Come il “sistema Nazioni Unite” sta includendo le persone con disabilità

A tredici anni dall’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, vediamo come le Nazioni Unite hanno finora affrontato la questione del cosiddetto “mainstreaming della disabilità”, ovvero dell’inserimento di tale tema in tutti i propri documenti e nel proprio assetto organizzativo e pratico. «L’impegno dell’ONU in questo àmbito – scrive Giampiero Griffo – è chiaro e trasparente, specie se confrontato con quanto avviene nel nostro Paese, ove siamo purtroppo ancora lontani da una linea coerente nell’attuare gli impegni assunti con la ratifica della Convenzione»

Elaborazione grafica dedicata alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità

Un’elaborazione grafica dedicata alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità

L’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ha prodotto un cambiamento epocale nella lettura della condizione delle persone con disabilità nel mondo.
Ratificata ad oggi da 179 Paesi (oltre il 90% dei 193 Stati Membri delle Nazioni Unite), la Convenzione ha avviato infatti processi di cambiamento all’interno delle legislazioni nazionali in molti Paesi, ha rafforzato il ruolo delle organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità, ha prodotto riflessioni culturali, influenzato le formazioni accademiche, avviato ricerche innovative, dato il via a progetti e azioni prima impensabili.

Non è ancora possibile fare un bilancio a distanza di quasi tredici anni dalla sua approvazione, ma i dati disponibili sono confortanti.
Il sistema di monitoraggio realizzato dal Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità, il cosiddetto Treaty Body attivato dall’articolo 34 della Convenzione, attraverso le procedure dell’articolo 35, ha permesso di monitorare l’applicazione del Trattato in quasi cento Paesi, ha prodotto sette testi giuridici interpretativi degli articoli più importanti, ha promosso una visibilità importante delle istituzioni nazionali indipendenti sui diritti umani, che hanno inserito tra i propri compiti anche la promozione e tutela dei diritti per le persone con disabilità (ricordiamo, a tal proposito, che l’Italia non ha una commissione nazionale competente sui diritti umani sul modello dei Princìpi di Parigi dell’ONU).
A livello poi della partecipazione alle decisioni sui documenti e le politiche, l’IDA (International Disability Alliance) è divenuta dal 2014 rappresentante della minority disabilità (mentre prima le sole minority prese in considerazione erano le donne, i bambini e gli anziani). Questo ha permesso di interloquire direttamente con gli uffici competenti, per inserire i diritti delle persone con disabilità in tutte le azioni e gli atti delle Nazioni Unite.

Un tema di particolare importanza, dopo l’approvazione della Convenzione, è stato quello del cosiddetto mainstreaming della disabilità, ovvero dell’inserimento di tale tema in tutti documenti e nell’assetto organizzativo e pratico delle Nazioni Unite.
All’inizio la prima questione sollevata è stata quello dell’accessibilità agli eventi organizzati dall’ONU e agli edifici che ne ospitano gli uffici. Vale qui la pena ricordare che durante le sessioni dell’Ad hoc Committee, il Comitato Ad Hoc che ha scritto il testo della Convenzione, solo nell’ultima sessione è stata disponibile una stampante in Braille per i delegati ciechi dei singoli Paesi e solo grazie a una donazione privata.
Nel 2013, quindi, è stato istituito l’Accessibility Centre, dotato di tecnologie donate dalla Corea del Sud, che sostiene a tutti i livelli la partecipazione delle persone con disabilità alle attività delle Nazioni Unite (e-mail: accessibilitycentre@un.org). Tale organismo, infatti, è incaricato di garantire facilitazioni ambientali nelle conferenze e nei servizi, e offre documentazioni e informazioni in formati accessibili.

Degno di nota, inoltre, è il documento definito per promuovere l’occupazione delle persone con disabilità all’interno del personale che lavora negli uffici delle Nazioni Unite e garantire l’adattamento delle postazioni di lavoro.

Altro elemento delle problematiche legate al mainstreaming della disabilità è stato l’impegno a definire l’inclusione delle persone con disabilità all’interno delle attività delle singole Agenzie dell’ONU.
Qui la responsabilità era demandata in precedenza agli uffici che trattavano il tema della disabilità all’interno di quelle stesse Agenzie. Ad esempio per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) era il Disability and Rehabilitation Office e lo stesso avveniva per l’Unicef, l’Unesco, l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e così via. Spesso, però, questi piccoli uffici non avevano le risorse per lavorare su questo obiettivo, per questo è stata lanciata una campagna di formazione e sensibilizzazione all’interno dei Country Teams, ovvero delle persone che lavoravano nei vari Paesi per conto delle singole agenzie dell’ONU.
Sono state avviate, insomma, una serie di iniziative per far si che il “sistema Nazioni Unite” includesse le persone con disabilità.

