Vorrei solo essere un soggetto attivo

«Sono affetto da sclerosi multipla progressiva e ho sempre insegnato, ma in queste settimane, per continuare a farlo, sto vivendo una vera e propria odissea»: comincia così il racconto di Armando De Masis, che vorrebbe solo lavorare ed essere un soggetto attivo della società, ma che di fronte a certe situazioni, conclude: «Raramente qualche Istituzione mi ha reso più facile l’ingresso nel contesto sociale e ancor più raramente le Istituzioni stesse hanno rimosso gli ostacoli e le barriere (non solo architettoniche) per includermi e farmi partecipe del sociale»

Foto in bianco e nero di uomo che rifletteSono un ingegnere e un docente vincitore del Concorso 2018 per la classe di concorso A042, insegno con contratti annuali dal 2005 nelle scuole secondarie di secondo grado.
Sono affetto da sclerosi multipla progressiva che, nel giro di tre anni, mi ha portato a dover convivere con una sedia a rotelle. Eppure, nonostante questo ho sempre insegnato, anche fuori sede (in Emilia Romagna e in Lombardia), pur di lavorare e di ottenere un punteggio sempre più favorevole.
Proprio questi sacrifici, sia da parte mia che della mia famiglia, mi hanno permesso di rientrare, negli ultimi due anni, nella Provincia di Chieti, a pochi chilometri da dove abito e dove lavoro con contratto annuale come docente di classe A042.

In questo mese di agosto, come accade ogni anno, sono state indette le convocazioni per il ruolo, ed essendo vincitore di concorso, mi sono presentato presso la sede delle convocazioni all’Aquila, visto che uno dei due posti disponibili era destinato ai cosiddetti “riservisti”. Purtroppo, tale diritto non mi è stato riconosciuto, per due motivazioni: la prima, perché una Circolare Interna del Ministero dava come indicazione di dovere assumere prima anche tutti gli idonei del Concorso 2016, anche in presenza di “riservisti” presenti nella graduatoria del Concorso 2018; la seconda che il sistema delle precedenze di cui alla Legge 104/92 (articolo 21 e articolo 33, commi 5-7) non opera riguardo alla scelta dell’àmbito territoriale, ma solo per la scelta della sede. Quindi, oltre ad avere la 104/92, l’invalidità civile e il riconoscimento di idoneità lavorativa da parte di una Commissione Medica dell’ASL, dovevo anche essere iscritto presso l’Ufficio per l’Impiego alle liste speciali dei “lavoratori protetti”.

Ora, riguardo alla prima questione, mi chiedo: può una Circolare Interna del Ministero andare a scalfire le disposizioni che regolano per legge i diritti dei lavoratori con invalidità civile? Può un posto dedicato agli invalidi civili essere dato a una persona non invalida civile? E costituzionalmente parlando, può una Circolare Ministeriale aggirare e ignorare le leggi del lavoro? Non è forse vero che la Pubblica Amministrazione è tenuta ad assumere persone con disabilità nella quota d’obbligo prevista dalla normativa e ad osservare precisi vincoli per effettuare le assunzioni in conformità a quanto previsto dall’articolo 35 del Decreto Legislativo 165/01 in tema di procedure per le assunzioni presso le Pubbliche Amministrazioni? In tal senso ricordo che l’articolo 3 della Legge 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.] prevede che i datori di lavoro, pubblici, come quelli privati, siano tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori invalidi nella seguente misura: 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; 2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
Vorrei inoltre far presente che per la definizione delle quote di riserva si richiamano le disposizioni contenute negli articoli 3 e 18 della Legge 68/99 e nella Circolare Ministeriale n. 248 del 7 novembre 2000.
Circa le assunzioni a favore del personale avente titolo alla riserva di posti iscritto nelle graduatorie ad esaurimento, vanno quindi richiamate anche le sentenze della Corte di Cassazione n. 4110 del 22 febbraio 2007 (Sezioni Unite) e n. 19030 dell’11 settembre 2007 (Sezione Lavoro), secondo cui la graduatoria ad esaurimento deve essere considerata – ai fini della copertura dei posti riservati ai sensi della Legge 68/99 – come graduatoria unica.
E ancora, va richiamata l’attenzione anche sull’obbligo di applicare alle assunzioni del personale scolastico la normativa di cui all’articolo 3, comma 123 della Legge 244/07 [Legge Finanziaria per il 2008, N.d.R.], che ai fini del collocamento obbligatorio, assimila alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (di cui all’articolo 1, comma 2, della Legge 407/98) gli orfani o, in alternativa, il coniuge superstite, di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell’aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro.
Si richiamano, infine, le disposizione contenute agli articoli 678, comma 9 e 1014, comma 3 del Decreto Legislativo 66/10.

