Non dimenticare gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione

«Il riconoscimento giuridico dei 48.000 assistenti italiani all’autonomia e alla comunicazione – scrive Gianluca Rapisarda – e la loro conseguente stabilizzazione nei ruoli dell’Amministrazione Scolastica potrebbero garantire una volta per tutte agli alunni con disabilità un sostegno autenticamente e realmente diffuso in tutto il contesto e non più “delegato” soltanto agli insegnanti specializzati. Ma né il Ministero né la Conferenza Stato-Regioni sembrano avere fretta…»

Assistente all'autonomia e alla comunicazioneNei giorni scorsi è stato presentato al Senato l’Ordine del Giorno G.10.100, che impegna il Governo a stanziare risorse in tempi certi e ad erogare fondi stabili agli Enti Locali entro l’estate, onde evitare i cronici ritardi nel pagamento del personale specializzato che opera quotidianamente con gli alunni con disabilità. Sul fronte del sostegno, tale importante novità garantirebbe finalmente agli studenti con disabilità l’assegnazione di assistenti igienico-personali e di assistenti all’autonomia e alla comunicazione sin dall’inizio dell’anno scolastico.

A proposito dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione, previsto dall’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92, nonostante la preannunciata imminente riforma del sostegno da parte del Ministero, tutto o quasi tutto tace sull’ormai indifferibile e indispensabile riconoscimento del suo profilo professionale. Dal 1992, infatti, a causa del loro mancato inquadramento giuridico, ben ventisette anni di inutile attesa hanno fatto sì che gli assistenti alla comunicazione abbiano operato – per tutto questo tempo e in ogni parte del nostro Paese – in condizioni di assoluta precarietà di ruolo, funzionale ed economica, con buona pace di un proficuo processo di inclusione degli allievi con disabilità, favorendo indirettamente la cosiddetta “deriva” verso la delega al solo docente per il sostegno e azzerando le potenzialità inclusive del contesto.

Su tali “distorsioni” del nostro sistema di inclusione pare voglia insistere anche il ministro dell’Istruzione Bussetti, malgrado abbia ripetutamente affermato nelle ultime settimane che il nuovo Decreto sull’inclusione di questo Governo costituirà il primo passo verso «la modifica dell’idea dell’insegnante di sostegno che non è solo dell’alunno, ma dell’intera classe che lavora con l’alunno» e che, «se vogliamo fare autentica inclusione, non dobbiamo dimenticare il preziosissimo supporto del contesto territoriale».

Un’imperdibile occasione per sortire tale improrogabile risultato potrebbe finalmente essere rappresentata dall’articolo 3, comma 4 del succitato Decreto Legislativo 66/17, il quale stabilisce che «entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati i criteri per una progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione personale […], anche attraverso la previsione di specifici percorsi formativi».
Eppure, né il Ministero né la Conferenza Stato-Regioni sembrano avere fretta e continuano inspiegabilmente a prender tempo e ad indugiare sulla bozza di profilo professionale dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione, definita nei mesi scorsi dagli stessi Uffici Ministeriali, in collaborazione con le principali Associazioni di e per persone con disabilità.
Il riconoscimento giuridico dei 48.000 assistenti italiani all’autonomia e alla comunicazione e la loro conseguente stabilizzazione nei ruoli dell’Amministrazione Scolastica potrebbero infatti garantire una volta per tutte agli alunni con disabilità un sostegno autenticamente e realmente diffuso in tutto il contesto e non più “delegato” soltanto agli insegnanti specializzati.

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