L’ultima, e forse la più importante, delle iniziative sul mainstreaming della disabilità, è stata presa dall’attuale segretario generale dell’ONU, António Guterrez, che ha approvato nel marzo di quest’anno una strategia sulla disabilità denominata UNDIS (United Nations Disability Inclusion Strategy), con un apposito ufficio di coordinamento alle proprie dipendenze, sul modello del CEB (Chief Executives Board for Coordination) Policy on Gender Equality and the Empowerment of Women (CEB/2006/2), con cui collabora sui temi del genere.
La strategia – costruita sulla base di un’indagine realizzata dallo Special Rapporteur (“Relatore speciale”) sulle Regole Standard per le Pari Opportunità delle Persone con Disabilità – prevede due grandi linee di intervento, la prima delle quali legata a un impegno di alto livello per garantire nel prossimo decennio una visione chiara ed efficace per l’inclusione della disabilità nel sistema della Nazioni Unite, mentre la seconda punta ad istituire un quadro di riferimento sociale per l’implementazione della Convenzione e dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Questo impegno si è già sostanziato in vari documenti delle Nazioni Unite: ad esempio, nell’àmbito degli interventi di emergenza e degli aiuti umanitari (Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030; Charter on Inclusion of Persons with Disabilities in Humanitarian Action: Carta di Istanbul, 2015; Linee guida sull’inclusione delle persone con disabilità negli aiuti umanitari, 2019), le persone con disabilità – e altresì le ragazze e donne con disabilità, come sottolineato dall’organizzazione Women’s Refugee Commission – devono essere incluse in tutti gli interventi e coinvolte nella preparazione e gestione delle azioni conseguenti. Lo stesso vale per i rifugiati, come indicato dal Global Compact dell’ONU (2018).

Il documento più importante, comunque, è quello relativo ai diciassette Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, connessi alla citata Agenda 2030, che tracciano un modello di sviluppo volto a rispettare in maniera armonica i diritti umani, la natura, i cambiamenti climatici, lo sviluppo economico e sociale, fatto proprio anche dall’Italia.
Anche in questo documento le persone con disabilità sono parte integrante delle popolazioni che devono gestire e beneficiare dei risultati di questo sviluppo. In particolare esse sono esplicitamente citate in undici punti, nell’Obiettivo 4 (Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti), nell’Obiettivo 8 (Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti), nell’Obiettivo 10 (Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni) e nell’Obiettivo 11 (Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili).
Nell’àmbito poi del settore denominato I dati, il monitoraggio e la responsabilità dell’Obiettivo 17 (Rafforzare gli strumenti di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile), è stato chiesto agli Stati di «aumentare in modo significativo la disponibilità di dati di alta qualità, tempestivi e affidabili disaggregati in base al reddito, sesso, età, razza, etnia, status migratorio, disabilità, posizione geografica e altre caratteristiche rilevanti in contesti nazionali».
Dal canto suo, la già citata IDA (International Disability Alliance) ha prodotto anche una guida su come gli Obiettivi possano concretamente sostenere i diritti allo sviluppo delle persone con disabilità.

In conclusione si può dire che l’impegno delle Nazioni Unite in questo àmbito sia chiaro e trasparente, specie se confrontato con quanto avviene nel nostro Paese, ove siamo purtroppo ancora lontani da queste metodologie di lavoro e da una linea coerente nell’attuare gli impegni assunti con la ratifica della Convenzione, avvenuta, va ricordato, all’inizio del 2009, con la Legge 18/09.

