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Il Museo Egizio di Torino e la disabilità visiva: c’è molto da migliorare

Sala del Museo Egizio di Torino

Una sala del Museo Egizio di Torino

Il Museo Egizio di Torino è uno dei fiori all’occhiello del patrimonio artistico e culturale italiano e mondiale sulla civiltà dell’antico Egitto; è secondo solo a quello del Cairo e contiene reperti storici di valore inestimabile, che attirano quotidianamente migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo.
Nel recente periodo natalizio, il numero dei visitatori ha raggiunto i 5.000 giornalieri, tra cui chi scrive, che ha partecipato a una visita guidata, organizzata, secondo quanto detto al momento della prenotazione, appositamente per persone ipovedenti e cieche. Vediamo dunque com’è andata.

Esistono ormai molti progetti presso diversi musei in Italia, nei quali è possibile effettuare visite specializzate con percorsi attrezzati, dedicati a gruppi di poche persone con disabilità visiva. Alcuni amici che vivono nel capoluogo piemontese, non avendo trovato nulla in proposito nel sito internet del Museo Egizio, avevano chiesto informazioni telefonicamente sulla possibilità di effettuare con me una visita accessibile a persone con disabilità visiva, ed era stata proposta loro una visita con guida specializzata per un gruppo da due a nove persone al costo di 75 euro, in cui si sarebbe fatto un percorso adatto anche a persone non vedenti; non era chiaro, per altro, se tra i componenti del gruppo ci dovessero essere solo persone cieche o anche accompagnatori e, dato il costo della visita guidata non proprio economico, sono stati coinvolti altri amici. Alla fine, quindi, il nostro gruppo era composto da sette persone, di cui due non vedenti.

Arrivati alla biglietteria, siamo stati informati del diritto alla gratuità dei biglietti d’ingresso, sia in qualità di persone con disabilità visiva che di accompagnatori; quindi siamo stati raggiunti dalla guida specializzata e abbiamo iniziato la visita.
Abbiamo seguito la guida stessa per un percorso specifico su due piani del Museo, sviluppatosi lungo una serie di vetrine, di cui ci ha descritto man mano il più possibile gli oggetti esposti, fornendoci interessanti informazioni storico-archeologiche e culturali del contesto e dei ritrovamenti di ogni reperto.
La guida era indubbiamente molto preparata, ciascuno di noi ha potuto porle diverse domande e, su mio esplicito invito, ha condotto le dita della mia mano su alcuni pannelli, per la maggior parte completamente lisci e senza nulla di tattile, ma che ho ritenuto interessante seguire, in quanto riproducevano mappe geografiche e altri disegni.
Al piano superiore erano esposte quattro o cinque opere fuori teca, che io e la mia amica ipovedente abbiamo potuto esplorare tattilmente, ma questa è stata la sola particolarità per le persone con disabilità visiva prevista nel percorso.
Una delle statue, quella di Teti II, alta circa cinque metri, era posta su un basamento alto un metro e mezzo, per cui sono riuscita a toccarne solo il gigantesco piede; poi ho esplorato parte di un blocco di pietra su cui erano incisi dei geroglifici e un altro blocco con dei bassorilievi raffiguranti soggetti floreali, animali e umani.

A questo punto qualcuno si chiederà: e allora? Tutto qui?
Indubbiamente, in assenza della prenotazione della visita speciale per non vedenti, non avremmo potuto toccare nemmeno quei pochi dettagli, ciò che confermo personalmente, perché mi accadde quattro anni fa, allorché andai per mio conto a visitare il Museo, e nonostante esponessi sia il bastone bianco che il mio certificato di cecità, mi fu vietato di toccare qualunque cosa.
Sebbene ci si aspettasse qualcosa in più, lì per lì ho tralasciato di criticare, pensando alla gratuità della visita per tutto il gruppo. Poi, però, ho scoperto con un certo disagio che la gratuità era solo relativa agli ingressi! La visita, infatti, mi era stata gentilmente offerta da un’amica che aveva acquistato dunque, al prezzo di 75 euro, il pacchetto per un gruppo di persone in numero variabile da due a nove.
Nessuna critica ai prezzi o alla bravura della guida specializzata, che ci ha raccontato in maniera approfondita e competente cose che probabilmente sarebbe stato possibile ascoltare in parte dall’audioguida (di cui ho scoperto l’esistenza solo a posteriori), o leggerle sui vari pannelli esposti nelle diverse sale del Museo, ma definirla una “visita con percorso speciale per non vedenti” soltanto per quattro, cinque pezzi e dei quali è stato possibile toccare una piccola parte, la reputo decisamente un’esagerazione.
È evidente che l’esperta che ci ha guidato era molto competente di ciò che era esposto nel Museo, ma non lo era affatto in tema di cecità, dato che ho suggerito io stessa di leggerci ad alta voce le scritte e di condurre la mia mano lungo i contorni delle immagini poste su alcuni dei pannelli a parete, descrivendocene i dettagli e i colori.
Sospetto che se non fossi stata accompagnata, la guida non sarebbe stata per niente esperta nell’accompagnare sottobraccio due persone non vedenti, figuriamoci un gruppo di nove!
Probabilmente la persona che ci ha proposto il pacchetto non ha ben chiaro cosa si intenda per “percorso adatto a persone con disabilità visiva”: si tratta infatti di visite per poche persone, con o senza accompagnatore, ciascuna delle quali guidata da un esperto in storia dell’arte o archeologia, che aiuta ad esplorare tattilmente le opere scultoree originali o eventuali riproduzioni, plastici, modellini o tavole tattili, che consentono di seguire sagome o profili di ciò che non è possibile toccare, se protetto da vetro, o in caso si tratti di quadri o pannelli. Inoltre, sono disponibili di solito audiodescrizioni fruibili semplicemente inquadrando il QR Code con la telecamera dello smartphone o del tablet, con la conseguente attivazione dell’apertura di una pagina internet leggibile dalla voce elettronica dello screen reader, installato sui dispositivi mobili più diffusi e utilizzati dalle persone con disabilità visiva.
Ci sarebbe anche una normativa che prevede che i luoghi pubblici abbiano accorgimenti per l’abbattimento delle barriere architettoniche e senso-percettive. In caso di persone con disabilità visiva, ciò si ottiene con l’installazione di piste tattilo-vocali LVE® sulla pavimentazione e di mappe in rilievo per l’orientamento, fruibili in totale autonomia con dei bastoni elettronici che consentono di girare nelle varie zone del Museo ascoltando con l’auricolare i messaggi vocali che descrivono l’ambiente e singoli dettagli e particolari. Non mi risulta che nel Museo Egizio sia presente qualcosa di simile.