Per quanto riguarda invece la seconda questione, mi chiedo: se la Legge parla di diritto anche per le persone che hanno una invalidità civile superiore dal 46 al 100%, perché non è sufficiente il certificato dell’ASL della Legge 104/92, quando questo è personale e perché – solo per quanto riguarda le nomine da effettuare su graduatorie di merito relative ai concorsi svolti su base regionale (Concorsi 2016 e Concorsi 2018) – il citato sistema delle precedenze di cui alla Legge 104/92 non opera riguardo alla scelta dell’àmbito territoriale, ma solo nella scelta della sede?
Come al solito, ci sono due pesi e due misure, per alcuni sì e per altri no!

Comunque, andiamo avanti nell’“odissea estiva 2019”. Il giorno successivo, il 10 agosto, mia moglie si reca presso l’Ufficio di Termoli (Campobasso) per il primo impiego, dove, documenti e verbali alla mano, chiede come potere effettuare l’iscrizione alla lista dei lavoratori protetti.
Vista l’assenza della responsabile, perché in ferie, e la “complessità del caso” – così vengo definito… – le danno appuntamento per il 23 agosto, quando la responsabile dello stesso ufficio sarebbe rientrata dalle ferie.
Il 23 agosto, quindi, ci presentiamo alla sede di Termoli, dove ci viene detto che la responsabile è ancora in ferie e che tornerà il lunedì successivo. Dopo alcune discussioni e con insistenza, chiediamo comunque di poter procedere con l’iscrizione alla lista dei lavoratori in cerca di impiego, visto che senza tale iscrizione non è possibile iscriversi poi alla successiva lista dei lavoratori protetti.
Il 26 agosto, la responsabile ci contatta telefonicamente, facendo presente che non avrei avuto diritto a iscrivermi all’Ufficio per il Lavoro in quanto invalido al 100% con indennità di accompagnamento e con la dicitura di «inabile al lavoro» sul Verbale 104/92.
Ci risiamo, penso, un’altra persona che confonde la dicitura dei vecchi verbali di inabilità al lavoro con l’impossibilità a lavorare. La stessa ci rende noto che ha chiesto conferma anche al dirigente di Chieti (perché poi Chieti, in Abruzzo, visto che la sede distaccata è a Termoli, in Molise, e dipende da Campobasso…).
A questo punto, mia moglie fa presente che siamo in possesso di un certificato medico, depositato anche a loro in fotocopia, rilasciato nel 2015 dalla Commissione Medica di Verifica di Milano (all’epoca lavoravo lì) in cui si attesta non solo la mia idoneità al lavoro, ma si riferiscono anche i dati anamnestici, l’esame obiettivo e gli accertamenti clinici e strumentali, insieme alla mansione di lavoro che posso esercitare, in quale modo e in quali strutture. Presa dunque visione del certificato, la responsabile, non riuscendo a trovare il responsabile di Campobasso (finalmente capiamo perché Chieti), conferma che anche da parte del dirigente di Chieti le è stata ribadita l’impossibilità a procedere, in quanto sarebbe necessario un Verbale di Diagnosi Funzionale da parte della Commissione Medica della ASL, ove si indichi cosa posso o non posso fare. Ci consiglia anche di sbrigarci e di cercare di velocizzare la visita – non si sa poi in che modo, visto che esiste una lista di attesa e prenotazione – e caso mai di rivolgerci a un Patronato. Solo dopo avere ottenuto quel Verbale potrò essere iscritto nella lista dei lavoratori protetti, ma se nel frattempo avrò accettato una supplenza annuale (non di solo aria e spirito vive l’uomo!), allora non mi potrò iscrivere, perché impiegato e dovrò aspettare il mese di luglio, quando decadrà il contratto di lavoro firmato.
Ora, una domanda mi sorge spontanea: ma nel Verbale della Commissione Medica di Verifica di Milano già si specificava quale mansione potessi svolgere e in che modo, perché, quindi, riprodurre una documentazione simile, ma su un modello differente? E in ogni caso, tramite procedura online, ho già chiesto all’INPS di potermi sottoporre all’ulteriore visita per avere la Diagnosi Funzionale.

