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Disabilità e Cooperazione Internazionale: partecipazione e inclusione

Ragazzo di colore in carrozzina aiutato a superare degli ostacoli naturali

Immagine utilizzata a corredo della ricerca “Disabilità e Cooperazione Internazionale: partecipazione e inclusione. L’esperienza della Cooperazione Italiana 2016-2017”

Secondo un rapporto congiunto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e della Banca Mondiale, il 15% della popolazione nel mondo vive in condizione di disabilità e di questo 15%, l’82% si trova nei Paesi in Via di Sviluppo.
Nel biennio 2016-2017 l’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) ha sostenuto oltre 100 progetti nel settore della disabilità in ben 26 Paesi, con particolare attenzione a quelli del Mediterraneo, del Vicino e Medio Oriente e dell’Africa, investendo il 3,7% del totale dei finanziamenti a dono (30 milioni e 339.816 euro). E si tratta di un investimento che dovrà essere incrementato nel futuro.

Questi ultimi dati sono presenti nella ricerca intitolata Disabilità e Cooperazione Internazionale: partecipazione e inclusione. L’esperienza della Cooperazione Italiana 2016-2017 (disponibile integralmente a questo link), resa pubblica dall’AICS in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 Dicembre, e realizzata in collaborazione con CBM Italia – componente nazionale dell’organizzazione umanitaria impegnata nella cura e nella prevenzione della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo – grazie al contributo di un Comitato Scientifico composto dal CISP (Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli), dall’Università di Macerata e dalla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), oltreché con il supporto tecnico di AstraRicerche.
La RIDS, va ricordato, è un’alleanza strategica avviata nel 2011 da due organizzazioni non governative – l’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) e EducAid – insieme a due organizzazioni di persone con disabilità, quali DPI Italia (Disabled Peoples’ International) e la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), con l’obiettivo di occuparsi appunto di cooperazione allo sviluppo delle persone con disabilità, in àmbito internazionale.

Una delle principali novità di questa ricerca è il cosiddetto marker disabilità, criterio che ha permesso di individuare 72 progetti di cui il 27% esplicitamente dedicati al tema disabilità e il 73% con una o più componenti dedicate alla disabilità stessa (mainstreamed).
«Questo è un successo specifico della Cooperazione Italiana – sottolinea Luca Maestripieri, direttore dell’AICS – che nel 2014 ha incominciato ad adottare uno specifico strumento per identificare tutti quei progetti che hanno una componente a favore delle persone con disabilità. Ed è qualcosa che a livello internazionale l’OCSE DAC [Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico-Comitato per l’Assistenza allo Sviluppo, N.d.R.] ha acquisito solo recentemente. Si può dire pertanto che siamo stati in questo antesignani di un concetto che si è poi diffuso e consolidato a livello internazionale».
«Dalla ricerca condotta – dichiara dal canto suo Massimo Maggio, direttore di CBM Italia – emerge forte la necessità di adottare il tema della disabilità come mainstreaming, inserendolo cioè in ogni intervento generale. Per fare questo è necessario operare in maniera multisettoriale negli interventi di cooperazione, in modo tale da costruire reti che sappiano valorizzare tutte le risorse».

Sempre dalla ricerca resa pubblica nei giorni scorsi, alla quale hanno partecipato quaranta Enti Esecutori, tra cui le sedi AICS nel mondo, le organizzazioni della società civile e quelle internazionali, si ricava che i temi maggiormente affrontati sono la resilienza (49%), l’educazione (26%) e la salute (25%) e che l’82% degli interventi è il risultato di una progettazione inclusiva. «Progettazione che si intende rafforzare attraverso attività di formazione – spiegano dall’AICS – sia per il personale della nostra Agenzia che per gli Enti Esecutori, al fine di conseguire il mainstreaming della disabilità in tutte le fasi dei progetti e l’organizzazione di momenti di confronto e discussione sulle buone pratiche».
«La progettazione – conferma Cosimo Finzi, direttore di AstraRicerche – è una delle attività che può essere rivista e migliorata. Essa dovrà sempre più includere i beneficiari, le comunità e le istituzioni locali in un’ottica di partecipazione e di empowerment delle persone con disabilità [crescita dell’autoconsapevolezza, N.d.R,]. A tal proposito, nelle raccomandazioni della ricerca, emerge l’intenzione di diffondere maggiormente approcci e strumenti innovativi tra cui l’Emancipatory Disability Research, che individua le strutture e i processi che creano disabilità, e il Peer Counselling (consulenza alla pari) in àmbiti di emergenza».

«In un’ottica di progettazione futura – conclude Maestripieri – questa ricerca offre molti spunti, consolidando quell’idea per cui l’AICS deve garantire l’efficacia e l’efficienza degli interventi di cooperazione in senso lato. È uno studio che ci consentirà di rafforzare il nostro impegno in una prospettiva di mainstreaming, con il coinvolgimento delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni, in linea con quanto sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Anita Fiaschetti (anita.fiaschetti@cbmitalia.org).

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