Ma con quell’esercito di precari, l’inclusione non si riforma!

«Nessuna riforma dell’inclusione potrà mai cambiare l’attuale stato delle cose in Italia – scrive Gianluca Rapisarda -, almeno fino a quando non verranno stabilizzati i 60.000 posti “in deroga” degli insegnanti di sostegno. Infatti, senza alcun intervento strutturale del Ministero finalizzato al transito di questo “esercito” di docenti precari dall’organico di fatto a quello di diritto, per gli allievi con disabilità del nostro Paese la continuità didattica resterà desolatamente un’“utopia” e un diritto solo “sulla carta”»

Insegnate di sostegno insieme ad alunnoIl nuovo anno è cominciato da poco e grandi novità già si prospettano per l’inclusione scolastica. Infatti, come già documentato su queste stesse pagine dai recenti articoli di Salvatore Nocera, Luciano Paschetta, Marco Condidorio e anche di chi scrive, ferve in questi giorni al Ministero la discussione sulla definizione del nuovo profilo dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione, da portare quanto prima in Conferenza Stato-Regioni, per il definitivo riconoscimento giuridico di tale importante figura a supporto degli alunni con disabilità.
Ma la “new entry” più significativa sul sostegno sarà rappresentata senza dubbio dal nuovo Decreto sull’inclusione, la cui bozza è stata già presentata dal Ministero alle Associazioni facenti parte dell’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica.
A tal proposito, lo scopo dichiarato dell’attuale Governo è il superamento del Decreto Legislativo 66/17, attuativo della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), con un provvedimento la cui entrata in vigore è stata rinviata al 1° settembre prossimo dalla Legge di Bilancio per il 2019.

Uno degli aspetti più innovativi della riforma del sostegno dovrebbe essere costituito dallo stralcio di quella parte del Decreto 66/17 che permetteva di riconfermare, su richiesta della famiglia, l’insegnante di sostegno dell’anno precedente (parte mai entrata in vigore e sulla quale il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione aveva espresso un parere fortemente negativo). Il nuovo testo, invece, secondo quanto previsto dalla medesima Legge 107/15, intenderebbe introdurre la continuità didattica dell’insegnante a tempo indeterminato per l’intero ciclo di studi dell’alunno con disabilità.
Se tali indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi saranno effettivamente confermate dal nuovo Decreto su cui sta lavorando il Ministero, chi scrive – oltre ad insistere sulla necessità di un sostegno garantito dal contesto e non soltanto dal docente specializzato, attraverso il non più procrastinabile riconoscimento del profilo dell’assistente alla comunicazione – non potrà che condividere tali interventi correttivi. Infatti, anche il sottoscritto non ha dubbi che, per i nostri ragazzi, la continuità didattica sarà ancora una “chimera”, senza il vincolo per gli insegnanti di sostegno di permanenza con il medesimo alunno/studente con disabilità (almeno) per l’intero segmento formativo.

E tuttavia, su tale delicatissimo argomento mi sento di suggerire al Governo un ulteriore scatto d’ali e salto di qualità, se, a quanto pare, nonostante il preannunciato imminente provvedimento che modificherà il Decreto 66/17, il 40% dei posti di sostegno continuerà ad essere coperto da docenti precari “in deroga”.
Al riguardo, i numeri prodotti quest’anno sono allarmanti: se infatti oltre 2 milioni e mezzo di alunni (il 33% dell’intera popolazione scolastica) si sono trovati con almeno un insegnante nuovo in classe, è andata ancora peggio agli alunni con disabilità, perché almeno 130.000 di loro (il 41%, ovvero 4 su 10) hanno cambiato il docente di sostegno rispetto al precedente anno scolastico e il 12% lo ha dovuto cambiare nel corso dell’anno.
Si ricordino in proposito le diverse e cicliche Note Ministeriali susseguitesi nel corso di questi ultimi anni, all’inizio di ciascun anno scolastico, in base alle quali, «in caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati possono essere assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia».
Migliaia di cattedre di sostegno, quindi, sono state affidate a docenti senza alcun tipo di specializzazione o perfino non abilitati, costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai Giudici, per dare un’istruzione adeguata ai loro figli.

Pertanto, sono fortemente convinto che nessuna riforma dell’inclusione potrà mai cambiare l’attuale stato delle cose in Italia, almeno fino a quando non verranno stabilizzati i 60.000 posti “in deroga” degli insegnanti di sostegno. Infatti, senza alcun intervento strutturale del Ministero finalizzato al transito di questo “esercito” di docenti precari dall’organico di fatto a quello di diritto, per gli allievi con disabilità del nostro Paese la continuità didattica resterà desolatamente un’“utopia” e un diritto solo “sulla carta”.

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