Che dire? Che mi sono sentito impotente e invalido più di sempre.
Quando cerchiamo il significato delle parole inclusione e integrazione, troviamo scritto e ribadito, a forza, le seguenti diciture. Inclusione: ovvero quando la disabilità non appartiene alla persona, ma agli ostacoli di strutturazione sociale e alle barriere presenti in essa, per cui la partecipazione e l’esigibilità dei diritti non sono un problema della disabilità, ma della struttura sociale. Integrazione: quando cioè l’ingresso in un dato contesto di una persona esterna con un deficit, rispetto al contesto stesso, è ottenuto grazie a interventi sulla persona medesima.
Nessuna di queste due parole – più volte menzionate nelle varie Leggi sulla disabilità e nella Convenzione ONU  sui Diritti delle Persone con Disabilità – ha raggiunto pienamente il suo scopo nei miei confronti da parte delle Istituzioni della mia città e del mio Paese. Raramente, infatti, qualche Istituzione mi ha reso più facile l’ingresso nel contesto sociale, intervenendo sui miei reali bisogni, integrandomi o reintegrandomi nel tessuto sociale. Molto più raramente, poi, le Istituzioni hanno rimosso gli ostacoli e le barriere (non solo architettoniche) per includermi e farmi partecipe del sociale. Solo la solidarietà della mia famiglia e delle mie conoscenze più vicine, mi hanno reso la vita più sopportabile dopo l’handicap.
Riporto le parole di una mia “collega in disabilità”, secondo cui «inclusione, integrazione, autonomia, indipendenza sono parole bellissime, ma che si apprezzano solo se non si possono raggiungere (e godere appieno) per dei limiti legati alla disabilità e alla malattia. Sono invece concetti che dovrebbero diventare obiettivi raggiungibili e godibili da ogni essere umano».
Se non fosse per mia moglie e per la forza che mi dà, forse avrei già da tempo rinunciato all’idea di insegnare e mi sarei arreso all’evidenza di essere solo una “zavorra pesante e inutile”, una persona da compatire per una società cieca che ci emargina, ci discrimina e si rifiuta di vedere le nostre potenzialità, la nostra bellezza e unicità. Una società che ci respinge in continuazione, rendendoci la strada ancora più difficile di quanto non lo sia quotidianamente.
E voglio diffondere quanto ho raccontato, proprio perché un giorno la gente, la società e le istituzioni la smettano di trattare chi ha una disabilità solo come un “poveretto da compatire” e non come una persona con cui vivere.

 

Articolo raccolto e pubblicato in relazione al progetto JobLab – laboratori, percorsi e comunità di pratica per l’occupabilità e l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità” (Progetto finanziato ai sensi dell’articolo 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. Annualità 2017.)

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