Ovviamente ciascuno degli accorgimenti di cui sopra comporta dei costi, questo lo comprendiamo bene, ma è possibile procedere per gradi e con piccoli accorgimenti. Non si pretende di toccare ciò che è contenuto nelle vetrine, trattandosi di reperti risalenti a circa tremila anni fa, delicati e preziosi, che necessitano di specifiche condizioni di umidità, temperatura e luce. Ad esempio, senza scomodare la tecnologia, si potrebbero scegliere alcuni reperti, farli scansionare senza neppure doverli toccare e farne realizzare dei modellini con stampanti 3D, magari in scala, ove si tratti di statue alte cinque metri, interessanti da esplorare tattilmente, mentre un’audioguida ne racconta i contesti storici e culturali.
Non siamo invece stati forniti di alcun supporto tattile, piantine di piramidi o testi in Braille. Comprendiamo che, non trattandosi di una pinacoteca, non erano necessarie riproduzioni in rilievo, però sarebbe stato utile avere ad esempio delle tavole in rilievo che raffigurassero qualche oggetto o monile che a noi donne piacciono tantissimo o alcuni strumenti di lavoro o di cucina che la guida esperta ci ha spiegato con dovizia di particolari su nostra richiesta. Alla domanda sulla possibilità di fornire il Museo di tale materiale di supporto per una migliore comprensione da parte nostra, ci è stato risposto che esistevano delle tavole tattili, ma erano in fase di aggiornamento, e non si comprende il motivo per cui non sia stato possibile consultarle.

Per il futuro, quindi, si suggerisce alla Direzione del Museo di fare qualche passo avanti, contattando qualcuno tra i molti esperti di accessibilità museale che collaborano da anni con le varie Associazioni del mondo della disabilità.
Solo per citare qualche esempio: l’Associazione di Volontariato Museum, il Museo Anteros di Bologna, il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, il Museo Etrusco di Roma, i Musei Capitolini, i Musei Vaticani, il progetto Over the View del CRS4 di Cagliari (Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna) e ancora, proprio a Torino, il Museo della Radio e della Televisione e il Museo Storico Reale Mutua.
Potrei citare ancora molte altre strutture con le quali i soci dell’ADV (Associazione Disabili Visivi) e dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) sperimentano settimanalmente percorsi museali a Roma, Firenze, Napoli e in altre città italiane.

In conclusione, gli esperti ci sono, le idee anche e fortunatamente ci sono ormai strumenti tecnologici all’avanguardia. Sapendo quindi che il nuovo Direttore del Museo Egizio di Torino è giovane e ben disposto a valorizzarlo, mi permetto di scrivere queste righe come suggerimento costruttivo, non come critica negativa, alla luce del noto motto internazionale delle persone con disabilità, fatto proprio anche dal Forum Europeo sulla Disabilità, ovvero Nothing about Us, without Us (“Nulla su di Noi, senza di Noi”).

P.S.: che contrasto stridente con l’attenzione per i non vedenti dimostrata dal Museo Egizio del Cairo! Lì, grazie all’esperienza di Aldo Grassini, direttore del Museo Omero di Ancona, è possibile toccare direttamente dei veri capolavori dell’arte faraonica di quattromila anni fa, cosa che è fonte di profonde emozioni, oltre che modalità unica per potersi rendere conto personalmente e direttamente delle forme, senza la mediazione di una descrizione. Importante, a questo proposito è un concetto espresso da Grassini: «Non tutto può essere toccato, ma non tutto deve essere vietato». E noi aggiungiamo che il necessario principio di conservazione dev’essere contemperato da quello della fruizione aperta a tutti, anche se con ogni cautela necessaria, altrimenti il patrimonio storico e artistico è come il “tesoro dell’avaro”, conservato nel forziere, improduttivo e sterile.

Esperta di ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), con delega su tali problematiche per l’ADV e per la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). È inoltre Certificata Disability Manager. Il presente testo – qui ripreso con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – è già stato reso pubblico all’interno di «Notizie Accessibili.it», rivista curata dall’ADV.

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