Ogni episodio di violenza verbale è un passo indietro per l’inclusione

«Un linguaggio e un messaggio simili richiedono una presa di posizione dura: è necessario che tutti dicano basta a insulti e discriminazioni. Ogni singolo episodio di violenza verbale, infatti, è un passo indietro per l’inclusione sociale delle persone con disabilità»: lo dicono l’Associazione AIPD e il CoorDown, a proposito del triste messaggio apparso di fronte a un locale di Livorno, che recitava tra l’’altro: «Avremmo consigliato ai genitori di questi “mongoloidi” di fare il tri test e l’amniocentesi e magari ripetere l’esame, e poi, visti i miserabili risultati, non farne nulla»

Dito puntato di un uomo

«Ancora una volta viene utilizzata la parola “mongoloidi” in termini spregiativi associata alle persone con sindrome di Down e in modo vergognoso si offendono le persone con disabilità e le loro famiglie. Inoltre, il riferimento alla diagnosi prenatale e all’interruzione di gravidanza non lascia malintesi sul contenuto del messaggio che è di una violenza senza precedenti. Un linguaggio e un messaggio simili richiedono una presa di posizione dura: è necessario che tutti dicano basta a insulti e discriminazioni. Ogni singolo episodio di violenza verbale, infatti, è un passo indietro per l’inclusione sociale delle persone con disabilità».
A dirlo, in una nota congiunta, sono l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) e il CoorDown (Coordinamento delle Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), a proposito del triste messaggio di cui abbiamo già riferito nei giorni scorsi, apparso di fronte a un locale di Livorno – del quale il nostro giornale non farà più il nome, per evitare qualunque tipo di pubblicità involontaria – e successivamente rimosso dopo una vera e propria ondata di proteste.
Riportato su un cartello che era stato affisso alla porta d’ingresso del locale, dopo le critiche di alcune persone a una pedana esterna secondo loro non a norma, il messaggio recitava testualmente: «Secondo alcuni mo…idi autoctoni (che hanno pensato bene di fare un esposto), avremmo fatto costruire una pedana di tale fatta, senza avere preventivamente regolare permesso dal Comune di Livorno (e sicuramente non gratuito). Ora il rammarico che noi abbiamo è questo: purtroppo circa 50-60 anni fa la scienza medica non aveva ancora inventato il Tri Test e l’amniocentesi, altrimenti avremmo volentieri consigliato ai genitori di cui sopra di farla bene e magari ripetere l’esame, e poi visti i miserevoli risultati non farne proprio di nulla».

«Davanti a simili episodi – commenta Antonella Falugiani, presidente del CoorDown –  rimango sempre senza respiro- Dire che siamo indignati non è rappresentativo dell’enorme sconforto che questi casi di violenza verbale suscitano in tutti noi. Sembra non bastare mai il lavoro di comunicazione e di progettualità che quotidianamente e da anni il CoorDown e tutte le Associazioni che rappresenta fanno per l’inclusione sociale e per promuovere una cultura della diversità e del rispetto. Il nostro impegno, naturalmente, non si arresta, consapevoli che c’è ancora tanta strada da fare per abbattere pregiudizi, stereotipi e tutelare i diritti delle persone con sindrome di Down. L’educazione a un linguaggio rispettoso della diversità pone le fondamenta per una società più civile e davvero inclusiva».

«Esprimo piena solidarietà – dichiara dal canto suo Tiziana Grilli, presidente nazionale dell’AIPD – alle persone con disabilità e alle loro famiglie, destinatarie delle offese scritte nel cartello esposto al ristorante di Livorno. Tutte le persone con disabilità hanno bisogno di sostegni per accedere alle opportunità del proprio territorio e una comunità si contraddistingue per quanto è accogliente. L’avere usato, poi, contenuti espliciti riferibili alla sindrome di Down, per rimarcare il disvalore delle persone con disabilità, rende ancora più spregevole il gesto. Siamo consapevoli di quanta strada sia stata percorsa verso la tutela dei diritti civili nel nostro Paese e tuttavia, siamo ancora testimoni di quanta arroganza e quanto stigma, figli di ignoranza e pregiudizio, siano purtroppo presenti. Vorrei potere immaginare che l’“autore” di una così grave affermazione contro il diritto di tutti alla vita venga a conoscere le persone con sindrome di Down della nostra Associazione locale: scoprirebbe la ricchezza e la sincerità, umile e rara, che contraddistinguono le loro relazioni umane e affettive». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampaaipd@gmail.com; ufficiostampa@coordown.it.

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