Rifiutare l’iscrizione a scuola di un bimbo con disabilità è discriminante

Il Tribunale di Milano ha condannato per discriminazione una Cooperativa Sociale di Milano che gestisce una scuola paritaria, per non avere accettato l’iscrizione di un bambino con disabilità alla prima elementare. «Questa pronuncia – commenta Gaetano De Luca del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione LEDHA – chiarisce che l’obbligo di accoglienza e inclusione scolastica degli studenti con disabilità non è soggetto ad alcun limite numerico rigidamente stabilito e ciò vale anche per le scuole private paritarie». Giustizia è fatta, quindi, anche in tempo di coronavirus!

Mano del giudice che batte il martellettoIl Tribunale di Milano ha condannato per discriminazione ai danni di un alunno con disabilità una Cooperativa Sociale di Milano che gestisce una scuola paritaria, con classi della scuola d’infanzia e della primaria, per non avere accettato l’iscrizione del bambino alla classe prima elementare.

La vicenda ha avuto inizio nel dicembre 2017, quando i genitori del bimbo hanno provveduto a formalizzare la preiscrizione del bambino alla prima elementare presso lo stesso istituto della scuola materna, proprio per garantirgli la possibilità di continuare a crescere e a studiare con i propri compagni di classe.
Il bambino – che ha un disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, un disturbo del linguaggio e un livello cognitivo borderline – aveva già frequentato per due anni la scuola materna paritaria perché, secondo quanto riferito dai genitori, ciò gli aveva appunto garantito la possibilità di un percorso continuo e integrato tra la scuola d’infanzia e la scuola primaria. E tuttavia, nel dicembre del 2017, come detto, alla famiglia è stato comunicato che per lui non ci sarebbe stato più posto in una delle due nuove classi della scuola primaria, dal momento che erano stati preferiti altri due bambini con disabilità. La Cooperativa ha giustificato la propria condotta con «l’impossibilità di accogliere più di un alunno disabile per ciascuna sezione» di prima elementare, in ragione «delle difficoltà dei minori accertate in sede di preiscrizione». Secondo la Cooperativa, infatti, «la compresenza in classe di più bambini disabili avrebbe messo a rischio la garanzia di un percorso formativo efficace per tutti gli alunni».

Nella Sentenza di condanna, il Giudice del Tribunale di Milano ha scritto tra l’altro: «È pacifico che la Cooperativa non abbia consentito l’iscrizione di Pietro alla classe prima elementare in ragione della sua disabilità, rifiutandone la domanda in considerazione dell’avvenuta iscrizione di altri due alunni portatori di handicap, inseriti uno un ciascuna sezione di prima elementare». Tale condotta, quindi, si presenta come discriminatoria, in quanto «il rifiuto di iscrizione risulta direttamente connesso alla condizione di disabilità del minore e dunque apparentemente contrario all’obbligo di parità di trattamento degli alunni disabili e normodotati».
Sempre nel dispositivo della Sentenza viene inoltre sottolineato che «l’obbligo di accoglienza di studenti con disabilità nelle scuole statali (e, conseguentemente, in quelle paritarie) non è soggetto ad alcuni limite numerico rigidamente prestabilito».

«Questa pronuncia – commenta Gaetano De Luca, l’avvocato che ha assistito la famiglia nella vicenda, per conto del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – chiarisce come l’obbligo di accoglienza e inclusione scolastica degli studenti con disabilità non sia soggetto ad alcun limite numerico rigidamente stabilito e questo vale anche per le scuole private paritarie, che sono quindi tenute a garantire la corretta applicazione della normativa sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Inoltre il Giudice milanese ha configurato la condotta della scuola come una vera e propria “discriminazione diretta” in quanto il rifiuto di iscrizione è risultato direttamente connesso alla condizione di disabilità del minore».
Giustizia è fatta, quindi, anche in tempo di coronavirus! (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

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