Il “Progetto Calamaio” di fronte all’emergenza

È possibile continuare a fare educazione e inclusione anche a distanza? Sì, secondo la Cooperativa Accaparlante e il Centro Documentazione Handicap di Bologna, purché le persone con disabilità e le loro famiglie siano messe in condizione di non fermarsi e di non sentirsi sole. E così il “Progetto Calamaio”, gruppo di educatori e animatori con disabilità della Cooperativa Accaparlante che da oltre trent’anni propone alle scuole l’incontro e la conoscenza della diversità, con lo stesso spirito ha fronteggiato l’emergenza Covid-19, mettendo in campo tutte le risorse a disposizione

"Progetto Calamaio"

Un nutrito gruppo di persone afferenti al “Progetto Calamaio” della Cooperativa Accaparlante – Centro Documentazione Handicap di Bologna

È possibile continuare a fare educazione e inclusione anche a distanza? Secondo la Cooperativa Accaparlante e il Centro Documentazione Handicap di Bologna la risposta è sì, purché le persone con disabilità e le loro famiglie siano messe nella condizione di non fermarsi e di non sentirsi sole. E del resto, creatività, leggerezza e condivisione sono da oltre trent’anni le parole chiave alla base di tutti i percorsi che il Progetto Calamaio, il gruppo di educatori e animatori con disabilità della Cooperativa Accaparlante, propone alle scuole di ogni ordine grado per promuovere, su tutto il territorio nazionale, l’incontro e la conoscenza della diversità. Oggi, con lo stesso spirito, il gruppo ha scelto di fronteggiare l’emergenza Covid-19, mettendo in campo, fin dall’inizio, tutte le reciproche risorse a disposizione.

«Attraverso un complesso lavoro di scambio e di confronto sulle specificità di ciascuno, disabili e non – racconta la coordinatrice Sandra Negri – abbiamo dato vita, insieme agli educatori e alle volontarie del Servizio Civile, a una vera e propria programmazione di attività online accessibili a tutti: storie e video animati, consigli cinematografici, giochi, letture e traduzioni di libri in CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), dance challenge e racconti, senza dimenticare l’importanza del rapporto con l’ambiente, della cura di sé, del benessere e dell’alimentazione, dell’ascolto personale e delle proprie emozioni, soprattutto nei momenti di difficoltà. Là dove possibile, la tecnologia e la comunicazione digitale ci sono venute in aiuto, permettendoci di utilizzare chat collettive, videochiamate su Skype o WhatsAapp, che hanno consentito la partecipazione della maggior parte della persone e di condurre attività individuali diversificate a seconda degli interessi e delle abilità dei singoli. Alcuni di noi hanno persino realizzato un orto a distanza!».

«Il lavoro – continua Negri – ha messo in luce la complessità del periodo e le sue ricadute nella vita di ogni giorno. Non tutti, per esempio, hanno la stessa possibilità di accedere agli strumenti che citavo e lì è stato necessario intervenire diversamente, da un lato agevolando, con l’aiuto del nostro tecnico, l’utilizzo di dispositivi mirati e dall’altro offrendo supporto psicologico e affettivo. Molte famiglie e molti centri residenziali si sono trovati infatti impreparati di fronte a questa sfida inaspettata. Ciononostante, pur incontrando inevitabili difficoltà, tutto questo ha dato la spinta verso un processo produttivo e creativo di cui i nostri colleghi con disabilità sono stati protagonisti in prima linea».
«Non lasciare sole le persone con disabilità – conclude – e mantenere vivo il clima di gruppo sui diversi piani del fare, delle relazioni professionali e umane, era infatti l’obiettivo principale di questo percorso e possiamo dire che fino ad ora è stato raggiunto».

L’impatto delle restrizioni si è dunque fatto sentire sia sulle persone che sulle famiglie le quali hanno espresso apprezzamento per il lavoro svolto. Tra queste Giuseppina Testi, madre di una ragazza con teatraparesi spastica, Tatiana Vitali, con lei autrice del libro Impossibili possibilità (Erickson, 2013), che osserva: «Mi ritengo fortunata perché all’interno dell’Associazione in cui mia figlia lavora le è possibile continuare a svolgere dei compiti e farsi forza vicendevolmente. È sicuramente un modo per far sì che le persone, in un periodo così sospeso, non vadano in crisi e si sentano unite e utili e ciò vale anche per noi».
È quindi un impegno, quello del Progetto Calamaio, che desidera non lasciare indietro nessuno e che non è sfuggito all’osservatorio dell’Università di Bologna, la quale lo ha recentemente inserito tra le sue proposte di tesi. (Lucia Cominoli)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: calamaio@accaparlante.it.

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