Componente del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), già componente della Delegazione Italiana che partecipò all’Ad Hoc Committee, l’organismo che elaborò la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Qui di seguito gli Stati che ad oggi, 17 settembre 2109, quasi tredici anni dopo l’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, hanno ratificato tale Trattato. Si tratta esattamente dei seguenti 180 Paesi (compresa l’Unione Europea), che appaiono appunto nell’elenco ufficiale prodotto dall’ONU. L’ordine è cronologico ed è quello che risulta dalla data pubblicata nel portale dell’ONU:
Giamaica (30 marzo 2007) – Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Cuba (6 settembre 2007) – Gabon (1° ottobre 2007) – India (1° ottobre 2007) – Bangladesh (30 novembre 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – Nicaragua (7 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Giordania (31 marzo 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Egitto (14 aprile 2008) – Honduras (14 aprile 2008) – Filippine (15 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Qatar (13 maggio 2008) – Kenya (19 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Australia (17 luglio 2008) – Thailandia (29 luglio 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Cina (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Turkmenistan (4 settembre 2008) – Nuova Zelanda (25 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Vanuatu (23 ottobre 2008) – Lesotho (2 dicembre 2008) – Corea del Sud (11 dicembre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008) – Oman (6 gennaio 2009) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Uruguay (11 febbraio 2009) – Germania (24 febbraio 2009) – Yemen (26 marzo 2009) – Guatemala (7 aprile 2009) – Marocco (8 aprile 2009) – Sudan (24 aprile 2009) – Isole Cook (8 maggio 2009) – Mongolia (13 maggio 2009) – Italia (15 maggio 2009) – Gran Bretagna (8 giugno 2009) – Belgio (2 luglio 2009) – Siria (10 luglio 2009) – Haiti (23 luglio 2009) – Burkina Faso (23 luglio 2009) – Danimarca (24 luglio 2009) – Serbia (31 luglio 2009) – Repubblica Dominicana (18 agosto 2009) – Malawi (27 agosto 2009) – Portogallo (23 settembre 2009) – Laos (25 settembre 2009) – Repubblica Ceca (28 settembre 2009) – Turchia (28 settembre 2009) – Seychelles (2 ottobre 2009) – Iran (23 ottobre 2009) – Montenegro (2 novembre 2009) – Tanzania (10 novembre 2009) – Bolivia (16 novembre 2009) – Algeria (4 dicembre 2009) – Mauritius (8 gennaio 2010) – Zambia (1° febbraio 2010) – Ucraina (4 febbraio 2010) – Francia (18 febbraio 2010) – Lettonia (1° marzo 2010) – Canada (11 marzo 2010) – Bosnia-Erzegovina (12 marzo 2010) – Emirati Arabi Uniti (19 marzo 2010) – Maldive (5 aprile 2010) – Nepal (7 maggio 2010) – Slovacchia (26 maggio 2010) – Etiopia (7 luglio 2010) – Malaysia (19 luglio 2010) – Lituania (18 agosto 2010) – Senegal (7 settembre 2010) – Moldavia (21 settembre 2010) – Armenia (22 settembre 2010) – Nigeria (24 settembre 2010) – Sierra Leone (4 ottobre 2010) – Saint Vincent e Grenadine (29 ottobre 2010) – Unione Europea (23 dicembre 2010) – Romania (31 gennaio 2011) – Togo (1° marzo 2011) – Colombia (10 maggio 2011) – Belize (2 giugno 2011) – Cipro (27 giugno 2011) – Pakistan (5 luglio 2011) – Bahrein (22 settembre 2011) – Lussemburgo (26 settembre 2011) – Capo Verde (10 ottobre 2011) – Indonesia (30 novembre 2011) – Myanmar (7 dicembre 2011) – Macedonia (29 dicembre 2011) – Bulgaria (22 marzo 2012) – Mozambico (30 gennaio 2012) – Mauritania (3 aprile 2012) – Estonia (30 maggio 2012) – Grecia (31 maggio 2012) – Gibuti (18 giugno 2012) – Nauru (27 giugno 2012) – Benin (5 luglio 2012) – Liberia (26 luglio 2012) – Ghana (31 luglio 2012) – Afghanistan (18 settembre 2012) – Swaziland (24 settembre 2012) – Polonia (25 settembre 2012) – Russia (25 settembre 2012) – Israele (28 settembre 2012) – Dominica (1° ottobre 2012) – Malta (10 ottobre 2012) – Cambogia (20 dicembre 2012) – Albania (11 febbraio 2013) – Barbados (27 febbraio 2013) – Iraq (20 marzo 2013) – Norvegia (3 giugno 2013) – Palau (11 giugno 2013) – Singapore (18 luglio 2013) – Kuwait (22 agosto 2013) – Zimbabwe (23 settembre 2013) – Venezuela (24 settembre 2013) – Papua Nuova Guinea (26 settembre 2013) – Kiribati (27 settembre 2013) – Tuvalu (18 dicembre 2013) – Costa d’Avorio (10 gennaio 2014) – Giappone (20 gennaio 2014) – Andorra (11 marzo 2014) – Georgia (13 marzo 2014) – Stato di Palestina (2 aprile 2014) – Svizzera (15 aprile 2014) – Angola (19 maggio 2014) – Burundi (22 maggio 2014) – Grenada (27 agosto 2014) – Repubblica Democratica del Congo (2 settembre 2014) – Guyana (10 settembre 2014) – Guinea Bissau (24 settembre 2014) – Vietnam (5 febbraio 2015) – Isole Marshall (17 marzo 2015) – Kazakistan (21 aprile 2015) – Madagascar (12 giugno 2015) – Trinidad e Tobago (25 giugno 2015) – Gambia (6 luglio 2015) –Bahamas (28 settembre 2015) – São Tomé e Príncipe (5 novembre 2015) – Antigua e Barbuda (7 gennaio 2016) – Sri Lanka (8 febbraio 2016) – Brunei (11 aprile 2016) – Finlandia (11 maggio 2016) – Comore (16 giugno 2016) – Paesi Bassi (13 luglio 2016) – Islanda (23 settembre 2016) – Repubblica Centrafricana (11 ottobre 2016) – Bielorussia (29 novembre 2016) – Samoa (2 dicembre 2016) – Corea del Sud (6 dicembre 2016) – Stati Federati di Micronesia (7 dicembre 2016) – Suriname (29 marzo 2017) – Isole Figi (7 giugno 2017) – Principato di Monaco (19 settembre 2017) – Libia (13 febbraio 2018) – Irlanda (20 marzo 2018) – Kirghizistan (16 maggio 2019) – Ciad (20 giugno 2019) – Somalia (6 agosto 2019).

