Città libere da contenzione: insieme si può

Sei mesi dopo l’incendio che nell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo portò alla morte di una giovane legata al letto nel reparto di Psichiatria del nosocomio, quella vicenda ha fornito il tragico spunto per lanciare l’appello “Città libere da contenzione. Insieme si può”, cui già in tanti hanno aderito, un appello che dovrà portare a un grande incontro pubblico il 2 aprile nella città lombarda, «da cui far partire iniziative in tutto il Paese, per costruire “città libere da contenzione”, superando ogni pratica lesiva della dignità e dei diritti delle persone nei luoghi della cura»

Strumenti di contenzione su un letto d'ospedale«Questa è una tragedia terribile su cui va fatta piena luce, in primo luogo per chiarire se la paziente fosse in stato di contenzione meccanica al momento dell’incendio»: così, come avevamo riferito a suo tempo, la Conferenza Nazionale per la Salute Mentale aveva commentato, nell’estate dello scorso anno, la tragedia verificatasi all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che aveva portato alla morte della diciannovenne paziente Elena Casetto, nel corso di un incendio sviluppatosi presso il reparto di Psichiatria del nosocomio.
A sei mesi di distanza, quell’evento – rispetto al quale è ormai fatto noto che la giovane deceduta fosse legata al letto – ha fatto da tragico spunto all’appello denominato Città libere da contenzione. Insieme si può, lanciato dalla stessa Conferenza Nazionale per la Salute Mentale, insieme alla campagna .…e tu slegalo subito, all’UNASAM Lombardia (Unione Regionale Associazioni per la Salute Mentale) e al Forum delle Associazioni per la Salute Mentale di Bergamo. Un appello cui hanno già aderito tante organizzazioni impegnate nell’area della salute mentale e dei diritti umani – tra cui anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), per tramite del proprio presidente Vincenzo Falabella – insieme ad operatori, intellettuali, docenti universitari, rappresentanti istituzionali e politici. Un appello che intende portare a un grande incontro pubblico programmato per il pomeriggio del 2 aprile a Bergamo, cui sono stati invitati anche le rappresentanze del Ministero della Salute, del Comune e della Provincia di Bergamo, delle Aziende Socio Sanitarie Territoriali e dell’Agenzia di Tutela della Salute della città lombarda, dell’Assessorato al Welfare della Regione Lombardia, della Conferenza delle Regioni e dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

«Obiettivo di quell’incontro – si legge nel documento sottoscritto dai rappresentanti del Comitato Promotore* – è promuovere l’impegno delle Istituzioni affinché dalla morte di Elena Casetto prenda avvio un cambiamento nella presa in carico delle persone con problemi di salute mentale. Perché la pratica della contenzione, atto inumano e degradante, per chi lo subisce, ma anche per chi lo attua, sia abolita nei servizi socio-sanitari, dove è pratica diffusa, come denunciato dal Comitato Nazionale per la Bioetca. Perché Bergamo divento città “libera da contenzione”, come è successo in altre realtà in Italia dove la contenzione è stata superata».
«Nostro impegno – conclude il documento – è che da Bergamo prendano avvio iniziative in tutto il Paese, per costruire “città libere da contenzione”: per il superamento della contenzione e di ogni pratica lesiva della dignità e dei diritti delle persone nei luoghi della cura». (S.B.)

*Il documento-appello è sottoscritto da Giovanna Del Giudice, portavoce della campagna …e tu slegalo subito; Gisella Trincas, per la Conferenza Nazionale per la Salute Mentale; Valerio Canzian, presidente dell’URASAM Lombardia; Camilla Morelli, per il Forum delle Associazioni per la Salute Mentale di Bergamo.

A questo link è disponibile l’elenco di coloro che hanno finora aderito all’appello di cui si parla nella presente nota (aggiornato ad oggi, 30 gennaio). Per ulteriori informazioni e approfondimenti: bergamoliberadacontenzione@gmail.com.

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