Apparire e non essere è come filare e non tessere

«Aumentano le Amministrazioni Comunali – scrive Giulio Nardone – che stanziano somme per ottenere una bandiera che attesti il loro impegno nel superamento delle barriere architettoniche, invece di eliminarle in concreto. Ci viene in mente un vecchio proverbio che diceva: “Apparire e non essere è come filare e non tessere”. Si tratta di denari pubblici spesi per ottenere attestati di eliminazione delle barriere, anziché per eliminarle realmente, con il paradosso di un premio all’impegno per l’accessibilità consegnato in una piazza inaccessibile a una parte delle persone con disabilità»

Persona con disabilità a Pomezia (Roma), ferma davanti a un paolo sul marciapiede

Una persona in carrozzina “ferma al palo” in un marciapiede di Pomezia (Roma)

Aumenta il numero delle Amministrazioni Comunali che stanziano delle somme per ottenere una bandiera che attesti il loro impegno nel superamento delle barriere architettoniche, invece di eliminarle in concreto: ci viene in mente un vecchio proverbio che stigmatizzava un comportamento del genere, dicendo «apparire e non essere è come filare e non tessere».
Ma non si può liquidare il fenomeno come una delle tante “fiere della vanità”, perché le conseguenze dell’elargire queste benemerenze, spesso non meritate, sono di carattere sostanziale e piuttosto gravi. Denari pubblici spesi per ottenere attestati di eliminazione delle barriere, anziché per eliminarle realmente. Il paradosso di un premio all’impegno per l’accessibilità consegnato in una piazza inaccessibile a una parte delle persone con disabilità.

A più riprese e su diverse testate, fra quelle pubblicate dalla nostra Associazione [ADV-Associazione Disabili Visivi, N.d.R.], si è parlato di bandiere e bandierine, dai diversi colori e anche dai diversi significati; alcuni di tali riconoscimenti sono assegnati da Enti e organizzazioni di rilevanza nazionale o internazionale e sono testimonianze veritiere di positivi risultati conseguiti in vari settori di interesse sociale (ecologia, rispetto della natura, igiene ambientale, tutela del paesaggio ecc.). Ma abbiamo anche esempi non altrettanto commendevoli che saremmo anche portati a liquidare con un’alzata di spalle e un sorriso di commiserazione, se restassero semplici manifestazioni folcloristiche e non dessero a chi riceve tali riconoscimenti un alibi con la propria coscienza e una motivazione per considerarsi, ma a torto, rispettosi della normativa vigente.

Uscendo dal generico e per andare al cuore del problema, precisiamo che ci stiamo riferendo alla nuova moda delle bandiere lilla, che si stanno diffondendo a partire dalla Riviera Ligure e hanno ormai fatto un lungo salto fino al tallone di Italia, anche se non sono più di una trentina – sui circa ottomila Comuni italiani – quelli che si sono lasciati sedurre dal vessillo offerto dalla Cooperativa Sociale Bandiera Lilla ONLUS.
Poiché non è nel nostro stile tranciare giudizi sulle attività altrui, soprattutto su quelle di carattere sociale, senza motivarli oggettivamente, preferiamo limitarci a citare dei fatti, lasciando al Lettore di esprimere un giudizio sulla rilevanza positiva o negativa  di questa particolare iniziativa.