Per quanto riguarda invece il Protocollo Opzionale alla Convenzione (testo che consente al Comitato sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità di ricevere anche ricorsi individuali – di singoli o di gruppi di individui – e di avviare eventuali procedure d’inchiesta), a ratificarlo sono stati finora i seguenti 97 Paesi:
Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Bangladesh (12 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) –  Svezia (15 dicembre 2008) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Germania (24 febbraio 2009) – Yemen (26 marzo 2009) – Guatemala (7 aprile 2009) – Marocco (8 aprile 2009) – Sudan (24 aprile 2009) – Isole Cook (8 maggio 2009) – Mongolia (13 maggio 2009) – Italia (15 maggio 2009) – Belgio (2 luglio 2009) – Siria (10 luglio 2009) – Haiti (23 luglio 2009) – Burkina Faso (23 luglio 2009) – Serbia (31 luglio 2009) – Gran Bretagna (7 agosto 2009) – Repubblica Dominicana (18 agosto 2009) – Australia (21 agosto 2009) – Portogallo (23 settembre 2009) – Turchia (28 settembre 2009) – Montenegro (2 novembre 2009) – Tanzania (10 novembre 2009) – Bolivia (16 novembre 2009) – Nicaragua (2 febbraio 2010) – Ucraina (4 febbraio 2010) – Francia (18 febbraio 2010) – Bosnia-Erzegovina (12 marzo 2010) – Nepal (7 maggio 2010) – Slovacchia (26 maggio 2010) – Honduras (16 agosto 2010) – Lituania (18 agosto 2010) – Lettonia (31 agosto 2010) – Nigeria (24 settembre 2010) – Saint Vincent e Grenadine (29 ottobre 2010) – Turkmenistan (10 novembre 2010) – Togo (1° marzo 2011) – Cipro (27 giugno 2011) – Lussemburgo (26 settembre 2011) – Uruguay (28 ottobre 2011) – Macedonia (29 dicembre 2011) – Mozambico (30 gennaio 2012) – Mauritania (3 aprile 2012) – Estonia (30 maggio 2012) – Grecia (31 maggio 2012) – Gibuti (18 giugno 2012) – Benin (5 luglio 2012) – Ghana (31 luglio 2012) – Afghanistan (18 settembre 2012) – Swaziland (24 settembre 2012) – Dominica (1° ottobre 2012) – Malta (10 ottobre 2012) – Palau (11 giugno 2013) – Zimbabwe (23 settembre 2013) – Andorra (11 marzo 2014) – Angola (19 maggio 2014) – Burundi (22 maggio 2014) – Gabon (26 giugno 2014) – Repubblica Democratica del Congo (2 settembre 2014) – Danimarca (23 settembre 2014) – Turchia (26 marzo 2015) – Gambia (6 luglio 2015) – Finlandia (11 maggio 2016) – Comore (17 giugno 2016) – Thailandia (2 settembre 2016) – Nuova Zelanda (4 ottobre 2016) – Repubblica Centrafricana (11 ottobre 2016) – Guinea-Bissau (22 ottobre 2018) – Canada (3 dicembre 2018) – Stato di Palestina (10 aprile 2019) – Monaco (27 giugno 2019).

Per ulteriori approfondimenti: https://www.un.org/development/desa/disabilities.

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