei siti web pubblici, già prevista dal lontano 2004 (Legge 4/04, cosiddetta “Legge Stanca”)!

Con queste premesse, dunque, eravamo piuttosto fiduciosi, ma forse non era ancora il momento di cantare vittoria! Se infatti la Direttiva Europea è stata recepita in Italia entro i tempi previsti, con la pubblicazione il 10 agosto del Decreto Legislativo 106/18 in Gazzetta Ufficiale, che ha modificato l’attuale Legge sull’accessibilità, purtroppo, pur essendoci  battuti moltissimo perché venisse scritta una norma con tutte le modifiche opportune e attuabili, sembra proprio che l’articolo sull’individuazione dell’onere sproporzionato per l’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili non sia stato cancellato, nonostante – come detto – la nostra richiesta fosse stata recepita, con l’approvazione completa da parte della Commissione Parlamentare del documento di fine luglio presentato dalla  FISH: una bella doccia fredda, insomma!
In sostanza ciò significa che qualunque Pubblica Amministrazione potrà appellarsi a questo principio che, tra l’altro, la Direttiva Europea propone ma non impone, e potrà probabilmente  evitare di adempiere a risolvere i problemi di accessibilità, ove si ritenesse troppo onerosa economicamente.
Bisognerà dunque vedere come verrà interpretata e a cosa verrà riferita l’espressione “onere sproporzionato”, dato che nel decreto non si parla di soldi, ma di altri tipi di difficoltà. Vedremo.

Membro del gruppo di esperti ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) dell’EDF (European Disability Forum), con delega sulle medesime problematiche per l’ADV (Associazione Disabili Visivi), federata alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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