Barriere eliminate a Vicopisano (Pisa)? Macché, ce le abbiamo tutte!
Da «Il Tirreno» del 28 aprile 2018, infatti (Cronaca di Pontedera), apprendiamo che l’opposizione  politica rimpiange i 5.000 euro pagati dalla Giunta alla Cooperativa Bandiera Lilla per avere il diritto di esporre per due anni quella bandierina come paese virtuoso in tema di barriere architettoniche, qualifica relegata dall’opposizione al “mondo dei sogni”.
A parte la possibile motivazione politica, non è difficile condividere tale giudizio, dato che in tutto il paese non è disponibile un solo servizio igienico pubblico accessibile a persone con disabilità. Per non parlare delle barriere senso-percettive per i non vedenti, dato che in nessun edificio pubblico o struttura privata aperta al pubblico sono presenti segnali tattili a terra e mappe a rilievo per l’orientamento e la sicurezza delle persone non vedenti o ipovedenti.
Dallo stesso articolo apprendiamo inoltre che la tariffa di 5.000 euro è proporzionale alla popolazione. Infatti, Pomezia (Roma), che ha un numero di abitanti superiore di otto volte rispetto a quello di Vicopisano, ha dovuto pagare di più, anche se ha sborsato “soltanto” 9.800 euro, godendo di uno sconto del 75%.
Questo lo si apprende da un articolo del «Messaggero» del 24 giugno 2019, nel quale per altro viene evidenziato il dissenso manifestato dagli abitanti che si chiedono dove gli eventuali ispettori siano stati accompagnati per poter esprimere giudizi positivi sull’eliminazione delle barriere.
Oltretutto la relazione degli “esperti” evidenzia «una buona attenzione per l’accessibilità nelle zone ad interesse turistico del territorio, spazi e edifici», mentre sono forti le lamentele di residenti e villeggianti proprio sull’area comunale a più alta vocazione turistica, come quella del Lungomare di Torvaianica, denunciato più volte per essere in stato di abbandono e gravemente pericoloso per l’incolumità dei pedoni, per non parlare dei disabili.
La nota e benemerita Associazione Luca Coscioni – si legge ancora nell’articolo citato – ha invano offerto di far redigere gratuitamente da esperti il PEBA (Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche), per il quale Pomezia è in ritardo di trentatré anni e che serve per poter programmare nel tempo l’attività necessaria a conseguire lo scopo, ma non ha ottenuto neppure una risposta. E invece, si spendono soldi pubblici per un simbolo che i non vedenti hanno tutto il diritto di ritenere non meritato, dato che non si hanno notizie di edifici pubblici e di strutture ricettive e commerciali dotate dei segnali tattili sul pavimento e delle mappe a rilievo.
D’altra parte, tali accorgimenti mancano nella quasi totalità della trentina di Comuni che hanno acquistato le Bandiere Lilla, in nessuno dei quali gli scivoli realizzati agli attraversamenti pedonali sono dotati del segnale tattile di pericolo valicabile.

Poiché la Cooperativa ligure dichiara nel proprio sito di avere ottenuto patrocini illustri, come quello del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dell’Ordine degli Ingegneri di Bologna,  Enti sui quali non è pensabile di avanzare alcuna riserva, essi devono aver ricevuto informazioni diverse oppure non sono al corrente di tutte le circostanze.
Limitiamoci a questo punto a segnalare l’ultimo paradosso: il 7 luglio scorso la consegna della Bandiera Lilla al Comune di Maruggio (Taranto) è avvenuta durante una cerimonia che si è svolta in Piazza del Popolo, recentemente “riqualificata” e trasformata in piazza pedonale perfettamente accessibile, perfettamente in linea con lo spirito di un “Comune Lilla”, come è stato dichiarato durante i discorsi ufficiali.
Se è questo il concetto di accessibilità sostenuto dalla ONLUS savonese, esso però non concorda con quello affermato dalla normativa italiana che prescrive che gli spazi pubblici siano accessibili anche alle persone con disabilità sensoriale: infatti, la consegna del simbolo dell’accessibilità è avvenuta in una piazza del tutto inaccessibile ai non vedenti, data la mancanza delle prescritte segnalazioni tattili sulla pavimentazione, mancanza del resto riscontrata in tutti gli edifici pubblici e nelle strutture commerciali e ricettive esistenti nel territorio comunale.
Ciò è stato denunciato in una nota indirizzata dalla nostra Associazione agli Amministratori di Maruggio e ai Sindaci degli altri Comuni che avevano preso parte alla “Corsa dei Sindaci” su sedia a ruote, svoltasi durante la cerimonia. In tale nota si è fatto appunto rilevare come il progetto di riqualificazione fosse in violazione della legge che vieta l’approvazione di opere pubbliche non esenti da barriere architettoniche.
Ci auguriamo dunque che lo sventolio della Bandiera Lilla non induca il Sindaco di Maruggio a trascurare l’obbligo di rendere la piazza veramente accessibile a tutti!

Le nostre pagine, naturalmente, sono aperte, come sempre, a costruttive e motivate repliche da parte di coloro che sono stati chiamati in causa nella presente “Opinione”.

Presidente nazionale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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