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ADHD: cosa fare e cosa non fare

Copertina del libro "ADHD. Cosa fare (e non)"Si chiama Teacher Training ed è sostanzialmente un intervento terapeutico indiretto sullo studente, attuato allo scopo di fare acquisire ai docenti la conoscenza del funzionamento cognitivo dei soggetti con un disturbo dello sviluppo, del comportamento oppure psichiatrico, per consentir loro di applicare tecniche educative e didattiche specifiche e quindi più efficaci, sviluppando un linguaggio comune con gli specialisti clinici che si occupano della cura del bambino o della bambina.
A occuparsene da tempo, nel territorio della Provincia Autonoma di Bolzano, è la neuropsichiatra infantile e dell’adolescenza Donatella Arcangeli, che in base a tale metodica fornisce già da anni strumenti di lavoro agli insegnanti per la gestione di studenti con disabilità o BES (bisogni educativi speciali).

Tra i principali settori di impegno di Arcangeli vi è l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), al quale ha recentemente dedicato il volume ADHD. Cosa fare (e non). Guida rapida per insegnanti, stampato per i tipi di Erickson, che sempre in chiave di Teacher Training, si rivolge agli insegnanti della scuola primaria, per aiutarli a conoscere meglio questo tipo di disturbo e ad applicare strategie semplici, ma efficaci, per affrontarlo e gestirlo nel miglior modo possibile.

«Sono da sempre convinta – ha dichiarato la neuropsichiatra infantile – che il primo atto terapeutico sia la diagnosi: infatti, solo quando sappiamo possiamo curare. Solo quando capiamo perché un bambino si comporta in un certo modo possiamo adottare interventi terapeutici mirati (riabilitativi, psicoterapeutici, educativo-didattici o addirittura psico-farmacologici) per aiutarlo. Devo dire per altro che il Teacher Training, senza la continuità didattica a scuola, non serve a nulla, se è vero che sin troppo spesso mi sono ritrovata a ripetere da capo per uno stesso alunno gli stessi concetti base che erano andati perduti con il cambio di insegnanti». (S.B.)

Donatella Arcangeli, ADHD. Cosa fare (e non). Guida rapida per insegnanti, Trento, Erickson, 2020, 132 pagine.

L’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività)
L’ADHD, acronimo inglese che sta per “disturbo da deficit di attenzione e iperattività”, è inserito nel DSM5 [“Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali”, quinta edizione del 2013, N.d.R.] tra i disturbi del neurosviluppo, indicandone una prevalenza di circa il 5% nei bambini e di circa il 2,5% negli adulti.
Il disturbo è caratterizzato da difficoltà di attenzione, di controllo della motricità e da impulsività. Esso, inoltre, può assumere nelle persone diverse traiettorie evolutive, sia a seconda di eventuali altri disturbi associati, sia principalmente per l’appropriatezza/inappropriatezza della presa in carico terapeutica.
Tra le conseguenze più diffuse di un ADHD non trattato vi sono l’abbandono degli studi, la perdita del lavoro, separazioni, frequenti incidenti e ritiro della patente, trascurare la propria salute, fino ad arrivare all’uso di sostanze e al commettere reati.
Per favorire un appropriato percorso di diagnosi e cura per i minori e gli adulti con ADHD, l’AIFA (Associazione Italiana Famiglie ADHD) auspica da tempo al più presto la predisposizione di una normativa nazionale di riferimento, con Linee Guida ministeriali e una legge specifica, analogamente a quanto avvenuto per i disturbi dello spettro autistico e per i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).

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